Lunedì, 01 Giugno 2015 00:00

Razzismo a Marino

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“Il razzismo è una malattia. È un cattivo funzionamento della mente che compromette le relazioni umane, è una malattia psichicamente contagiosa conseguente al fatto che una mente predisposta viene infettata da idee false, patologiche, che producono ostilità verso altri gruppi e verso i loro membri.”
Ashley Montagu

Questo non è un vero e proprio articolo. Piuttosto uno sfogo. Lunedì sera, facendo zapping alla televisione alla ricerca (abbastanza vana) di qualche film, sono incappata in un servizio trasmesso da Piazza Pulita, il programma condotto da Corrado Formigli in onda su La7. Il tema era l’immigrazione, dopo una prima parte dedicata al lavoro. Il video mostrava l’ira di decine di residenti di una palazzina a Marino che protestavano animatamente – per usare un eufemismo – contro la disposizione del prefetto di Roma di adibire alcuni appartamenti del palazzo in gestione ad una cooperativa sociale, a 78 richiedenti asilo. La minaccia di trovare il proprio palazzo invaso da “stranieri che rubano e stuprano bambini” ha scatenato le reazioni più bieche e violente della “brava gente” di Marino. Una mamma dice al giornalista che sua figlia non vuole tornare più a casa e che anche lei stessa è seriamente preoccupata perché “io non sarò più libera di uscire la sera, le mie figlie non potranno più girare in bicicletta, perché si sa che usanze hanno questi profughi”.

Occhio candidi infanti che l’uomo nero è pronto a mangiarvi! Manco fossero dei comunisti! “Mia figlia ha paura a tornare a casa!” Un’altra donna arrabbiatissima, con gli occhi che strabuzzavano fuori dal livore confessa che le sue amiche non la verranno più a trovare... Come poter offrire un tè in una casa infestata dall’olezzo proveniente dall’appartamento accanto di sporchi “parassiti” clandestini che non si lavano e puzzano?! Per non parlare poi degli infiniti agi che riserveranno agli immigrati anziché ai disgraziati italiani! “Gli danno i materassi, la scheda telefonica...” insomma, privilegi che neanche la regina d’Inghilterra può sognarsi! Una vecchia dice al giornalista che lei non li vuole perché pure lei ha vissuto sotto la guerra e non ha mai chiesto aiuto a nessuno, sicché perché aiutare loro? Una ripicca più che ragionevole insomma: siccome nessuno ha dato una mano a me io non la darò mai a nessuno. Alcuni di questi residenti hanno rotto i tubi della caldaia e spaccato qualche vetro, per impedire che lì dentro potessero venire accolti dei rifugiati, nonostante il palazzo fosse presidiato da poliziotti e carabinieri. Questi residenti sarebbero pronti a vendere persino il proprio appartamento pur di non condividere il palazzo con i profughi. Energumeni burini, stimabili mariti e padri di famiglia muniti di bastoni dicono che “hanno fatto bene a spaccare tutto. Noi “bloccamo” tutto, qui non si avvicinano” e minacciavano di fare a pezzi chiunque di “quegli immigrati, o negri o come si chiamano” (cit.) avesse anche solo provato ad avvicinarsi alla palazzina: “Noi non li vogliamo, se vengono siamo pronti a tutto. Io non mi vergogno di esser razzista. Se glie dovemo fa’ der male glie famo der male. io proprio nun ce la faccio, li odio proprio. Prego pe’loro che non arivano.” Un ragazzo, un prode eroe dei nostri tempi, dichiara orgoglioso alla telecamera : “Non mi importa se ci sono poliziotti e carabinieri, se entrano li ammazziamo tutti, possono pure venirmi a prende’ a casa ma qui non ci entrano”. Un vero duro. Un macho ammirevole. Questi sì che sono uomini forti e impavidi! Poco dopo la telecamera si sposta sul corteo di un “coordinamento dei rioni di Roma” in cui sono previsti dei centri di accoglienza che sfilano per la strada. “Riprendiamo la Nazione, non vogliamo immigrazione!”, è uno degli slogan più sberciati da una giovane tizia (anche piuttosto stonata) al megafono. Un anziano porta una maglietta con su scritto: “chiudiamo i campi rom”. “I campi rom sono solo un danno”, spiega al giornalista di La7 che pacatamente chiede: “dove li mettiamo allora?” “è un problema dei politici, che se li pigliassero loro”, risponde il signore a cui fa eco una donna bionda: “basta che ce li tolgano dalle scatole, qui non ce li vogliamo perché sono gente sporca, che ruba e vive solo di questo. Basta parlare di buonismo”. “Non tutti però”, prova a interromperla sommessamente il reporter. “Tutti tutti”, è la laconica risposta della donna. La periferia romana non vuole i centri di accoglienza. La gente teme per la propria sicurezza e per l’igiene, per la propria salute. Un omone tatuato armato si arma di verga appena vede un ragazzo straniero scavalcare una rete e lo rincorre. Lo prende e lo aggredisce verbalmente: “Che ca..o facevi tappetto pezzo di m….a!? Poi dici che nun ve ammazziamo, perché scappavi?” “Avevo paura”, balbetta il ragazzo, che si viene a sapere essere in regola, tra l’altro. Sfido io chi di noi non scapperebbe davanti a un “Polifemo” di tre metri e con una massa corporea non trascurabile che ci corre dietro agitando un bastone!

