Domenica, 08 Gennaio 2017 00:00

Nausea postreferendaria

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Durante i classici festeggiamenti stagionali l'Autore si è trovato – per sua somma sfortuna – a ragionare di questo autunno-inverno italiano. Seguendo un po' di pensieri in libertà, ovviamente viene in mente il referendum dello scorso 4 dicembre. Lasciando in pace il risultato, che può piacere o meno (e all'Autore è piaciuto) ma ormai è un dato storico che lascia il tempo che trova, viene naturale rapportare quel risultato alla situazione attuale.

Dopo le dimissioni di Renzi si è insediato come è noto un governo presieduto da un personaggio di seconda fila come Gentiloni e composto più o meno dai soliti personaggi in cerca d'autore. Questo passaggio, di per sé abbastanza ovvio ed emozionante solo in quanto ha rammentato a chi scrive l'esistenza del – certamente essenziale, considerando che il neoministro ha poco dopo ricevuto un avviso di garanzia come un Marra qualunque – Ministero dello Sport, ha fatto venire la schiuma alla bocca a uno schieramento divertentemente eterogeneo che va da Grillo a quello che rimane della Sinistra radicale, tutti uniti sotto il labaro delle elezioni subito, al massimo aspettando (con che governo? Con un Renzi bis? Misteri della fede...) la sentenza della Consulta sugli aspetti controversi dell'Italicum. Ma con quale legge elettorale? È presto detto: grazie all'arroganza e all'assurda irresponsabilità dei renziani e dei loro sodali nello scorso governo l'Italicum semplicemente non prevede il Senato. Andare ad elezioni dopo il pronunciamento della Corte Costituzionale equivarrebbe ad andare ad elezioni con una creatura di Frankenstein composta dai resti dell'Italicum per la Camera e il proporzionale per il Senato, garantendo al Paese un caos da basso impero e nella migliore delle ipotesi un governo monstre sostenuto da una maggioranza abborracciata uscita da una variante di una legge elettorale a suo tempo contestata da tutti. A chi gioverebbe? Sicuramente non al Paese, forse ai Salvini e ai Grillo, che sicuramente apprezzano l'idea di governare sulle macerie e di poter eventualmente addossare la colpa di un fallimento al disordine legislativo-elettorale lasciato in eredità da Renzi.

Non gioverebbe alla sinistra radicale, che tutti i sondaggi danno arrancante attorno al 4%-5% complessivo. Ma d'altro canto cosa potrebbe giovare a forze politiche divise tra loro da odii settari incomprensibili ai più e litigiose all'interno, addirittura spaccate – è l'esempio di quello che era SEL e non è ancora SI – tra chi sogna una improbabile seconda venuta del centrosinistra, sulla scorta di ex sindaci in pensione scopertisi improvvisamente oracoli ulivisti, e chi altro non vorrebbe che cullarsi in un'austera autosufficienza magari condita da ridicole svolte “populiste” o stantie pretese di superiorità morale? E che dire degli innumerevoli appelli, con evento collegato, circolati nell'immediato post-referendum... Non c'è nulla da fare, ora come nel 2008 la sinistra radicale si blocca e si spacca di fronte ad una semplice domanda: a chi vuole parlare? E che cosa vuole dire? Nel mentre i pochi aficionados che nel giro di un decennio hanno votato l'Arcobaleno, la Federazione della Sinistra o Sinistra e Libertà, Ingroia o Sinistra Ecologia e Libertà, l'Altra Europa con Tsipras (chi?), le decine di liste più o meno riconoscibili alle Regionali aspettano Godot, o più probabilmente restano a casa a curare un certo senso di disorientamento.

Mentre il dibattito politico-mediatico scende a nuovi imbarazzanti livelli, con Salvini disposto a sostenere un ritorno del Mattarellum, Berlusconi che dopo aver premuto per anni per il sistema più maggioritario passibile si scopre proporzionalista, i grillini che non riescono a stare dietro alle capriole del loro dominus, Renzi che, dopo aver subito cotanta sconfitta, come un anziano di fronte a un cantiere pensa di poter dettare le condizioni di ogni progresso dei lavori, il Governo senza qualità di Gentiloni non sembra in grado di spingere gli apprendisti stregoni in campo ad arrivare a una soluzione condivisa almeno sulla legge elettorale.
Referendum o meno – quindi al di là del crollare dell'effimero sistema post-berlusconiano – l'imputridire del “caso” italiano viene da lontano, e probabilmente va lontano.
Basta gettare un occhio oltre le beghe autoreferenziali. Nel Paese reale si adombra il rilancio dei CIE in ogni regione, proprio mentre forme simili di lager privatizzati per migranti vengono travolti da una nuova ondata di scandali. MPS viene – giustamente, sia chiaro – salvata da un disastro annunciato e destinato a rimanere senza colpevoli, ma ragionare di programmazione macroeconomica, di intervento nel mercato dei capitali e di regolamentazione del settore bancario rimane un tabù a livello europeo e mondiale. I voucher toccano nuovi picchi mentre tutto l'apparato istituzionale sembra impegnato nell'evitare che gli elettori si esprimano nei tre referendum proposti dalla Cgil, invece che in un necessario esame critico della fallimentare politica del lavoro dell'ultimo decennio.
Il vero rischio non è la scalata al potere del “populismo” o di supposte forze “antisistema”, che alla prova dei fatti si dimostrano impantanate nell'autoreferenzialità quanto le forze “sistemiche”, bensì la definitiva rottura tra governati e governati e il definitivo divorzio dei primi dalla realtà. Un'eterna lotta all'ultimo sangue tra galli gettati nell'arena da spettatori vocianti.

P.S.: Una cosa in effetti forse gioverebbe alla sinistra radicale: pensare a mettere in campo una politica radicalmente altra dal putridume del presente. Magari occuperebbe il troppo tempo sprecato a scrivere appelli, a magnificare futuribili “populismi di sinistra”, a parlare della bontà di Putin o del bilancio di mandato di Obama, a come rientrare nelle istituzioni per ricostruire l'Unione di Prodi o se sia meglio per l'imminente transizione al socialismo ispirarsi alla rabelaisiana Abbaye de Thélème o all'Utopia di Moro.

Immagine tratta da http://mellorocks.deviantart.com/

Ultima modifica il Sabato, 07 Gennaio 2017 17:02
Amilcare Cipriani

«Uomo di poche idee, semplici ma ferme».

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