Venerdì, 19 Aprile 2013 00:00

Lavoro: il ritorno dello schiavismo #2 - Lo Stato privatizzato

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Il discorso sulle condizioni lavorative nel settore agricolo del nostro paese va inserito all'interno del contesto economico globale. Infatti, per comprendere la portata e l'intensità dell'attacco alle condizioni lavorative in corso, dobbiamo aver chiaro il processo di riorganizzazione del Capitale. La fine dei vincoli alla mobilità finanziaria avvenuta con l'adozione del dollar standard ha provocato una decisa modificazione del processo di accumulazione del capitale con effetti a cascata anche sulla struttura del sistema economico.

L'accumulazione del capitale diventa prevalentemente rivolta all'attività finanziaria, puntando alla massima redditività priva di scopi sociali, mentre la produzione diventa prerogativa delle grandi corporations che tagliano fuori larghe fette dell'imprenditoria media. Le conseguenze sul lavoro diventano pesantissime e tendono ad avvitarsi in una spirale di distruzione di ogni conquista dal post-rivoluzione francese: precarizzazione del lavoro, governance dei flussi migratori ad uso e consumo del capitale, liberalizzazione e privatizzazione forsennata con destrutturazione della funzione pubblica statale e creazione di ampie zone di libero scambio per sfuggire ad ogni possibile controllo sui movimenti finanziari.

E i lavoratori dipendenti? Si dimostrano impossibilitati ad uscire dalla tenaglia stretta su di loro da un parallelo annientamento della funzione sociale dello Stato e dal sostegno alla privatizzazione e finanziarizzazione del welfare. Il sistema dei fondi pensione, del credito al consumo, del ribasso salariale porta larghe fette della classe proletaria a sostenere le multinazionali che attuano le feroci politiche padronali. L'autoriproduzione del sistema di sfruttamento è così garantita, anzi, incrementata dall'inconsapevole sostegno interclassista dei subalterni.

Paolo Leon ha chiaramente identificato la tendenza alla finanziarizzazione dell'economia globale come “l'altra faccia della debolezza politica ed economica dei lavoratori”.

Lo Stato dunque viene privatizzato, non cessa di esistere, ma come nell'800 torna ad essere pienamente organico al capitale e improntato al controllo dell'ordine pubblico, in una fase di sommovimenti dettati dal malessere creato dalla deregulation economica. 

Così il piccolo produttore diventa bracciante di sè stesso, strozzato dalle corporations.  In ogni caso, a pagare il prezzo più salato resta l'ultima ruota del carro: il bracciante straniero che, costretto da un sistema di accoglienza completamente saltato, deve lavorare per niente, senza contratto e senza casa. La condizione di suddito torna in auge e detronizza lo status di cittadino. È questo il perno utilizzato per scardinare ogni possibilità di difesa del proletariato moderno.

Nel frattempo, il profitto viene raccolto dalle multinazionali che svolgono con sempre maggior rigore l'opera predatoria nei territori del globo. Infatti, se l'altro lato di questa tragedia si svolge nel campo ecologico e ha effetti largamente noti alle comunità scientifiche che studiano l'impatto dello sfruttamento intensivo; rimanendo nel contesto economico possiamo rilevare la comparsa di enormi problemi al finanziamento dell'attività agricola, con la recente emersione anche in Italia del microcredito. Dal 2006 al 2010, si è passati da 331 finanziamenti erogati all’anno(pari a circa 2 milioni 486 mila euro) a 2.202 , solo a fine 2010 i clienti attivi erano 3.964 per un portafoglio complessivo di 21 milioni 638 mila euro (dati: European Microfinance Network).

La destituzione dei sovrani pubblici e l'istituzione di nuovi sovrani privati sovverte la soggezione del privato allo Stato e porta le reti lobbistiche a dominare la politica, in un processo di degenerazione oligarchica della democrazia. Il discorso ideologico neoliberista rappresenta l'emblema di questo processo: il primato dell'economia sulla politica, il dominio della scienza economica (promossa nell'empireo religioso e diventata puro dogma) sulla politica ridotta a mera esecutrice del big business. Basti pensare al concetto di “efficienza”: è assodato che l'efficienza è privata, lo “spreco” invece è pubblico. Tramite questo discorso ideologico il pubblico è semplicemente esautorato dalla direzione politica: ogni “progresso” sarà privatistico.

Quindi, il liberismo non cade dal cielo, ma è frutto di un'attenta pianificazione preparata dalla costruzione del consenso attraverso il discorso ideologico, come già Gramsci fece notare:

“l'intervento statale … è una condizione preliminare di ogni attività economica collettiva, è un elemento del mercato determinato, se non è addirittura lo stesso mercato determinato, poiché è la stessa espressione politico giuridica del fatto per cui una determinata merce (il lavoro) è preliminarmente deprezzata, è messa in condizioni di inferiorità competitiva, paga per tutto il sistema determinato”.

Dunque, assodato che cogliere appieno i rapporti tra Stato e mercato è indispensabile per comprendere il neoliberismo, la lotta al neoliberismo deve avvenire con una riappropriazione dello Stato. Questa riappropriazione dello Stato non può non avvenire che partendo dagli ultimi, ossia dall'inclusione di chi è costretto a pagare il prezzo più alto e si trova escluso pure dai diritti elementari dello Stato liberale. Perdere per strada alcuni settori sociali significa semplicemente perdere forze indispensabili per la costruzione di un ordine veramente inclusivo. Infine, questa battaglia per “gli altri”, soprattutto alla luce degli ultimi dati sull'emigrazione che vedono un aumento dell'emigrazione italiana (+30% nel solo 2012, con preferenza delle mete extraeuropee p. es il ritorno del Sud America oltre che dell'Australia)  diventerà sempre più una battaglia fondamentale anche per “noi”, al fine di proiettare il discorso di classe in un futuro di estrema dispersione.  È molto probabile che la ricollocazione del capitale a livello mondiale vedrà gli italiani ricoprire la figura dell'ultimo in terra straniera, quindi il discorso comunista non può esimersi dal valorizzare la tematica internazionalista oltreché nazionale.

Infine, il M5S ha chiaramente tralasciato gli ultimi dalla sua narrazione politica, concentrando tutto il focus su aspetti puramente superficiali e distanti dall'aspetto materiale della crisi economica. Questo potrebbe essere il punto debole di un movimento politico che nolente o dolente dovrà dare risposte in una fase di collasso dell'economia. Fin qui le risposte economiche per ora solo abbozzate dal M5S, sembrano addirittura apertamente reazionarie: protezionismo, razzismo, corporativismo.

Dunque, lo spazio a sinistra del M5S è aperto ed è uno spazio democratico e aderente alla narrazione politica comunista.

Per rinascere in basso a sinistra occorre battere quella via, la nostra, che ci porterà sempre a dire di poter essere “i democratici più conseguenti”. (Togliatti a E. Fischer, 1937)

Immagine tratta da www.greentagged.com

Ultima modifica il Giovedì, 18 Aprile 2013 18:29
Alex Marsaglia

Nato a Torino il 2 maggio 1989. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla storica rivista del Partito Comunista Italiano “Rinascita” e appassionato di storia del marxismo. Idealmente vicino al marxismo eterodosso e al gramscianesimo.

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