È chiaro che il mondo del web scavalca qualsiasi confine nazionale e dunque qualsiasi ordinamento giuridico particolare: senza una Carta dei diritti di portata sovranazionale, e ora una prima stesura della Carta dei diritti in rete, sarebbe difficile poter quantomeno denunciare abusi o violenze di qualsiasi tipo, cose che sul web accadono quotidianamente. Insomma, internet sembra aprire le porte a tentativi di risoluzione concreta di alcuni problemi che il diritto internazionale sembrerebbe porre: quelli, in primis, correlati alla certezza dell’applicazione della norma, norma che potrebbe perdere effettualità in contesti nazionali che non disciplinano, o non contemplano semplicemente, alcuni casi giuridici, in questo caso legati al complesso mondo del web.
Non è un caso che nel preambolo della Carta dei diritti in rete si affermi che il documento è fondato “sul pieno riconoscimento di libertà, eguaglianza, dignità e diversità di ogni persona” e “la garanzia di questi diritti è condizione necessaria perché sia assicurato il funzionamento democratico delle Istituzioni, e perché si eviti il prevalere di poteri pubblici e privati che possano portare a una società della sorveglianza, del controllo e della selezione sociale.”
Questi principi sono ciò che ispirano tale carta dei diritti, principi che ispirano, tuttavia, qualsiasi Carta che parli di “diritti” fondamentali. Ebbene questi principi sono propri di società democratiche, che pongono diritti come quelli della libertà di espressione, dell’autodeterminazione, dell’informazione e anche dell’oblio. Sappiamo bene, però, che non tutte le società del globo possiedono regimi democratici o costituzioni che garantiscano la possibilità di applicare tali principi fondamentali. E questo, al di là delle considerazioni etiche o morali che si potrebbero fare sulla qualità della democrazia, pone già un problema di applicazione di una norma ispirata da questi principi, norma che non potrebbe essere applicata in società non democratiche o semplicemente che possiedono ordinamenti giuridici differenti da quelli considerati idonei per un sistema che si possa definire “democratico”. Abbiamo visto, nei mesi passati, come alcuni paesi che mirano a entrare nell’Unione Europea siano stati soggetti a una censura mediatica, da parte dei loro regimi, anche per quel che riguarda il mondo del web. Facciamo attenzione però, qui non si sta sostenendo che il problema assoluto è l’esistenza di regimi non democratici (quanto vi sia democrazia nella democrazia è tutto da dimostrare); si sta sostenendo la strutturale insufficienza del diritto internazionale in sè, se questo pretende di poter regolare i rapporti non solo inter-nazionali di un determinato contesto continentale, ma addirittura anche rapporti inter-mondiali. Ciò non toglie che una Carta dei diritti del web sia necessaria, per le ragioni che ricordavamo prima. Saranno, tuttavia, i cittadini a intervenire per migliorarla. Una Carta aperta, dunque, in progress nel suo perfezionamento. Ma solo laddove si sono affermati taluni diritti della persona, (benchè nella loro forma astratta) condivisi dalla maggioranza (principio già di per sé democratico) della popolazione coinvolta e garantiti da una costituzione, tale dibattito e intervento può aver luogo. La Carta dei diritti in rete si rivolge, così, alla possibilità di un diritto internazionale del web quanto meno entro il mondo occidentale, liberale, democratico. Non è scontato ricordarlo, dal momento che internet viaggia e si sviluppa, al contrario, entro il mondo intero, attraversando qualsiasi tipo di società esistente.
Non staremo qui a elencare tutti i punti che un documento simile presenta, poiché rispondono, come dicevamo, alle istanze poste dagli stessi Diritti Fondamentali sanciti dall’UE. È da ricordare che sempre nel preambolo della bozza si arriva necessariamente a riconoscere il valore sociale che lo strumento “internet” ha assunto, aggiungiamo noi in positivo o in negativo. In ogni caso, “Internet ha contribuito in maniera decisiva a ridefinire lo spazio pubblico e privato, a strutturare i rapporti tra le persone e tra queste e le Istituzioni. Ha cancellato confini e ha costruito modalità nuove di produzione e utilizzazione della conoscenza […]. Ha consentito lo sviluppo di una società più aperta e libera. Internet deve essere considerata una risorsa globale e che risponde al criterio della universalità.” Criterio dell’universalità sicuramente problematico, come abbiamo visto.
Due sono gli articoli che sembrano assumere maggior rilevanza: l’articolo 10, quello che parla di diritto all’oblio e l’articolo 13, quello che pone il diritto all’educazione. Sul diritto all’oblio vi sono diversi aspetti che meritano un momento di riflessione. Da un lato si cerca di arginare la mancanza di privacy che una società come la nostra, inevitabilmente, porta con sé.
