Giovedì, 12 Ottobre 2017 00:00

Sinistra e popolo (secondo Luca Ricolfi)

Sinistra e popolo

Luca Ricolfi ha uno stile compiaciuto, tipico di chi si pone in maniera provocatoria, perché convinto di dover smascherare un sistema di ipocrisia. Sul Sole 24 Ore è tra le firme capaci di scrivere questioni interessanti, finendo per confessare qualche ingenuità diffusa in quello che potremmo definire l’eterogeneo sistema di pensiero egemone (in cui includere anche le incensate e riconosciute voci fuori dal coro).

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Sabato, 23 Settembre 2017 00:00

Quale processo unitario a sinistra?

Quale processo unitario a sinistra?

1. L’incertezza culturale che sino a tutto agosto ha fatto perdere tempo

I due fattori culturali di quest’incertezza: la complessità della crisi sociale e politica italiana, la vischiosità del rapporto tra posizioni liberal-democratiche ed élites della sinistra politica.

Il primo fattore dell’incertezza è dato da qualità, determinazioni e vissuti popolari della crisi sociale italiana (ma, si dovrebbe aggiungere, dell’intera Europa mediterranea e degli Stati Uniti). In breve, si tratta del quesito se questa crisi risalga semplicemente a una caduta delle condizioni di vita popolari causata dalla perdita di posti di lavoro, dalla precarizzazione della condizione lavorativa, dall’abbattimento dei diritti del mondo del lavoro, dalla gigantesca disoccupazione del Mezzogiorno, dunque risalga un po’ alla storia e un po’ a trent’anni di neoliberismo e di libero scambio incontrollati; oppure se a questa caduta si unisca un ulteriore fattore altrettanto decisivo, quello (recuperando a figure di studiosi che di ciò si occupano anche da tempo) della dissoluzione dei “mondi di vita” popolari e dell’impossibilità di ricostituirli, poiché ogni tentativo in questo senso è automaticamente contrastato dalle condizioni sistemiche create da neoliberismo e libero scambio.

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Giovedì, 10 Agosto 2017 00:00

Dieci anni di crisi

Nel luglio 1979 l’allora Presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, tenne un discorso alla nazione in cui parlò della “crisi di fiducia” che stava colpendo il Paese.

Alla chiusura degli anni Settanta, con la sconfitta in Vietnam, lo scandalo Watergate, due shock petroliferi (di cui il secondo in pieno svolgimento), gli Stati Uniti vedevano appannarsi non soltanto la propria proiezione imperiale ma anche il nerbo industriale che da decenni nutriva il sogno americano. Quel sogno si era già deformato in un grottesco incubo: «L’identità umana», ammonì Carter, «non è più definita da ciò che uno fa, ma da ciò che uno ha. Ma abbiamo scoperto che avere cose e consumare cose non soddisfa il nostro desiderio di significato».

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Giovedì, 27 Luglio 2017 00:00

Prenderla tranquilli

È in avvio, basta dare una scorsa ai massimi quotidiani o ascoltare la RAI, una campagna orientata in più sensi: a fare di Pisapia il martire unitario di una sinistra settaria e tutta orientata a fare fuori il povero Renzi; a fare quindi della rottura operata da Pisapia nei confronti di questa sinistra un atto di legittima difesa; a espungere le posizioni politiche e gli obiettivi politici che hanno portato Pisapia alla rottura; a espungere il fatto che Pisapia ha tentato per tre mesi l’appropriazione di Articolo 1, il pensionamento politico delle sue figure fondamentali, la costruzione di un organismo centrale alle sue strette dipendenze, l’esclusione (altro che “insieme”) dal riaccorpamento a sinistra di referendari, Sinistra Italiana, Possibile. Passerà.

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Mercoledì, 12 Luglio 2017 00:00

Alla vigilia di una renziana svolta populista

Dal monetarismo di destra neoliberale al neopopulismo europeo di destra: la metamorfosi in gestazione di Matteo Renzi. Alla quale va reagito in modo serio e adeguato

Non mi pare che si stia prestando attenzione adeguata ai passaggi in corso negli orientamenti e nei comportamenti di Matteo Renzi: pesantemente attardati come siamo dal tentativo di fare di Pisapia la figura che miracolosamente ci condurrà alle prossime elezioni a un risultato a due cifre, quindi attardati da uno sforzo teso a fargli emettere qualche sillaba di sinistra sulle questioni che interessano le classi popolari, e di conseguenza condizionati dalla necessità di una periodica elencazione di obiettivi socio-economici immediati a copertura di un ritardo sempre più grave in sede di creazione di un programma formale di partito.

