Una notizia tragica ha colpito la Prefettura di Okinawa ma anche il movimento mondiale che si batte per la pace e contro le servitù militari: la morte di Takeshi Onaga avvenuta l'otto agosto. Il Governatore aveva 67 anni e da alcuni mesi stava curando un tumore al pancreas. Presidente della più meridionale delle Prefetture nipponiche pur provenendo dalle fila dei conservatori era stato eletto, nel 2014, con il sostengo di una coalizione progressista ed antimilitarista. Onaga era stato anche dal 2000 al 2014 sindaco della città di Naha, capoluogo della Prefettura.
La metà del personale delle università nipponiche è costituito da lavoratori a tempo parziale e precari. Il dato emerge da una ricerca realizzata dal quotidiano Asahi Shimbun su 751 atenei nel 2017 (659 le università che hanno risposto al questionario). Stando ai numeri i lavoratori a tempo pieno ammontano a 169.458 mentre i part time sono 169.164 (cioè quasi lo stesso numero). Anche tra quanti lavorano a tempo pieno appena il 26,2% (44.401 lavoratori) hanno un contratto a tempo indeterminato.
Giovani, "fancazzisti" o suicidi... tertium non datur?
Il caso di Giada, la ragazza che qualche giorno fa si è suicidata nel giorno in cui avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea, ha generato una domanda: davvero non si può imporre ai ragazzi il rispetto di nessuna scadenza o la “presa in carico” di alcun impegno, pena la paura di vederli soccombere?
Alcuni spunti per una discussione a sinistra
Dopo tante analisi, dopo tante discussioni, dopo tante accuse alla ricerca di colpevoli senza alcuna autocritica, ci ritroviamo di nuovo a commentare una sconfitta elettorale che sconvolge l'assetto del paese: la sinistra in Italia non esiste nelle testa e nel cuore degli italiani. Se anni fa il problema riguardava la cosiddetta sinistra radicale, oggi coinvolge anche il Partito Democratico.
Università gratuita: una questione di diritto all'istruzione
di Niccolò Bassanello e Silvia D'Amato Avanzi
Non poteva non far discutere la proposta, presentata da Pietro Grasso all’assemblea nazionale di Liberi/e Uguali lo scorso 7 gennaio, di abolire le cosiddette tasse universitarie. Immediatamente si sono levate accuse di populismo, non necessariamente argomentate, e più o meno creative difese del modello attuale. È certamente difficile non sospettare il populismo quando la proposta, oltretutto nella forma di frase ad effetto lanciata al pubblico, arriva da una formazione politica che non sembra fautrice di un’idea complessiva coerente con la gratuità dell’università pubblica: oltre ad una proposta facilmente spendibile in termini elettorali come la suddetta, infatti, LeU non fa al momento parola di misure meno popolari ma altrettanto urgenti, come una riforma complessiva in senso democratico dell'istruzione terziaria o un rifinanziamento massiccio delle esauste casse delle università e degli enti di ricerca, nonché del sistema del diritto allo studio. In guerra, in amore e in campagna elettorale tutto è lecito; ma la discussione scatenatasi, per un tema che ogni parte vuol far credere di dare per scontato, ha incendiato fin troppo gli animi – segno, forse, che lo status quo è tutt’altro che sedimentato e pacificato.
I problemi dell'università italiana nell'ultimo atto della trilogia di Smetto quando voglio
Questa settimana abbiamo scelto la realtà e la finzione. Samuele Staderini vi parlerà di quello che sta succedendo nell'università italiana, secondo la sua esperienza. Tommaso Alvisi, invece, ne ha parlato attraverso un film che ha riscosso un grande successo di pubblico e critica. Segnale evidente che questo tema è piuttosto dibattuto nel contesto italiano contemporaneo.
L’uscita del capitolo finale della trilogia di Smetto quando voglio ci porta, inevitabilmente, a fare una riflessione sul mondo della ricerca italiana e sul sistema che la governa. Nei film, chiaramente esagerato (ma non troppo), si vede l’esasperazione di una generazione di ricercatori frustrati che, non potendo contare su alcun sostegno meritocratico, finiscono per scivolare nel delinquere per poter portare avanti la loro ricerca (e sopravvivere economicamente). Ma come si vive realmente nel sistema della ricerca italiana? È davvero così che il Bel Paese tratta le sue risorse intellettuali migliori?
I problemi dell'università italiana nell'ultimo atto della trilogia di Smetto quando voglio
Questa settimana abbiamo scelto la realtà e la finzione. Samuele Staderini vi parlerà di quello che sta succedendo nell'università italiana, secondo la sua esperienza. Tommaso Alvisi, invece, ve ne parlerà attraverso un film che ha riscosso un grande successo di pubblico e critica. Segnale evidente che questo tema è piuttosto dibattuto nel contesto italiano contemporaneo.
Smetto quando voglio: ad honorem ****
(Italia 2017)
Genere: Commedia
Regia: Sydney SIBILIA
Sceneggiatura: Sydney SIBILIA, Luigi DI CAPUA, Francesca MANIERI
Cast: Edoardo LEO, Valeria SOLARINO, Valerio APREA, Luigi LO CASCIO, Stefano FRESI, Paolo CALABRESI, Pietro SERMONTI, Libero DE RIENZO, Greta SCARANO, Neri MARCORÈ, Lorenzo LAVIA, Marco BONINI, Peppe BARRA
Fotografia: Vladan RADOVIC
Durata: 1h e 36 minuti
Produzione: Fandango e Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Uscita: 30 Novembre 2017
Frase cult: È stata la banda. Quelli non perdono mai. Neanche vincono eh, però il cazzo lo rompono sempre.
"In questi ultimi giorni l’immagine dell’Università che viene delineata dai giornali non è delle migliori. Però la riuscita di questo evento ci mostra come questa produca tante cose positive: la riuscita di questa terza edizione del Career Day, con l’altissimo numero di utenti, mostrano il bello della nostra comunità”.
Con queste parole il Rettore dell’Università di Firenze Luigi Dei ha dato il benvenuto alle migliaia di partecipanti al Career Day organizzato per il 27 e 28 settembre da Almalaurea all’Obihall. Parole agghiaccianti da qualsiasi prospettiva le si approccino ma che ci permettono di mettere in luce (come se ce ne fosse effettivamente bisogno…) il male del sistema accademico del nostro paese.
Di Leonardo Croatto e Diletta Gasparo
Sono 5444 le firme dei docenti e dei ricercatori universitari che hanno deciso di aderire allo sciopero indetto per la prossima sessione di esami autunnali, durante la quale si asterranno dal far sostenere agli studenti gli esami di profitto durante il primo appello della sessione in questione. La rivendicazione parte dal mancato riconoscimento, per il quinquennio 2011 – 2016, degli scatti stipendiali per docenti e ricercatori il cui rapporto di lavoro è normato dalla legge e non da un Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
Una modalità di protesta nuova, che tra piattaforme che lasciano alquanto a desiderare (almeno nell’opinione di chi scrive), isterismi degli studenti e sberleffi, sta seminando perplessità. Ma proviamo ad andare con ordine.
Con uno degli anglicismi sgangherati cui ci siamo abituati negli ultimi anni il Governo sembra intenzionato a licenziare lo “student act”, nulla di più che una serie di misure cosmetiche riguardo la contribuzione universitaria e il diritto allo studio. Perché cosmetiche?
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).