Insomma, grande entusiasmo da parte degli imprenditori italiani. Che da una parte si vedono riconoscere la possibilità di pagare meno tasse tra il 2014 e il 2016, mentre dall'altra esultano perché il biglietto di ingresso lo pagheranno più persone rispetto al presente.
I pensionati, a cui ovviamente già non sono spettati i miracolosi 80 euro, dovranno mettere mano al portafoglio. Al primo che oserà sollevare qualche perplessità sarà mostrata la foto di un "facoltoso turista straniero over65" (per citare le parole del ministro Franceschini).
Si aggiunge un altro annuncio: l'estensione di storia dell'arte in tutti i licei. Qualche ora qua e là (perché la scuola pubblica non è in una situazione critica che merita serie proposte).
Lo stile comunicativo dell'esecutivo Renzi si fa omogeneo e pericoloso.
Si cancellano i problemi attraverso gesti dal forte impatto simbolico, che però hanno una capacità di incidere assolutamente limitata.
Ragionare in forma dubitativa è poco efficace per smantellare l'impianto di propaganda egemone in Italia, ma è comunque una pratica utile.
L'imprenditore dovrebbe avere una responsabilità sociale stabilita dalla Costituzione, ma nessuno si sognerebbe di contestare la legittimità del suo unico scopo: il profitto (anche perché sennò non si capisce perché dovrebbe aprire un'azienda). In tempi di crisi economica ogni investimento deve essere collegato a un ritorno di qualche forma, almeno per i privati. Si dirà: un "paese bello" (triste espressione) è un paese che aiuta il turismo, quindi i consumi, quindi l'esportazione. Fosse anche che il privato rinunci a un ritorno diretto del proprio investimento. Lasciare che sia direttamente lui a indirizzare le risorse, sottraendole dalle tasse, non è comunque una rinuncia del ruolo del pubblico? Questa non è una questione ideologica, ma logica. Meno risorse allo Stato per aiutarlo a gestire i propri beni...
C'è poi una descrizione della cultura come risorsa da sfruttare. A differenza del petrolio, la si immagina sostanzialmente inesauribile. Vivere del proprio passato, mettendolo a disposizione della moda e degli imprenditori (non a caso Firenze è capofila nell'offerta degli spazi culturali ad eventi promozionali e aziendali).
Diventa quindi abbastanza chiaro il perché si sia fatto cadere nel vuoto l'ipotesi di un bonus fiscale per chi acquista libri, preferendo la via tracciata dal Sole 24 Ore.
Troppo complicato ripensare alla cultura come a un sistema che produce idee, reti, innovazione, ricerca, discussione, rilanciando il ruolo del pubblico e dello Stato come gestore di infrastrutture. Affidare al pubblico un ruolo di indirizzo, oltre che di coordinamento, è eresia, anche all'interno del centrosinistra italiano.
Meglio strizzare l'occhio a chi non è stato travolto dalla crisi, confidando che conceda qualcosa, con spirito caritatevole.
E se funziona, chissà: le università, i licei, gli ospedali… ci sono numerosi ambiti in cui i privati potrebbero investire per dare una mano allo Stato, ovviamente scaricando le donazioni dalle tasse.
Così saremo tutti più moderni e progressisti...
Immagine ripresa liberamente da www.roars.it