Martedì, 17 Maggio 2016 00:00

Il papato come ultima autorità di un ordine politico in putrefazione

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Prendete le più alte autorità europee e inseritele nel contesto di una visita in Vaticano, condite il tutto di conformismo e ipocrisia e avrete una vaga rappresentazione di quanto è accaduto il 6 maggio durante la cerimonia di consegna del Premio Carlo Magno nientemeno che a Papa Francesco. Il discorso del papa, davanti a una platea tra cui il re spagnolo Felipe e il Presidente della BCE, è una lunga invocazione al rispetto dei diritti umani e al ritorno ai valori del Padri fondatori, ma sembra piuttosto velleitario: la citazione di De Gasperi, il richiamo alla solidarietà che non deve diventare elemosina (da che pulpito!), la capacità di integrazione come punto nodale. Insomma, alla luce dei fatti che hanno attraversato la periferia europea, dentro e fuori all'UE, sembra un richiamo isterico e fuori tempo massimo, insomma quanto mai sterile per via dell'avvitamento austeritario delle politiche pubbliche europee e della legittimazione già avvenuta delle barriere lungo la principale traiettoria dei profughi.

Così il concetto di un'Europa basata su una sola identità in realtà è stato ribadito con maggiore rigore di quanto possa trasparire immediatamente dal discorso del pontefice tutto rivolto a rafforzare un umanesimo di facciata come principale ripiego di fronte a un capitalismo ormai diventato apertamente repressivo e brutale. Se ci fermiamo a ricostruire i fatti ricordiamo quali siano stati i “ponti” concretamente eretti dal Vaticano: marketing politico e iniziative di facciata, non molto più di questo purtroppo. Sì, ci sarebbe bisogno di un nuovo umanesimo, ma non sembra ottenibile sotto questa configurazione del potere. Certo, il problema dell'Europa attuale è chiaramente più morale che giuridico, infatti il problema giuridico risulta solamente come un riflesso dello sfaldamento dell'impianto morale di fondo crollato sotto l'implosione delle ricadute economiche. Ma attualmente, nonostante le iniziative umanitarie, un'alternativa concreta non si riesce a intravedere. Ci si sarebbe potuti aspettare che da una visita presso le alte autorità morali vaticane emergesse il problema morale europeo, e invece no. Il conformismo l'ha fatta da padrone e il protocollo è stato rispettato fino in fondo. Insomma, un gioco delle parti ben riuscito dove si è rimasti all'interno del discorso egemone che vede contrapporsi in un tira e molla la linea di chi compatisce e la linea di chi è per la chiusura sempre più settaria sul piano identitario. Dove porti una deriva tale pare ormai evidente a tutti.

Così se pure il papa tanto solidale coi migranti ha parlato facendo riferimento all'unità interna dell'Europa appoggiandosi più al concetto giuridico che all'indignazione morale forse non ci si può aspettare altro che un richiamo al non ricadere in iniziative apertamente autodistruttive da parte dell'UE in crisi. Nel frattempo a Idomeni, dove il muro non è stato eretto tra stati nazionali appartenenti all'Unione Europea ma su un confine “esterno”, i migranti non possono nemmeno aspettarsi le salvifiche visite papali che, a proposito di solidarietà che diventa elemosina, approdano ben lontano dalla trincea, ossia nella ben più tranquilla Lesbo. Cosa sia rimasto di comune nell'Europa attuale lo si lascia giudicare al lettore. Cosa resterà della libertà che gli anarchici invocavano nel pomeriggio del 7 maggio al valico del Brennero tutto sommato ce lo si può prefigurare voltandosi indietro. E se si pensa che il prestigioso premio è intitolato al primo imperatore del Sacro Romano Impero che nel 782 nel Massacro di Verden fece decapitare circa 4.500 sassoni che avevano rifiutato di convertirsi al cristianesimo l'ottimismo andrebbe bandito. Tuttavia il papa non sarà che un indegno erede di Carlo Magno nel mantenere l'Europa unita se veramente il secolarismo ha fatto breccia almeno un po' nelle società occidentali. Probabilmente si limiterà a chiedere perdono, a offrire l'elemosina e a rinfrancare le coscienze sempre più sozze di un'Europa finita nel più grande baratro morale dal dopoguerra.

Ultima modifica il Lunedì, 16 Maggio 2016 19:18
Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.

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