Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.
Con i decreti legge Minniti-Orlando del 2017 tutto questo trova piena realizzazione: “Daspo urbano” e militarizzazione delle città, “grazie” agli accordi con la Libia (e qui non stiamo a sottolineare la situazione di caos presente in questo paese, in cui intere zone sono sotto il controllo di milizie armate), “i respingimenti in mare diretti e «per procura» alle autorità libiche diventano uno strumento ordinario di controllo degli ingressi”1, così come i trattenimenti nelle carceri libiche (in cui i diritti umani non vengono minimamente rispettati).
In un libro di venti anni fa, intitolato L’injustifiable (“L’ingiustificabile”), l’autrice Monique Chemillier-Gendreau1 notava un paradosso in seno alle politiche europee: l’estendersi dei diritti dei cittadini europei andava di pari passo a un restringimento dei diritti e delle possibilità offerte ai non europei, al punto che si può parlare di “un declino dei diritti fondamentali degli stranieri in Europa”2.
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Insistere sulla criticità delle teorie queer significa anche controbattere alla campagna contro la cosiddetta ideologia gender.
Il 19 ottobre negli spazi dell’ex Libreria delle Donne – adesso diventata Biblioteca Femminista – di via Fiesolana 2b, a Firenze, Lorenzo Bernini, professore associato di filosofia politica presso l’Università degli Studi di Verona, co-fondatore insieme ad Adriana Cavarero – e ora direttore – del Centro di ricerca PoliTeSse (Politiche e Teorie della Sessualità), ha presentato il suo ultimo libro, Teorie queer. Un’introduzione.
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Purtroppo, come ha spiegato e mostrato Fiorella Tonello, i media contribuiscono massivamente e in maniera invasiva alla creazione e alla propulsione di stereotipi di genere e a costruire immagini, modelli, canoni che diventano vere e proprie gabbie che ci costringono ad assottigliarci (anche nel vero senso fisico del termine, si pensi alla magrezza ostentata in televisione o nelle riviste per quanto riguarda i corpi femminili) per potervi entrare; diventano termini di misura e paragone per trovare un posto all’interno della società e per sentirsi da questa accettati.
Comunicazione in rete, riflessioni a piede libero – parte II
Quello che, secondo chi scrive, sembra accadere tendenzialmente sul web non è un dibattito virtuoso in cui vengono esposti, spiegati, confrontati in maniera civile, due o più punti di vista contrapposti, ma è una gara a chi urla più forte contro il capro espiatorio di turno.
Nell’ambito della manifestazione “Firenze Libro aperto 2018”, festival dell’editoria che si è svolto da venerdì 28 settembre a domenica 30 settembre presso gli spazi della Fortezza da Basso e che ha visto la presenza di illustri ospiti come Stefano Benni, Nanni Moretti, Marco Vichi, Fabrizio Gifuni, Daniele Vicari, Roberto Vecchioni e molti altri ancora, ho avuto l’occasione di assistere alla presentazione di due volumi, “Social linguistica” della sociolinguista e ricercatrice presso l’Accademia della Crusca Vera Gheno e “Disputa Felice”, del filosofo Bruno Mastroianni, entrambi editi dalla Franco Cesati Editori. Questo pezzo prende spunto, ma senza riportare nel dettaglio da questa presentazione per allargarsi a una più ampia e probabilmente troppo vaga e generica, riflessione sul nostro modo di comunicare, in particolare sulla rete.
[N.d.A.: articolo scritto il 24/08/2018, quindi non può tenere conto dei successivi sviluppi che riguardano la vicenda della nave Diciotti.]
La vicenda della nave Diciotti – nave italiana della Guardia Costiera – abbandonata in mare con a bordo, inizialmente, 190 vite umane è l’ennesimo, abominevole atto, di un esecutivo che tiene in ostaggio, o comunque condanna a un limbo liquido degli esseri umani pur di ricevere ogni giorno nuovi like sui social network e qualche punto di percentuale in più nei sondaggi.
La sconfitta culturale della sinistra nelle reazioni alla foto di Josefa
La foto di Josefa, la donna camerunense salvata il 17 giugno dalla Ong spagnola Open Arms dopo 48 ore passate in acqua, ha fatto il giro della stampa cartacea e dei social network, ma anziché impressionare o suscitare un moto di indignazione e di compassione, ha scatenato molti commenti complottistici e sospetti sulla veridicità di ciò che veniva rappresentato.
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