Mercoledì, 03 Gennaio 2018 00:00

No Muos: l’antimilitarismo (non) si processa

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No Muos: l’antimilitarismo (non) si processa

Con i suoi 25.711 kmq la Sicilia si erge a ponte di continenti, fin dalle epoche più remote. Terra di mare, vento, bellezze storico-paesaggistiche ma anche (e soprattutto) di guerra o per meglio dire base per la guerra. Sembra quasi un gioco di parole ma non lo è, per la semplice ragione che ne deriva dal suo “utilizzo” in politica estera. Le dovute premesse sono d’obbligo per vicende ormai vecchie sette decadi, che si trascinano tuttavia anni di disobbedienza e dissenso legittimo. L’esempio, forse, più classico lo fornisce la storia del compianto Pio La Torre, ucciso barbaramente da cosa nostra il 30 Aprile del 1982. La Torre, combatté per lunghi anni contro la costruzione della base militare di Comiso (RG), per la quale arrivò a raccogliere milione di firme con relativa petizione al Governo. Il segretario regionale del PCI, fu lungimirante poiché la sua battaglia non si fermava di certo alla questione militare, ma si spingeva più in la, verso la speculazione edilizia.

Sono passati 36 anni da quel sangue innocente, e la lotta antimilitarista connessa con la salvaguardia territoriale ha ripreso vigoria nelle attiviste e negli attivisti No Muos, che da anni si battono contro il grande impianto bellico-satellitare, posto nel bel mezzo di uno degli ambienti più belli dell’isola; la Sughereta di Niscemi (CL). La notizia che ha chiuso il 2017, sa tanto di beffa e si porta via con se grossi interrogativi, per larga parte ancora irrisolti. Saranno chiamati a rispondere nei prossimi mesi più di duecento persone per fatti accaduti tra il 2013 e il 2014; nella fattispecie per due invasioni della base americana M.U.O.S. e uno (50 attivisti chiamati davanti al giudice) per un pic-nic sul prato della medesima opera militare. In tutto 254 persone, un maxi processo mai visto se non in altre e ben diverse circostanze (maxi processo di Palermo, ndr). Un’ ondata che rappresenta solo l’incipit (risultano infatti, alcuni procedimenti già avviati, altri addirittura già finiti) di quello che si prefigura come un vero e proprio braccio di ferro, poiché anche gli stessi attivisti e le attiviste si sono dichiarati parte lesa in un ulteriore processo che vede il Muos imputato per abuso edilizio.

Stranezza, che ci sia un processo penale in atto che vede come parte lesa i comitati No Muos, il Comune di Niscemi, varie associazioni ambientaliste come WWF e Legambiente, mentre quello che balza alla vista di tutti è il filone processuale riguardante le invasioni della base. Tra gli imputati per abuso edilizio abbiamo ex dirigenti regionali come Gullo, un civile americano che avrà il suo processo negli Stati Uniti e le ditte che hanno lavorato alla costruzione del Muos. Tra queste la Gemmo SPA di Vicenza, e la Piazza SRL, quest’ultima ha operato senza la certificazione antimafia, revocata per ordinanza della prefettura e per legami con cosche della zona. Ciononostante gli imputanti risultano essere pochi e non qualificati, sembra quasi che sia tutto di facciata”- queste le dichiarazioni di Fabio D’alessandro, attivista No Muos che a domanda sullo stato dell’arte riguardante i procedimenti cosi ha risposto.
Una situazione paradossale, quindi, che da un lato vede il forte interesse statale e internazionale nella costruzione di quello che dovrebbe essere la sala di comandi delle nuove guerre, dall’altra migliaia e migliaia di uomini e donne schierati a difesa del proprio territorio e per la pace.

Che il Muos sia un’opera invasiva e non adatta al territorio che abbraccia lo certificano eventi quotidiani: basti pensare che lo scorso 31 Dicembre una leggera scossa di terremoto ha avuto come epicentro, la zona che interessa la base americana; dato che di per sé può essere letto come neutro, ma se lo correliamo alla mancanza delle autorizzazioni antisismiche al principio della sua costruzione permette di capire perché la vicenda appare nebulosa (eufemisticamente parlando). Solo così riusciremmo a comprendere perché tanti e tante sono scesi in corteo per difendere quella sughereta; non solo 254 persone ma migliaia tra liberi cittadini, associazioni, gli scout (memorabile una loro danza dentro l’area militare nel 2013), associazioni parrocchiali e così via.

Una vicenda che al netto degli strascichi legali (richiesto un sostegno per il sostegno alle spese legali), vede una grande terra soggiogata dalla morsa della guerra. Non poche centinaia, ma migliaia di individui che hanno detto no alla svendita della loro terra, no alle guerre per esportare la democrazia. Sì ad un futuro diverso.

Immagine tratta liberamente da www.vocidicitta.it

Ultima modifica il Mercoledì, 03 Gennaio 2018 11:15
Andrea Incorvaia

Nato a Locri (RC), il 28 Febbraio 1988, attualmente vivo per studio a Pisa. Sono un allievo specializzando presso la scuola di specializzazione in beni archeologici dell’Università di Pisa, dopo essermi laureato in Archeologia nel 2012. I miei interessi spaziano dall’ambito culturale (beni storico-archeologici soprattutto), alla tutela e alla salvaguardia del paesaggio. Svolgo attività politica nella città che mi ospita e faccio parte di un sindacato studentesco universitario.

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