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Venerdì, 16 Giugno 2017 00:00

Venti che soffiano in Europa

Soffiano in italia e in altri paesi d’europa venti e venticelli nuovi e importanti

La tornata elettorale dei giorni scorsi in molti paesi europei indica alcune tendenze e apre al tempo stesso molti interrogativi. Il contesto politico italiano e, per quel che si è visto, i contesti politici di Francia e Regno Unito stanno subendo modificazioni rilevanti, e ciò sta accadendo anche in Italia, benché in forma più ridotta e più confusa. Cosa si
può tentare di ipotizzare. A me pare che siano in campo più modificazioni degli umori dell’elettorato popolare.

In Italia una tendenza sembra essere quella dell’esaurimento della crescita del voto alle formazioni ululanti della destra fascistoide e del parallelo declino del voto al Movimento5Stelle. La crescita, per un certo tempo impetuosa, del consenso popolare a queste formazioni risultava creata dal loro recupero dei titoli dei temi che assillano o indignano le classi popolari, e l’intendimento che essa si proponeva era la punizione delle formazioni tradizionali di governo, data l’assiduità delle loro politiche antisociali, per di più estremamente brutali nella crisi sistemica di questi anni. Lo stesso è valso a lungo in Francia. In queste settimane, tuttavia, Marine Le Pen è stata stoppata alle elezioni presidenziali e poi fortemente ridimensionata al primo turno delle elezioni parlamentari, non avendo saputo unire alla denuncia del disagio sociale della maggioranza dei francesi un programma che avesse il senso dell’utilità. E lo stesso è poi accaduto al primo turno delle elezioni amministrative italiane, alle quali il Movimento5Stelle è stato travolto a causa del flop delle sue esperienze amministrative, del primitivismo e delle urla dei suoi esponenti, delle buffonate di Grillo.

È un po’ quello che succede in pubblicità: la dichiarazione che il tuo detersivo lava più bianco del bianco mentre gli altri detersivi lasciano macchie e patacche può risultare lì per lì credibile: ma poi quando ti accorgi non una volta ma continuamente che quel detersivo apre buchi nelle mutande cambi marca. È questa stessa, inoltre, la cosa in precedenza avvenuta a danno del PD di Matteo Renzi, inciampato, dopo averne fatte di ogni, in quel referendum costituzionale che doveva avviare un millennio di governo. Sicché quel che mi pare di ravvisare è, prima di tutto, una nuova tornata del peregrinare della parte disorientata dell’elettorato popolare, sia italiano che di altri paesi europei.

Ascrivo invece il flop dei conservatori di Theresa May alle elezioni parlamentari del Regno Unito a un altro tipo di tendenza popolare, anch’essa montante da relativamente poco tempo: la paura di un disastroso salto nel buio, ovvero la paura che la Brexit porti a forti danni economici e sociali, vale a dire, tramite la caduta del valore relativo della sterlina e conseguenti processi inflativi, alla caduta del valore di pensioni e risparmi, a ulteriori peggioramenti della condizione lavorativa popolare e delle prestazioni, già malmesse, del welfare, a ritorni della crisi e della perdita di posti di lavoro, ecc. Lo stesso fenomeno, inoltre, ha cominciato a operare anche altrove, senz’altro in Francia e in Italia. Anche questo dunque è da trarre dai recenti risultati elettorali in questi paesi: la paura del salto nel buio. Infine è probabilmente questa la ragione del ritorno di credibilità, che era apparsa declinante, di Angela Merkel in Germania. Quando si tratta soprattutto di votare a dispetto per la Le Pen, Matteo Salvini, Grillo, Frauke Petry non ci si pensa, nel senso a questo tipo di voto è presupposto che di sconquassi gravi comunque non ce ne saranno, tutto continuerà, certo male, ma come prima. Ma proprio il tentativo di Brexit della May ha indotto altrove in Europa la paura del salto nel buio. E lo ha indotto nello stesso Regno Unito: dato il programma sociale lacrime e sangue che la May ha accompagnato alla Brexit, dato il cattivo andamento dell’economia, che sta constatando la delocalizzazione in Irlanda e negli Stati Uniti di banche, fondi di investimento, sedi centrali di multinazionali, dato infine il rischio della secessione della Scozia (e del suo petrolio). Voto a dispetto e paura del salto nel buio costituiscono in certa misura un’antitesi: il carattere anche emotivo delle scelte elettorali può però far sì che coesistano nel medesimo individuo, e che a seconda delle circostanze prevalga in egli un tipo o l’altro di scelta. Insomma come diceva Mao “il disordine è grande sotto il cielo”, dunque “la situazione è eccellente”.

