Sabato, 21 Giugno 2014 00:00

Cultura: il governo alla corte di Confindustria

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«Penso che il ministero della cultura sia in Italia come quello del petrolio in un Paese arabo».

Dario Franceschini era stato chiaro sul Sole 24 Ore del 23 febbraio 2014. Nessun tabù rispetto al ruolo dei privati nella gestione del patrimonio culturale italiano. Il quotidiano di Confindustria da tempo insiste sul tema delle agevolazioni fiscali per i privati, tanto che il 20 giugno 2014 apre in prima pagina con l'invito «DIAMOCI DA FARE», rivendicando il proprio ruolo.

«Abbiamo buttato giù il muro (ideologico) che impediva al Paese della bellezza nel mondo di misurarsi con la gestione dei territorio e del suo (straordinario) capitale culturale attraverso la leva fiscale».

Il mecenatismo entusiasma anche esponenti del mondo della moda, come Carla Fendi, che riprende la metafora governativa: «Il nostro Paese è veramente un bagno di cultura talmente enorme che non esiste al mondo un altro Paese simile. È il nostro petrolio» (da Sole 24 Ore del 20 giugno).

Insomma, grande entusiasmo da parte degli imprenditori italiani. Che da una parte si vedono riconoscere la possibilità di pagare meno tasse tra il 2014 e il 2016, mentre dall'altra esultano perché il biglietto di ingresso lo pagheranno più persone rispetto al presente.

I pensionati, a cui ovviamente già non sono spettati i miracolosi 80 euro, dovranno mettere mano al portafoglio. Al primo che oserà sollevare qualche perplessità sarà mostrata la foto di un "facoltoso turista straniero over65" (per citare le parole del ministro Franceschini).

Si aggiunge un altro annuncio: l'estensione di storia dell'arte in tutti i licei. Qualche ora qua e là (perché la scuola pubblica non è in una situazione critica che merita serie proposte).

Lo stile comunicativo dell'esecutivo Renzi si fa omogeneo e pericoloso.

Si cancellano i problemi attraverso gesti dal forte impatto simbolico, che però hanno una capacità di incidere assolutamente limitata.

Ragionare in forma dubitativa è poco efficace per smantellare l'impianto di propaganda egemone in Italia, ma è comunque una pratica utile.

L'imprenditore dovrebbe avere una responsabilità sociale stabilita dalla Costituzione, ma nessuno si sognerebbe di contestare la legittimità del suo unico scopo: il profitto (anche perché sennò non si capisce perché dovrebbe aprire un'azienda). In tempi di crisi economica ogni investimento deve essere collegato a un ritorno di qualche forma, almeno per i privati. Si dirà: un "paese bello" (triste espressione) è un paese che aiuta il turismo, quindi i consumi, quindi l'esportazione. Fosse anche che il privato rinunci a un ritorno diretto del proprio investimento. Lasciare che sia direttamente lui a indirizzare le risorse, sottraendole dalle tasse, non è comunque una rinuncia del ruolo del pubblico? Questa non è una questione ideologica, ma logica. Meno risorse allo Stato per aiutarlo a gestire i propri beni...

C'è poi una descrizione della cultura come risorsa da sfruttare. A differenza del petrolio, la si immagina sostanzialmente inesauribile. Vivere del proprio passato, mettendolo a disposizione della moda e degli imprenditori (non a caso Firenze è capofila nell'offerta degli spazi culturali ad eventi promozionali e aziendali).

Diventa quindi abbastanza chiaro il perché si sia fatto cadere nel vuoto l'ipotesi di un bonus fiscale per chi acquista libri, preferendo la via tracciata dal Sole 24 Ore.

Troppo complicato ripensare alla cultura come a un sistema che produce idee, reti, innovazione, ricerca, discussione, rilanciando il ruolo del pubblico e dello Stato come gestore di infrastrutture. Affidare al pubblico un ruolo di indirizzo, oltre che di coordinamento, è eresia, anche all'interno del centrosinistra italiano.

Meglio strizzare l'occhio a chi non è stato travolto dalla crisi, confidando che conceda qualcosa, con spirito caritatevole.

E se funziona, chissà: le università, i licei, gli ospedali… ci sono numerosi ambiti in cui i privati potrebbero investire per dare una mano allo Stato, ovviamente scaricando le donazioni dalle tasse.

Così saremo tutti più moderni e progressisti...

Immagine ripresa liberamente da www.roars.it

 

Ultima modifica il Sabato, 21 Giugno 2014 00:11
Dmitrij Palagi

Nato nel 1988 in Unione Sovietica, subito prima della caduta del Muro. Iscritto a Rifondazione dal 2006, subito prima della sconfitta de "la Sinistra l'Arcobaleno". Laureato in filosofia, un dottorato in corso di Studi Storici, una collaborazione attiva con la storica rivista dei macchinisti "ancora IN MARCIA".

«Vivere in un mondo senza evasione possibile dove non restava che battersi per una evasione impossibile» (Victor Serge)

 

www.orsopalagi.it
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