Il gioco dei numeri e della partecipazione parla di un flusso di circa 50 mila persone, altri di 20/30 mila presenze ma non è questo sicuramente il punto. Sono anni in cui attraversare le piazza costituisce già un rischio e presenta difficoltà oggettive, anni in cui la partecipazione alla vita democratica del Paese è stata completamente affossata da discorsi tra (pseudo)intellettuali avvolti da quel retrogusto da bar sport che, francamente, ha stancato.
Motivazioni che tengono ad evidenziare criticità notevoli per “popolare” strade e piazze, affossando il dibattito referendario su talkshow e speciali da prima serata. Dietro un teatrino che fa dello squallore il suo campo, c'è un Paese che chiede risposte reali in merito ai bisogni essenziali della vita di tutti i giorni.
Veder quindi sfilare uomini e donne che difendono i loro territori, i movimenti per la casa, i collettivi studenteschi insieme a lavoratori e precari rappresenta sicuramente di per sé un'ottima base di riflessione da cui è necessario ripartire già ad urne chiuse il 5 mattina.
Fa quasi tenerezza pensare che avvoltoi professionisti aspettassero lo scontro e il tafferuglio per riportare in prima pagina il mostro violento da combattere ed emarginare, come se la violenza fosse solo quella fisica e non quella scritta con una penna o detto a voce nei salotti “buoni” della politica italiana.
Un corteo pacifico, sfilante su un percorso complesso e di difficile lettura (piuttosto lungo) con tutti gli attivisti impegnati ad evitare che si scadesse nello “spettacolo” che tutti aspettavano, in primis proprio il Premier Matteo Renzi.
Quello che è sceso per le strade della Capitale domenica pomeriggio è invece stata una risposta più o meno compatta, alle non risposte e alle menzogne che un qualsiasi “primus inter pares” non ha mai voluto dare.
Il Paese è allo sfascio, cade a pezzi (in tutti i sensi) e la necessità di qualcosa di diverso in effetti è percepita. Essenziali e decisamente “conflittuali” poi sono state le parole pronunciate dal palco all'arrivo in Piazza del Popolo da parte di Luigi De Magistris e Nicoletta Dosio, quest'ultima ancora una volta disobbediente rispetto ad un ingiusto provvedimento restrittivo a suo carico all'interno della repressione valsusina, mentre il Sindaco di Napoli acclamava il corteo e pronunciava parole di sfida al sistema mafioso che attanaglia tanti e tante.
La chiusura, con esibizione annessa, degli artisti per il No, tra cui: 99 Posse, Radici nel Cemento e Assalti Frontali (usciti con il loro ultimo album) abbracciava la fine di una bella giornata.
La stampa mainstream ovviamente bypassava tutto, in alcuni casi battendo poche righe e circoscrivendo il tutto con pochissime parole, in altri dichiarando all'inizio della mattinata che quella fosse la piazza dei 5 Stelle, in altri casi ancora citando fermi di persone pericolosamente armate (un padovano), e lanci di uova (mai visti ndr), il capolavoro poi va al Corriere della Sera che prodigante ad asserire che la manifestazione è risultata pacifica per l'alto dispiegamento di forze sul campo (circa 800 in tenuta antisommossa). I
l travisamento totale della realtà, perchè le penne e le parole colpiscono e fanno molto male. I professionisti della violenza evidentemente pullulano in redazioni di alcuni giornali di questo Stato.
Non è assolutamente un caso se ci sono paesi del cosiddetto “terzo mondo” che presentano una libertà di stampa maggiore della nostra. Oltre il referendum, è necessario pensare ad un paese libero, ma per davvero.