Io in verità non sono molto sicuro che oggi sia questa la situazione: però non è neanche il caso di esagerare in pessimismo. Ciò che la situazione sarà dipende dall’enorme quantità di cose di tutti i tipi che avverranno nella vita nella sua interezza delle popolazioni europee: e dentro all’enormità delle cose qualche elemento suscettibile, non dico di rendere eccellente la situazione, ma di migliorarla sensibilmente,e, come avrebbe detto Napoleone Bonaparte, poi vi vedrà, è venuto montando. Ecco infatti un ulteriore dato dei mutamenti degli umori popolari: il ritorno del loro sguardo a ciò che avviene nella sinistra politica, essendo essa non più portatrice tutta quanta e a larghissima maggioranza di politiche antisociali, oppure, più recentemente, dalla propria decomposizione e dalla propria semiestinzione, ma anche da ignificativi ritorni a sinistra, cioè al  proprio mestiere precedente di rappresentanza delle richieste popolari e di attivazione di mobilitazioni e di lotte er l’affermazione istituzionale di queste richieste.

Il successo di France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon e quello nel Regno Unito del Labour di Jeremy Corbyn hanno parlato chiaro in questo senso, e a suo tempo aveva parlato chiaro la vittoria in Grecia della Syriza di Alexis Tsipras. Hanno inoltre parlato chiaro fatti come il disfacimento di partiti i cui gruppi dirigenti si erano venduti, quali il PASOK greco, il Partito laburista olandese, il Partito socialista francese, a cui inoltre hanno corrisposto corposi successi delle sinistre dei relativi paesi. Una lezione analoga è  venuta dagli Stati Uniti, nella forma della straordinaria ascesa nel Partito democratico del socialista Bernie Sanders. È di eccellente augurio, ancora, il voto quasi plebiscitario a Corbyn dei giovani e del lavoro intellettuale, quello di giovani e di donne a Sanders, ecc.

Si può realisticamente tentare di percorrere questa strada di rifacimento della sinistra anche in Italia? A seguito ell’entrata in campo di Articolo 1? Punto Rosso pensa che la risposta sia sì. Ma alla condizione, per così dire, che vi crescano più rapidamente alcune convinzioni e alcune pratiche. Si tratta di questo: che occorre, primo, operare all’unità d’azione quanto meno in sede elettorale tra le forze attuali più dinamiche della sinistra (Sinistra Italiana, Possibile, ecc.); secondo, passare finalmente a una struttura organizzata capace di operare sia a livello locale che su larga scala, disponendo di sedi, democrazia, capacità di rapporto con popolazioni, luoghi di lavoro, luoghi di studio, collettività di movimento, ecc.; terzo, porre fine a quella curiosa attitudine della sola sinistra italiana nel mondo che è l’attenzione ossessiva verso ciò che avviene in un “centro” politico, sociale, culturale più fantomatico, nel modo altisonante in cui si autorappresenta, ed è rappresentato dai media liberali, che reale. A Milano, per esempio, dove risiedo, è ben piccola cosa, oltre che incerta e confusa sul terreno dei contenuti sociali e degli orientamenti politici; non so altrove in Italia. Non che debbano essere ignorati o snobbati quanti tengano a porsi politicamente al “centro”: anzi si tratta da parte di Articolo 1, a nostro avviso, di cooperare con essi nel modo più stretto e leale. Si tratta anche per questa via di portare le classi popolari a unire saldamente alle proprie richieste storiche di emancipazione sociale le richieste di movimento, altrettanto urgenti, in tema di diritti civili, migranti, ambiente. Ma ciò che soprattutto servirà alla ricostruzione di una sinistra politica italiana credibile a livello di classi popolari, radicata in esse, da esse sempre più votata, è di risultare chiarissima e inequivoca sul terreno di un programma e di intenzioni di classe; è di risultare definitivamente emancipata rispetto all’ossessivo vaniloquio massmediatico liberal e “centrista”; è di risultare capace di costruire un’egemonia solida di popolo nei confronti delle quote democratiche e civili delle classi medie. Se non sarà così, avremo sprecato l’ennesima occasione.

