Il cuore della protesta è Palermo, la città maggiormente “colpita” da questa ondata di neo licenziamenti. I numeri del resto parlano chiaro: le procedure di mobilità decise riguarderebbero tre sede infatti; Palermo (dove la scelta ricadrebbe su 1670 lavoratori), Napoli ( 920) e Roma (420). La Sicilia è la fetta più corposa, tant’è vero che ospita 7 mila lavoratori, di cui 5 mila solo nel capoluogo. Del resto le politiche di delocalizzazione, rinforzate dalla “nuova” riforma del lavoro, favoriscono certamente questo tipo di operazioni, legittimando scelte (eufemisticamente) discutibili. Da giorni centinaia di lavoratori e lavoratrici di Almaviva si sono riversati per le vie di Palermo al grido #SiamotuttiAlmaviva.
Proteste che hanno interessato la sede di via Cordova e le vie intorno al Palazzo d’Orleans (con relativi blocchi alla circolazione. Le giustificazioni dell’azienda stanno tutte all’interno della nuova organizzazione del modello “call-center”, nel pieno di una crisi che non sembra recedere. Almaviva lancia il suo j’accuse verso i concorrenti più ”tignosi”: chi delocalizza a normative Europee chiare. Secondo i vertici dell’azienda, la scure delle riforme renziane sui Call center sarebbe notevole. Il Jobs Act per quel che riguarda le nuove assunzioni ha generato concorrenza sleale giocata su concorrenza low cost. Il panico di chi rischia la perdita del proprio posto di lavoro, è palese ed i manifestanti chiedono una presa di posizione ( e relativa soluzione) direttamente al Governatore Rosario Crocetta. In campo anche il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il quale parla di situazione drammatica e di caso nazionale in riferimento agli sviluppi delle vicende palermitane.
È stato richiesto l’intervento della curia sullo spinoso caso, segno tangibile dell’esasperazione causata dalla tragica incertezza che pende sulle migliaia di individui coinvolti. I sindacati sono sul piede di guerra, da registrare la visita del segretario Cgil Palermo Enzo Campo e i due componenti della segreteria provinciale Cgil Alessia Gatto e Mario Ridulfo. È giusto precisare ad onor di cronaca che il licenziamento collettivo era stato preannunciato dalla decisone della governance del colosso di non rinnovare il contratto affittuario per l’immobile di Via Marcellini. Insomma una palla avvelenata che rimbalza, un vero e proprio circo di responsabilità che non sembra ad oggi avere un colpevole delineato. La certezza nella tragica realtà, sta invece nel sacrificio, sull’altare di profitti e ricavi, di posti di lavoro. Molte sono le fonti istituzionali che chiedono adesso un passo indietro del colosso della famiglia Tripi, e gli incontri del 31 Marzo tra l'assessore regionale alle Attività produttive Mariella Lo Bello e il presidente di Almaviva, di seguito quello successivo del 18 Aprile all’interno di un tavolo tra le parti sociali in campo, saranno decisivo per il delinearsi definitivo della vicenda. Molti sono i “partner” di Almaviva Contact che hanno lasciato la collaborazione con l’agenzia suddetta (es. Wind, Enel e così via) tutto ciò ha generato una situazione che sembra non volersi sistemare.
Viviamo in un mondo dove il lavoro in un call-center sembra un rito di passaggio, quasi l’agoghè del mondo del lavoro. Un mondo fatto di contratti al ribasso, salari (quasi)inesistenti e diritti negati. Uomini e donne che per guadagnarsi da vivere sono costretti a sedere per ore e rispondere ad un telefono che squilla. Carne da macello di un sistema che oggi rimbalza responsabilità collettive senza voler volutamente trovare dei responsabili. Tanti sono infatti quei giovani che oggi provano l’esperienza del call-center e di certo le tutele rimangono alquanto striminzite. È necessario quindi provare veramente a regolarizzare un mondo che ad oggi, per diversi motivi, risulta fuori controllo anche se tutto ciò non basta. La riforma del lavoro, usata come scusante dei vertici aziendali di Almaviva, nasconde seriamente questo tipo di insidie e le “offerte al minimo ribasso” hanno l’unico effetto di giocare sulla pelle di lavoratori in balia di veri e propri ricatti sociali. Pagamenti sui 4/5 euro lordi all’ora solo ad obiettivo di produzione raggiunto stabilito dall’azienda se l’obiettivo non viene raggiunto (in sostanza la vendita di contratti) la paga decurtata della metà. È il trionfo del lavoro a provvigione ormai sdoganato tra giovani e meno giovani, diverse infatti sono le aziende (call-center o no) che attuano queste strategie, aumentando di fatto competizione tra lavoratori e allargando la forbice tra guadagni e retribuzioni. Un sistema destinato a implodere ed il caso Almaviva potrebbe, purtroppo, far scuola.