Proprio come durante il nazi-fasciscmo il primo elemento che conduce a ingabbiare come animali degli esseri umani e inneggiare a dar loro fuoco o a farli sparire dalla faccia della terra, è l’annullamento dell’umanità di alcuni gruppi di individui e il loro abbassamento al sotto-livello di parassiti, zecche, microbi contagiosi e pericolosi. Hitler e seguaci “giocavano” proprio su tale metaforologia: la comparazione di ebrei, rom, omosessuali con i parassiti, gli insetti o i ratti delle fogne. Scrive Roberto Esposito:
“La tesi che proverei ad avanzare […]è che la categoria di biopolitica vada integrata con quella di immunizzazione. Perché solamente quest'ultima mette chiaramente a nudo il nodo mortifero che stringe la protezione della vita alla sua potenziale negazione. Non solo: ma identifica nella figura della malattia autoimmune la soglia al di là della quale l'apparato protettivo si rivolge contro lo stesso corpo che dovrebbe proteggere portandolo all'esplosione […] Che sia questa la chiave interpretativa più adeguata a cogliere la specificità del nazismo è, d'altra parte, provato dalla particolarità del male da cui esso ha inteso difendere il popolo tedesco. Non si tratta di una malattia qualunque, ma di una malattia infettiva. Ciò che si voleva ad ogni costo evitare era il contagio da esseri inferiori ad esseri superiori. La lotta a morte costruita e diffusa dalla propaganda del regime è quella che oppone il corpo e il sangue originariamente sani della nazione tedesca ai germi invasori penetrati al suo interno con l'intento di minarne l'unità e la stessa vita. Si conosce il repertorio che gli ideologi del Reich hanno adoperato per raffigurare i loro pretesi nemici e innanzitutto gli ebrei: essi sono, di volta in volta e contemporaneamente, «bacilli», «batteri», «virus», «parassiti», «microbi». […] E, del resto, la caratterizzazione parassitaria degli ebrei fa parte della storia secolare dell'antigiudaismo tedesco e non solo tedesco. Eppure nel vocabolario nazista tale definizione acquista una diversa valenza. E’ come se quella che fino ad un certo momento restava una pesante metafora prendesse realmente corpo. Ciò è l'effetto della integrale biologizzazione del lessico di cui si diceva: gli ebrei non somigliano ai parassiti, non si comportano come batteri - lo sono. E. come tali vanno trattati. Perciò il termine giusto per il loro massacro tutt'altro che il sacrale «olocausto» - è «sterminio»: esattamente quello che si usa per gli insetti, i ratti o i pidocchi. In questo senso bisogna attribuire un significato assolutamente letterale alle parole di Himmler rivolte alle SS arrivate a Char'kov secondo cui «con l'antisemitismo è come con la disinfestazione. Allontanare i pidocchi non è una questione ideologica, è una questione di pulizia» (cfr. A.J. Kaminski, 1997, p. 94)”1.
Theodor Fritsch, uno degli intellettuali antisemiti tedeschi più ferventi, che lo stesso Hitler ammirava, come dichiarò nel 1930, e di cui sicuramente aveva letto l’opera maggiore, Antisemiten-Katechismus, uscita nel 1887 ma in seguito ripubblicata nel 1907 col titolo di Manuale della questione ebraica. In una lettera scritta nel 1884 a Marr – il giornalista che coniugò il termine “antisemitismo” per distinguerlo da quello di “antigiudaismo” di matrice maggiormente religiosa)2:
“Per come oggi è la mia immagine dell’autentico carattere ebraico, non posso accettare l’ebreo come uomo, perché non ci trovo nulla di autenticamente umano. Mi ispiro un po’ alla concezione del mondo teleologica. Dio ha creato gli animali nocivi affinché costituiscano uno stimolo. Dove si accumula lo sporco si moltiplicano gli insetti; per liberarci dai parassiti che ci molestano, dobbiamo cercare di tenere lontano lo sporco. Così insetti costituiscono un incitamento alla pulizia e con ciò la spinta a tutti gli sviluppi ed affinamenti della civiltà. Il distorto intelletto ebraico trarrebbe la conseguenza che occorre onorare e curare gli animali nocivi in quanto portatori di civiltà . Il giusto intelletto dell’uomo trae altre conclusioni. La civiltà non nasce coltivando i parassiti, ma nasce e consiste [= si sviluppa n.d.r.] lottando contro di essi. Qui c’è tutta la mia professione di fede: la missione degli ebrei è di tormentare gli uomini, la missione degli uomini è di schiacciare gli ebrei”3.