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L’orizzonte della sinistra unita: ma chi guarda più al Sole?

Clima politico incandescente nel nostro paese. In questi giorni si sta marciando a ritmi serrati verso l’approvazione della riforma elettorale, frutto del compromesso dei maggiori partiti presenti in Parlamento. Chissenefrega se c’è un governo che dovrebbe portare a termine delle leggi come la confisca dei beni ai corrotti equiparati ai mafiosi, la legge sul fine vita e tutte quelle riforme di cui Renzi si vanta ma che decide di abbandonare. O almeno questi sono i segnali di queste ultime settimane. Approcciandomi in toni colloquiali, confesso che sto scrivendo queste righe con quella nausea che non provo nemmeno quando per la mia tesi leggo testimonianze di stupri e fosse comuni balcanici.

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Ci siamo permessi di riprendere questa riflessione, pubblicata su www.articolo1mdpfi.it, con l'idea di provare a riprendere questo ragionamento sul nostro sito nelle prossime settimane.

L’attuale fase del capitalismo ci consegna il sogno infranto della crescita inclusiva, che ha costituito la base materiale dello sviluppo postbellico e delle socialdemocrazie occidentali e ci pone davanti ad uno scenario incerto dove i capricci e le priorità dei mercati finanziari prevalgono sul bisogno di rilanciare l’economia reale, e con essa, la promessa realizzabile di un benessere più diffuso e inclusivo, al punto tale da colpire nella sostanza la tenuta democratica del nostro paese.

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Mercoledì, 03 Maggio 2017 00:00

Tout va mal, Madame la Marquise!

Tout va mal, Madame la Marquise!

Controlacrisi.org ha pubblicato in rapida successione tre articoli sulle elezioni francesi, dei quali l’ultimo a firma di Rossana Rossanda, che nonostante il mio personale apprezzamento per Controlacrisi.org non condivido affatto. In particolare quello della Rossanda esprime alcuni giudizi che mi lasciano del tutto perplesso.

In estrema sintesi quattro almeno non mi convincono e non resistono alla prova dei veri dati elettorali:

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Scomposizioni e ricomposizioni. Acque mosse per il centro sinistra?

Doppia scissione nelle sinistre parlamentari: lascia il Pd una parte della minoranza, mentre il congresso di SI si chiude con l’uscita dell’ala destra e della maggioranza del gruppo alla Camera. Ancora da definire le identità delle nuove formazioni o, forse, di una formazione unica (dopotutto sia Scotto sia i fuorusciti dal Pd sono ex Ds). Al di là dei punti di convergenza (l’opposizione netta a Matteo Renzi e il vagheggiamento di un “nuovo centrosinistra”) resta da sciogliere il nodo del rapporto con il Governo Gentiloni.

Se la divisione di SI rischia di essere un fenomeno tutto sommato poco influente – le intenzioni di voto per Si unita sono al 3-4% – è invece da vedere se gli scissionisti Pd riusciranno a ritagliarsi un qualche peso politico o finiranno, come tutte le promettenti scissioni passate (Api, Fli, Ncd…), per ridimensionarsi drasticamente. Di certo Renzi sembra soddisfatto di essersi liberato di un peso dentro il partito, riuscendo anche a provocare una scissione nella scissione con la permanenza nel Pd di Michele Emiliano.

Pubblicato in A Dieci Mani

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