Appresa la notizia che la Borsa di Milano in meno di un mese e mezzo ha bruciato un quarto del suo valore (oltre 140 miliardi di euro) bisognerebbe interrogare a fondo i nostri politici (anche europei, vedi le dichiarazioni di ieri di Dijsselbloem) e per prima cosa chieder loro conto di tutte le balle sparate in questo mese e mezzo sulla "volatilità". Infatti se c'è un crollo verticale dei valori azionari non c'è volatilità e incertezza, le due cose si escludono vicendevolmente a meno di non voler negare i numeri e la matematica.
Ebbene sì, è ragionevole trovare "catastrofico che gli interessi privati prevalgano sul bene comune arrivando a manipolare le informazioni per proteggere i loro progetti", tuttavia pensare che sia sufficiente un "grande impegno politico ed economico" per "reimpostare e correggere le disfunzioni e le distorsioni del modello di sviluppo attuale" (Discorso di Papa Francesco all'Ufficio delle Nazioni Unite a Nairobi, Kenya, 26 novembre 2015) potrebbe non essere affatto sufficiente.
In un periodo in cui il lavoro è sempre più ridotto e in cui i governanti devono preoccuparsi più del deperimento delle risorse umane, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Poletti svolge un lavoro importantissimo. Un dì bacchetta le risorse umane in formazione e l'altro quelle in produzione, non ce n'è per nessuno insomma. E il metodo preferito da chi svolge diligentemente la propria professione come il Ministro non può che essere quello del bastone e della carota che permette di impartire disciplina all'ordine militare e dedizione alla causa premiando i meriti a dovere. Così mentre Boeri teorizza la messa a punto del ricambio generazionale senza il pagamento delle pensioni Confindustria chiede al Ministro di implementare tali metodi all'interno del contesto produttivo italiano.
È tempo di discorsi altisonanti all'Assemblea Generale dell'Onu garante suprema dei diritti umani in tutto il globo terracqueo. Durante la sfilata di capi di Stato da Obama a Putin a Renzi troviamo anche il suo omologo, ossia il Presidente degli Stati Uniti messicani Enrique Peña Nieto intento a lanciare attacchi nientemeno che a Donald Trump e a chi utilizza il populismo speculando politicamente sulla pelle dei migranti. Tutto molto bello e commovente, peccato qualcosa non torni. La visione del mondo di Trump è chiaramente criminale, altrettanto lo è la sua retorica politica e non solo sui migranti, sia chiaro, ma vediamo chi si lancia in una critica al magnate americano e in nome di che cosa.
I dati che l'Onu restituisce dal monitoraggio del nuovo focolaio di guerra mediorientale iniziato lo scorso 26 marzo in Yemen sono impressionanti almeno quanto l'indifferenza con cui è stato accolto questo conflitto in Occidente.
Le cifre riportano 850mila bambini malnutriti, 21 milioni di civili senza accesso regolare a acqua, cibo e cure mediche. L’UNHCR stima che l'ondata di rifugiati costretti a riparare in altri paesi a loro volta poverissimi sia di 15 milioni di persone, di queste 1,2 milioni sarebbero gli sfollati interni mentre gli altri avrebbero trovato accoglienza in Somalia, nel Gibuti e in Etiopia. L'OHCHR (Office of the High Commissioner for Human Rights) sta invece monitorando il numero delle vittime che è salito a 6.221, ma è in continuo aggiornamento, di queste 1.950 civili e 398 bambini, i feriti sarebbero a quota 22.110.
Operai ricattati, sfruttati, costretti a turni di lavoro massacranti, sottoposti a molestie sessuali reiterate sul posto di lavoro. Non siamo nei sobborghi inglesi del 1843 dove F. Engels colpito dalle condizioni lavorative della manodopera inurbata dalla rivoluzione industriale scrisse "La situazione della classe operaia in Inghilterra", bensì nell'ormai celebre interporto di Bologna, al centro di molte cronache sugli scioperi che costantemente colpiscono le cooperative che si occupano con molta solerzia di gestire la manodopera per le imprese che in questi anni, grazie allo sviluppo delle tecnologie informatiche, si dedicano alla massima virtù capitalista: tirar su lauti profitti in settori dove la domanda galoppa sulla pelle di lavoratori sempre più ridotti a bestiame da soma.
"Elections change nothing. There are rules" ("Le elezioni non cambiano niente. Ci sono delle regole"). Così Wolfgang Schäuble ministro delle finanze tedesco, riferendosi alla domanda di cambiamento democratica giunta col voto in Grecia lo scorso gennaio, chiariva quali erano gli spazi per una strategia riformista in ambito europeo.
Non tardava a fargli eco Jean Claude Juncker, che aggiungeva: "Non ci può essere nessuna scelta democratica contro i trattati europei".
Grecia: il modello Marchionne come modello politico
Era il 15 gennaio 2011 quando l'amministratore delegato Sergio Marchionne che aveva appena trascinato la casa automobilistica fuori da Confindustria, festeggiava la vittoria del Sì al referendum alla Fiat di Mirafiori. La bruciante sconfitta dei 5.400 lavoratori delle carrozzerie comportava il taglio delle pause, la repressione dell'assenteismo, più turni settimanali e la triplicazione degli straordinari annuali. Così il contratto di lavoro nazionale, ultimo strumento di difesa collettiva a disposizione dei lavoratori venne progressivamente smantellato azienda per azienda. La paura di perdere il lavoro, sotto la minaccia del padrone che aveva promesso che in caso di vittoria del No avrebbe non solo bloccato ogni possibile investimento, ma pure delocalizzato, aveva prevalso. La minaccia di delocalizzare aveva creato un leading case di taglio secco di diritti alla faccia di tutte le normative europee di contrasto al dumping sociale.
Grandi scoperte nella penisola italica! Sembra che ci sia ancora la mafia sulla gestione dei migranti. In realtà non c'è molto da ironizzare, poiché l'approccio della cittadinanza verso la nuova inchiesta "Mondo di mezzo" ci mostra innanzitutto come la coscienza civica sia totalmente impreparata ad affrontare il capitolo secondo di "Mafia Capitale".
In difesa della causa persa del reddito di cittadinanza
Mentre il governo va in difficoltà a causa della sentenza della Consulta che stabilisce l'incostituzionalità dello stop alla rivalutazione automatica delle pensioni per gli assegni superiori a tre volte il minimo stabilito dalla riforma Fornero; mentre si parla ormai pacificamente in ambito internazionale di "bombardare i barconi" tra una preghiera di Papa Francesco e un incontro con Ban Ki Moon, arriva quello che non ti aspetti, ossia la proposta di un "reddito di cittadinanza" da parte di un M5S in evidente difficoltà politica. La proposta, scippata alla sinistra e un po' abborracciata, è stata lanciata in grande stile con la marcia Perugia-Assisi del 9 maggio, i banchetti nel week-end e le comparsate televisive nei talk-show, come quella di lunedì di A. Di Battista a Quinta Colonna dove ha sempre spadroneggiato il populismo destroso di Salvini e compagnia, è il sintomo della disperazione che si palesa con una sfida anche nel territorio nemico. Quello che cercherò di chiarire è che purtroppo l'esito di questa sfida temo proprio sia già scritto.
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