Eppure l'impegno, come sempre, non è mancato, anzi. Ci siamo svegliati presto per volantinare alla stazione prima di andare al lavoro o a lezione, abbiamo passato le serate partecipando alle iniziative sul territorio e a mettere manifesti che con l'umido e la pioggia non ne volevano sapere di restare attaccati. Abbiamo speso tutte le energie possibili per ridare alla sinistra la forza per tornare a farsi sentire e portare avanti le proprie idee, ma ancora una volta ci siamo dovuti scontrare con un esito elettorale estremamente negativo.
Le responsabilità di un cattivo risultato sono, come sempre, da dividere tra tutti. È responsabile certamente chi si è impegnato ed ha lavorato duramente, dai dirigenti nazionali e locali ai militanti, perché si può sempre fare di più e meglio. È responsabile Rivoluzione Civile, che ha preso tante pacche sulle spalle e incoraggiamenti (e illusioni di un bel risultato) da chi poi ha votato M5S o PD/SEL (Il Fatto Quotidiano, sindacati, lavoratori che abbiamo affiancato nelle lotte, illuminati intellettuali). È responsabile la solita odiosa storia del voto utile (anche stavolta utile a chi?). Ma più responsabili sono tutti quelli che sono rimasti a guardare seduti comodamente nei loro salotti per poi infierire su chi si è battuto in prima linea.
Molte cose erano criticabili di Rivoluzione Civile: il simbolo, il nome del candidato che giganteggiava, la scelta del candidato stesso, i nomi nelle liste e le modalità di selezione. Lo hanno detto in tanti, anche quelli che hanno passato due mesi a volantinare e attaccare manifesti, che hanno costituito i comitati elettorali e che hanno fatto i rappresentanti di lista (compito quest'ultimo estremamente ingrato, quasi imbarazzante, visti i risultati). La differenza fondamentale è tra chi ha pensato alle idee e chi a nomi e simboli, tra chi ha pensato al popolo e chi alle proprie vendette personali.
Da una parte quindi c'è chi si è speso per Rivoluzione Civile perché ha capito che il momento del paese richiedeva la nostra presenza, richiedeva le nostre idee, le nostre lotte e le nostre proposte. Dall'altra chi è rimasto fermo perché “Il nome Ingroia è troppo grosso, e poi nero!”, “Mancano la falce e il martello”, “Non c'è scritto comunisti”, “Avete messo Di Pietro al posto di Agnoletto” (anch'io avrei preferito Agnoletto, ovviamente, ma non è questo il punto), “Non mi piace il font con cui è scritto Rivoluzione Civile”, “L'arancione mi dà noia agli occhi”, “Il tredicesimo candidato della Puglia ha una foto del nonno vestito da balilla”, “Con l'ottavo candidato in Toscana ho litigato ai tempi delle medie”, e così via.
Così facendo si sono anteposte le persone alle idee, dimostrando di essere ormai permeati da quel personalismo della politica che si criticava, giustamente, polemizzando sul nome di Ingroia scritto sul simbolo di RC. Dire “Io non voto RC perché ci sono Di Pietro e Diliberto” equivale a dire “Io voto Renzi” o “Io voto Berlusconi” o ancora “Io voto Grillo”. Bisogna smettere di chiederci chi vogliamo o non vogliamo al comando e cominciare a chiederci cosa vogliamo che chi è al comando faccia per il nostro paese, e Rivoluzione Civile di cose buone ne voleva fare, eccome. Chi è rimasto in poltrona a fare lo schizzinoso ha consegnato il paese alle ambiguità del centro-sinistra, alle furfanterie del centro-destra, agli inetti (in senso letterario, non si offendano) grillini, all'inossidabile Monti, che governa avendo perso le elezioni. Chi è rimasto in poltrona ha fatto deragliare l'unico treno che portava a casa perché sporco, affollato e in ritardo, ed ora siamo tutti sulla banchina vuota, demoralizzati e costretti a metterci in cammino per capire cosa fare nei prossimi mesi.
Ma il problema dell'Italia non sono i prossimi mesi, è il domani. Domani chiuderanno altre imprese, domani altri lavoratori saranno licenziati, domani pensionati e disoccupati non sapranno come tirare avanti, domani nuove privazioni colpiranno come sempre i più deboli. Domani gli intellettuali, i profeti molto acrobati della rivoluzione, i bastian contrari, i puri esponenti della società civile, saranno seduti comodi, come sempre, nei loro eleganti salotti.
Immagine tratta da www.ioarte.org