Peña Nieto in seguito alla vittoria alle presidenziali messicane del 2012 con la promessa di ridurre le violenze legate alla guerra al narcotraffico, iniziata dal predecessore Felipe Calderón, si è invece trovato a dover gestire un costante aumento degli omicidi. Al trentaduesimo posto tra gli uomini più potenti al mondo secondo Forbes nel 2014, inevitabilmente il suo governo è legato al massacro di Ayotzinapa di un anno fa (come emerge dall'inchiesta della Commissione Inter-Americana per i Diritti Umani che ha confutato il rapporto ufficiale delle autorità messicane sulle circostanze riguardanti i 43 studenti scomparsi). Anche lui come ogni uomo di potere ha amicizie trasversali e importanti, per cui certo non abbraccerà Soros tra un'intervista a Bloomberg Tv e una comparsata televisiva grazie alla fondazione della famiglia Clinton, ma può sempre vantarsi di esser stato ricevuto negli ultimi mesi estivi sia dal Papa che da Renzi (video realizzato dalla comunità messicana per denunciare la complicità del governo italiano col crimine del governo messicano di un anno fa).
Dunque un Presidente che non è esattamente un figlio del popolo in grado di sfidare il modello Trump, in sede Onu denuncia gli stessi Stati Uniti, anzi la politica populista di una parte politica degli Stati Uniti e chi calpesta i diritti umani dei migranti. Soprassediamo sul trattamento dei migranti nello stesso Messico (che pure meriterebbe attenzione) per vedere quali sarebbero le cause di tale sopruso, secondo Nieto sarebbero addirittura "la crisi economica mondiale e la crescente diseguaglianza" a generare tali forme degenerate di populismo (!), chissà che tali forme degenerate non vi siano anche in Messico (i dati sul coefficiente di Gini vedono il Messico al ventiquatresimo posto nel mondo subito dietro i paesi africani? E se fossero persino al governo? Guai a pensarlo. Ci sarebbe però un'altra questione che preme: ci si può permettere di massacrare impunemente in casa grazie alla complicità proprio dell'organizzazione verso cui si protesta che chiuse non uno ma entrambi gli occhi proprio su un aspetto centrale dell'ideologia che legittima la sua stessa esistenza. Altro che Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (1948), basterebbe rammentare l'Habeas Corpus (1679) e farlo rispettare anche nel Messico di Peña Nieto. Certo, per farlo rispettare bisognerebbe prima riconoscerlo veramente e nonostante tutto non pare che neanche l'Occidente democratico sia molto ben indirizzato in questa direzione.
E poi, tra i vari discorsi non può non sovvenire un paradosso abbastanza scomodo. Infatti, ci sarebbe da chiedersi per quale motivo Assad possa essere paragonato a Hitler (sulla scia dei tanti "tiranni" da detronizzare nella lunga black list degli States) per "massacro dei suoi concittadini" (Obama, discorso all'Assemblea Generale dell'Onu 28 settembre 2015), mentre Peña Nieto invece non solo possa sfuggire alla hitlerizzazione, ma persino fare la morale proprio sui diritti umani.
Dicevamo che viviamo tempi di discorsi altisonanti, quelli dei capi di stato all'Onu sulla situazione mediorientale e del pontefice, il quale, più saggiamente, preferisce passare anche dal Congresso a lasciare la sua parabola contro la pena di morte scuotendo persino le coscienze degli speaker che piombano in piena crisi di coscienza dopo il passaggio del papa che porta la "rivoluzione della tenerezza". Ma i politici sono volubili e anche negli States ogni tanto devono rispondere all'elettorato, meno frequentemente che alle lobbies certo, ma tant'è. Così si potrebbe ricordare, per salvaguardare la coscienza di John Boehner che pope Francis, non solo regge un'istituzione che in quanto a pena di morte non è stata seconda a nessun'altra, ma che il pontefice se non è passato in visita pure da Peña Nieto per decenza delle madri dei 43 normalisti ne ha comunque accettato la visita solo lo scorso giugno e senza che nessun politico "cattolico" messicano o italiano accusasse alcuna crisi di coscienza.