Non posso che provare infinita amarezza e una rabbia impotente di fronte a un’umanità che si mostra tutto il suo squallore. La sua cattiveria, la sua ignoranza, la sua gretta intolleranza. La sua cieca violenza. Ma ciò che mi infastidisce quasi di più è il sentir parlare, anche da gente di sinistra persino stimabile e impegnata, di “guerra tra poveri”. Basta. Quelle scene del servizio su Marino non rientrano in una guerra tra poveri, che pur esiste, soprattutto nel mondo del lavoro. Ma qui è troppo facile e giustificatorio chiamare così la ferocia e il fascismo di quelle persone. Dietro quella violenza allucinata e allucinante, non c’è solo la rabbia e la frustrazione di povera gente che non arriva alla fine del mese. Certo c’è anche questo, c’è il disagio di una periferia lasciata a sé stessa, in cui non vengono creati luoghi di aggregazione, di partecipazione, di svago. In cui non c’è pulizia, né giardini pubblici né biblioteche, ma solo un grande squallore. In cui manca l’istruzione, la cultura. In cui la gente non legge e non si informa se non guardando la televisione e abboccando a tutto quello che gli viene fatto credere. Certo, il disagio sociale e la miseria delle loro condizioni di lavoro, istruzione e vita sono innegabili. Sono dei poveri ignoranti buzzurri senza che forse sia neanche colpa loro, ma del posto in cui sono nati e cresciuti, di un’esistenza miserevole e piatta a cui si sono dovuti adagiare senza mettere il naso più in là del proprio cortile di casa, senza saper nulla del mondo circostante che andasse oltre le proprio quattro mura di casa e il portone del proprio posto di lavoro.

È colpa di una politica che li ha messi sempre ai margini, che non si è (quasi) mai interessata di loro, che ha periferizzato sempre di più le periferie e coloro che vi abitano, lasciandoli alla loro squallida e apatica vita. che non ha saputo creare una prospettiva diversa a queste persone così che queste hanno finito per perdere totalmente fiducia nei politici, se non quando gridano contro gli immigrati. E la loro rabbia frustrata, la loro insoddisfazione cresce, cresce, lievita fino ad esplodere e a riversarsi come una valanga in piena contro un comune nemico. “il nemico di tutti”. Noi di Marino. Noi di San Nicola. Noi di Roma nord, con i bastoni in mano a fare una guerra partigiana contro l’invasore straniero. E questa non è però, a mio parere guerra tra poveri. Perché è unilaterale. Semmai guerra di poveri contro altri che non avrebbero alcuna intenzione di combatterla e di fatto non la combattono, ne sono solo le vittime. Non posso assistere a quell’odio viscerale contro gli immigrati dicendomi che è una “guerra tra poveri” e quindi le vittime sono tutti quanti. No. Qui c’è soprattutto un sentimento di odio razziale che probabilmente era radicato da molto prima in quella gente della periferia romana, come in quella che a Padova sfilava contro gli immigrati. Che poi esploda perché la crisi è più acuta e le condizioni di vita si facciano più difficili può esser vero, ma se alla base quel sentimento non c’era probabilmente la reazione sarebbe stata almeno un po’diversa. La crisi, economica, sociale, culturale, politica non fa che portare a galla qualcosa che purtroppo è forse già ben innestato negli animi di molte persone. Anche in quelli che dicono “non sono razzista, però i campi rom eh..”; oppure: “non sono razzista però se non c’è lavoro per noi è un problema accogliere tutti questi immigrati!”. Sì che sei razzista. E pure ignorante. La donna alla telecamere diceva basta buonismo.