Goebbles, dalla sua, parla proprio di “bacillo ebraico”, affermava che “gli ebrei sono i pidocchi della gente civile. Bisogna trovare il modo per sterminarli (Ausrotten) […] Solo affrontandoli con la massima brutalità riusciremo a sbarazzarcene. Se li si protegge si finisce per diventarne vittime”4.
Ecco, qui siamo abbastanza di fronte alla stessa ideologia che sta alla base di gesti aberranti: le due donne rom, come in generale l’etnia rom in generale, sono percepite da una larghissima fetta della popolazione mondiale, come un elemento parassitario, sporco, nocivo, che vive sulle spalle di coloro che invece sono annoverati nella categoria di “esseri umani”. Pertanto la comunità umana deve lottare contro i germi parassitari che infestano la civiltà i membri che ne fanno parte, deve schiacciarli, eliminarli, spazzarli via affinché non la contaminino e non vivano alle spese della collettività. Fa orrore pensare che gente che si definisce “non razzista” approvi e anzi inciti a violenze come quelle cui abbiamo assistito e fa ancora più orrore che gran parte del resto di coloro che si auto-definiscono umani rida alle spalle di quelle scene impietose.
Come già accennato in altri articoli siamo di fronte all’accettazione passiva e “naturale” di un male e di un odio nei confronti di altri individui che è diventato banale e normale, fino ad essere legittimato e a perdere la sua faccia di ferocia e disumanità. Fino a non fare più scandalo, ma anzi addirittura accolto come prova di giustizia e coraggio da parte di chi lo perpetua. Ed ecco che quei lavoratori diventano gli eroi di questo male, o comunque vengono difesi e fomentati a fare ancora più male. Solidarietà ai lavoratori, ha scritto sempre sul suo tweet il leader della Lega. Eppure non c’è stata alcuna reazione, né tanto meno denuncia da parte delle istituzioni, delle altre forze politiche e anche da parte dei media o della stampa di quelle affermazioni che a mio avviso sarebbero da recriminare senza alcuno scrupolo come incitamento alla violenza e all’odio razziali.
Se in questa vicenda si può parlare di sub-umanità o disumanità, queste ultime non sono certo da additare alle due donne e all’etnia di cui fanno parte ma ai due lavoratori, a quel gregge di pecore xenofobe che si sbellica di fronte a una violenza così gratuita, vigliacca, umiliante e devastante e a quelle forze politiche che la cavalcano e la strumentalizzano. Nelle urla di quella donna riecheggiano le urla di tutte le vittime dei campi di concentramento. Non dobbiamo mai abbassare la guardia nei confronti di episodi che sono il calco del nazi-fascismo novecentesco e che non devono smettere di aberrare e fare paura. Il male giustificato, anzi, il male che si maschera da atto di giustizia contro quelli che vengono considerati come i nuovi parassiti della società diventa ancor più pericoloso del male che fa scandalo e passarlo sotto silenzio o non dargli il peso necessario, significa rendersene complici. A Follonica l’ “umano” è morto e questa graduale perdita di umanità che però viene tollerata e anzi alimentata perché recepita come eroismo o comunque come qualcosa di normale e di legittimo e giustificabile, di naturale e comprensibile dovrebbe scuotere fin dentro le viscere.
Quando la cornice di intelligibilità e riconoscibilità di un individuo o di un gruppo di individui viene spogliata della propria appartenenza alla categoria di umanità per rivestire quella di parassita, di microbo o di feccia dis-umana ecco che l’individuò o il gruppo di individui, avendo perso la dignità umana (nella percezione comune o comunque di gran parte della comunità), non è più titolare di diritto alcuno e pertanto può essere trattato alla stregua di una bestia, anzi peggio. E per la stessa ragione azioni che se perpetrate verso altri individui darebbero vita a reazioni che le condannerebbero duramente e senza se e senza ma, in questo caso sono ritenute giuste e giustificabili, perché inferte contro esseri inferiori non più annoverabili alla comunità umana. Allora davvero diventa di estrema urgenza tenere gli occhi aperti su questa banalità del male, su questa gratuità del male che lo fa apparire innocuo e, addirittura, doveroso.
1 R. Esposito, Il Nazismo e noi, su www.progettofahrenheit.it/doc/mazzanti/FILOSOFIA/F128/nazismo.doc.
2 http://www.assemblea.emr.it
3 M. Ferrari Zumbini, Le radici del male. L’antisemitismo in Germania da Bismarck a Hitler, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 424
4 N. M. Naimark, La politica dell’odio, cit, p. 93.