I meccanismi di controllo di strumenti tecnici, come quello di internet, diventano sempre più sofisticati e non riconoscibili soprattutto se non si conosce in modo adeguato lo strumento. Esso rischia, da un lato, di essere usato inconsapevolmente: la smania di controllo sulla vita delle persone o in generale sulle informazioni rischia di procedere verso una vera e propria patologia collettiva; si pensi in tal senso agli effetti, solo possibili certo, dei social network. Un meccanismo di controllo, dunque, che si perpetua anche tra la popolazione comune modificando, questo sì, il proprio rapporto verso l’altro e il proprio modo di concepire il mondo. In questo contesto si rischia di perdere il senso dello strumento – e ripetiamo strumento – di internet… perdita di senso che caratterizza un po’ tutta la società tecnica in cui viviamo, in cui rischiamo di confermarci come meri “funzionari” di apparati altrettanto tecnici. Molto spesso la non consapevolezza o la dimenticanza del carattere puramente strumentale del web porta a modificare in toto i luoghi di relazione con l’altro e pertanto a condizionare il modo stesso di sentire il mondo, se non ad annullare la capacità stessa di sentire e di sentir-si realmente. C’è il rischio che un mondo privo di espressività, come quello in cui si sviluppa la chat, ad esempio, diventi unico luogo possibile in cui confrontarsi: un luogo, non a caso, tecnicamente costruito in cui solo attraverso strumenti asettici è possibile relazionarsi.
Ma cosa c’entra tutto ciò con il diritto all’oblio? Tale diritto è, in questo contesto, un tentativo di limitare questo stesso apparato di controllo che si esercita su di noi in modo automatico, in modo strutturale. D’altronde internet resta pur sempre il luogo più democratico (entro i tempi e i parametri attuali) per accedere alle informazioni, per informarsi anche oltre la mera opinione. È necessario, dunque, tornare a concepire il web come strumento in relazione alla vita reale. E’ questo ciò che, probabilmente, ha ispirato le innumerevoli campagne culturali, manifestazioni politiche, laboratori di idee che abbiamo visto crescere negli ultimi anni attraverso il web. Internet come luogo di diffusione delle idee, di informazioni di pubblica utilità dunque… l’articolo 10 recita: “[…] Il diritto all’oblio non può limitare la libertà di ricerca e il diritto dell’opinione pubblica a essere informata, che costituiscono condizioni necessarie per il funzionamento di una società democratica. Tale diritto può essere esercitato dalle persone note o alle quali sono affidate funzioni pubbliche solo se i dati che le riguardano non hanno alcun rilievo in relazione all’attività svolta o alle funzioni pubbliche esercitate.” Non è un caso che la richiesta di “ottenere la cancellazione dagli indici dei motori di ricerca dei dati” debba essere dapprima accolta da un tribunale e, se la cancellazione è concessa, la relativa decisione positiva possa essere impugnata “per garantire l’interesse pubblico all’informazione.”
Si capisce come in questo contesto risulti di fondamentale importanza il ruolo dell’educazione, per acquisire competenze tali da poter controllare autonomamente cosa, realmente, sta accadendo nel web mentre vi si naviga in qualità di persone reali e, dunque, consapevoli. L’articolo 13 afferma che “Ogni persona ha diritto di acquisire le capacità necessarie per utilizzare internet in modo consapevole e attivo. La dimensione culturale e educativa di Internet costituisce infatti elemento essenziale per garantire l’effettività del diritto di acceso e della tutela delle persone. Le istituzioni pubbliche promuovono attività educative rivolte alle persone, al sistema scolastico e alle imprese, con specifico riferimento alla dimensione intergenerazionale.”
Lodevole, dunque, l’intenzione di formare una Carta dei diritti in rete, un Carta aperta alle ragionevoli proposte di miglioramento da parte dei cittadini, importante inserire questo articolo sul diritto all’educazione, laddove entro un mondo in continua specializzazione occorre sempre maggiore aggiornamento tecnico, per quanto questo sia possibile. È ovvio che il controllo sulla società attraverso lo strumento del web, come attraverso altri strumenti soggetti all’uso di massa, è una realtà, un rischio continuo: per questo, nel momento attuale, tornare a parlare di diritti diventa ancora più importante. Per restituire dignità, in ultima analisi, a tutto ciò che continua a voler essere “umano”.
I contributi per il miglioramento della Carta dei diritti potranno essere dati fino al 27 ottobre. Nell’articolo che segue troverete tutte le informazioni pratiche al riguardo, compresa la provvisoria Internet bill of rights completa: cliccate qui.
Immagine tratta liberamente da www.maximumpc.com