Essere civili e rispettosi dell’altro, non è buonismo è buon senso, è civiltà, è umanità è dovere morale, civico, politico. Accogliere l’altro che arriva senza neanche chiedergli il nome, soltanto facendolo entrare, diceva Derrida. E c’è forse più buonismo nel dire che si tratta di una guerra tra poveri. Il rischio, così dicendo è che si giustificano reazioni ingiustificabili perché si arriva a pensare che la gente non ne può più, si arriva a comprendere una rabbia che può esser comprensibile ma non tollerabile. Non è tollerabile che da quella rabbia e da quella frustrazione emergano simili reazioni, una ventata di odio vigliacco e xenofobo nei confronti di chi non può difendersi né ha tanti difensori che prendano le sue parti. Non sopporto chi dice: “hanno fatto male a reagire così però si possono capire, sono arrabbiati”. No, non si può né si deve capire quella ferocia disumana. Quei pregiudizi così superficiali e gravidi di odio nei confronti del diverso. La si può capire dal punto di vista sociologico analizzando il contesto in cui quei sentimenti nascono e le situazioni economiche, culturali, sociali che portano all’iperbole di tali sentimenti e comportamenti, ma non li si deve comprendere né tantomeno giustificare dal punto di vista umano. È ripugnante vedere scene simili, in cui le persone ormai non si vergognano neanche più a confessare che non ci metterebbero un attimo ad ammazzare un altro essere umano. Ah no, pardon. Rifugiati politici, profughi, rom, richiedenti asilo non sono esseri umani, sono barbari che vengono a rubarci il lavoro, le comodità, le case e a cui il governo regala 35 euro e schede telefoniche. Dietro ci sono pregiudizi e luoghi comuni aberranti. Un’ignoranza spiazzante. Anche da parte di politici che cavalcano l’onda razzista e xenofoba per dire no all’immigrazione. Ma solo quella irregolare, certo, perché poi non sono mica razzisti, mica ce l’hanno con gli stranieri! E dimenticano il fatto che per chiunque provi a fuggire dal proprio paese, che sia per la guerra, la fame, la miseria.. la via legale per entrare in Italia è pressoché impossibile e diventa automaticamente un clandestino. Dimenticano pure il fatto che molti neanche vogliono restare nel nostro paese (sfido io, vista l’accoglienza riservatagli!), e se avessero un permesso di asilo potrebbero andarsene da qualsiasi altra parte. Dimenticano pure il fatto che di quei 35 euro nulla o quasi va in mano ai profughi e che il danno alla nostra economia non sono certo loro a portarlo ma chi fa dell’immigrazione una fonte di guadagno illegale a fini di lucro personale. Dimenticano il fatto che il lavoro degli stranieri in Italia contribuisce all’8,8% del PIL nazionale e che, essendo molto giovani per la maggior parte versano contributi quasi gratuitamente rispetto a quanto poi riprenderanno, qualora restino in Italia. Altrimenti, se cambiassero paese questi contributi sono un vero e proprio regalo che ci fanno senza ricevere neanche un minimo in cambio. Molti politici che parlano di “emergenza profughi”, dimenticano il fatto che la situazione in termini di numeri non è emergenziale e che basterebbe una politica comune europea per gestire il problema in maniera seria e non preoccupante.

Ogni paese dovrebbe fare uno sforzo minimo se ognuno di esse si prendesse le proprie responsabilità e investisse una quota per politiche di integrazione vera, di accompagnamento del richiedente d’asilo verso un percorso lavorativo e di integrazione sociale, anziché rinchiuderlo in centri che sono gabbie per polli e poi una volta uscito (se riesce ad uscirci) abbandonarlo al proprio destino. Urlare contro l’immigrazione, i campi rom, lo straniero che ci ruba il lavoro non fa che fomentare un odio e una paura del diverso che però temo sia radicata in gran parte delle persone. La guerra la fanno solo loro. E non perché sono poveri, ma perché sono ignoranti e razzisti e violenti. Mentre Intanto il ragazzo che ha scavalcato il cortile, disarmato, scappa a gambe levate e non ha nessuna voglia di combattere una guerra che non è stato lui a innescare, ma di cui è soltanto una delle vittime sacrificali.

Ultima modifica il Domenica, 31 Maggio 2015 20:06
Chiara Del Corona

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.

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