Lunedì, 23 Aprile 2018 00:00

Giovani, "fancazzisti" o suicidi... tertium non datur?

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Giovani, "fancazzisti" o suicidi... tertium non datur?

Il caso di Giada, la ragazza che qualche giorno fa si è suicidata nel giorno in cui avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea, ha generato una domanda: davvero non si può imporre ai ragazzi il rispetto di nessuna scadenza o la “presa in carico” di alcun impegno, pena la paura di vederli soccombere?

Chiaramente no: sicuramente il gesto della ragazza nasconde chissà quali problematiche, ed è ovviamente da ascrivere alla cronaca. Infatti, la normalità è ben altra; ogni giorno tantissimi ragazzi raggiungono l'obiettivo della laurea, più o meno brillantemente, senza drammi e soprattutto senza gesti estremi. D'altronde è innegabile che nel caso di specie sia avvenuto un corto circuito soprattutto per quanto riguarda il rapporto di (s)fiducia tra la ragazza e i propri genitori. E soprattutto che i tre non siano stati capaci di comunicare correttamente.

Qualsiasi ragazzo sa che iscriversi all'Università presuppone sostenere degli esami, alla fine dei quali ci sarà un ulteriore prova: la discussione della tesi di laurea. Si tratta di un percorso stabilito, che non genera, almeno in teoria, sorprese in chi decide di intraprenderlo. Certo, può capitare di incappare in un esame più ostico degli altri, o in un docente particolarmente esigente o incapace di spiegare. Può capitare anche di non superare un esame, e doversi presentare all'appello successivo. Ma, appunto, può capitare; stiamo descrivendo una situazione di "normale amministrazione". Certamente nessun genitore si sognerebbe mai di "maltrattare" un figlio che non ha superato un appello di esame al punto da indurlo al suicidio. La matrigna di Biancaneve non si incontra a tutti gli usci!

Il punto di partenza fondamentale è che, nel percorso universitario di un ragazzo (così come in altri aspetti della vita), ognuno rispetti i ruoli e gli spazi altrui: in primo luogo la scelta su quale facoltà intraprendere, e addirittura se intraprenderne una, deve essere del futuro studente. Suo infatti sarà l'onere di preparare e superare gli esami! Bisogna tenere a mente che si sta parlando di un "giovane adulto", non di un bambino incapace di intendere e volere. La vita poi è di chi la vive: è inutile che un padre o una madre riempiano la testa del figlio del loro desiderio irrisolto di diventare cardiologi: magari al figlio non interessa assolutamente occuparsi di infarti e quant'altro, ma preferisce ad esempio studiare filosofia. Ma anche se il figlio di uno stimato "principe del Foro" decide che l'Università non fa per lui, ciò non getta assolutamente alcun disonore sulla famiglia, né mette in ombra i successi del padre.

Certo, è umano che vedere un brillante rampollo decidere di "appendere i libri al chiodo" possa portare i genitori a volergli dare una strigliata, e fino ad un certo punto è anche giusto farlo: si può parlare, indagare sulle motivazioni, offrire soluzioni e appoggio pratico. Ma alla fine, se la decisione è "no" non c'è nulla di male. Al giorno d'oggi sembra quasi un obbligo, per un ragazzo che va bene a scuola, proseguire gli studi "a oltranza". Certo, abbiamo in Italia una quota ancora bassa di laureati, ma il modo di ragionare è quello: se sei bravo (e talvolta anche se non lo sei)... "o laurea o morte!" D'altro canto i genitori devono fare i genitori: stare accanto ai figli nel percorso universitario, senza "alitargli sul collo" se vedono che un pomeriggio si rilassa e non pensa ai libri, ma anche pretendendo determinati obiettivi, soprattutto nell'ottica di far capire che nella vita bisogna essere capaci di perseguire degli obiettivi.

Ovviamente "errare humanum est"; se il ragazzo si rende conto di aver sbagliato la scelta della facoltà bisogna lasciarlo libero di cambiare rotta, ma sarebbe opportuno vigilare sulle motivazioni di tale virata: hai preso un 18 ad un esame che non hai avuto tempo o voglia di preparare? Non importa buttare alle ortiche il progetto di diventare architetto; è sufficiente sostenere nuovamente l'esame in questione o impegnarsi di più per quello successivo! Se invece durante il percorso scopri che hai una passione per qualcosa di totalmente diverso nulla vieta di accantonare quello che si sta facendo ed esplorare nuovi sentieri. Magari, se questa “folgorazione” avviene in età matura, possiamo indorare la pillola trovando un lavoro che permetta di non essere "sul groppone" di mamma e papà a tempo (quasi) indeterminato. Non è facile, ma sicuramente ci farà apparire adulti e responsabili.

Quindi la risposta a un caso simile a quello di Giada, fatti salvi i motivi “altri” che sicuramente ci sono, ma non servono a fare lo scoop, non è assolutamente non pretendere nulla dai propri figli, e farli vivere allo stato brado senza vincoli né scadenze. Tanto più che, una volta usciti di casa, sarà la vita stessa a non permettere loro tanta anarchia. Anzi, magari “pretendere” il raggiungimento di alcuni obiettivi, chiaramente proporzionati alla persona, eviterà loro, in un futuro, l'amarezza di non "saper fare nulla" poiché, spinti dai genitori a pensare solamente a divertirsi, non si è approfondito nulla, perdendo anche l'occasione di scoprire qualche talento e/o passione.

Se a un bambino piace suonare il pianoforte un minimo i genitori dovranno insistere perché si alleni, anziché rinunciare a tutto al primo pomeriggio di sole in cui vorrebbe uscire a giocare a pallone con gli amici. Certo, è inutile pretendere di crescere un novello Mozart e legare il bambino alla tastiera, ma si può fargli capire che è possibile conciliare il divertimento con il raggiungimento di un obiettivo: si va fuori a giocare e, una volta che si è fatto buio, si rientra e si dedica un po' di tempo a strimpellare qualche nota. A patto però che sia il figlio a voler suonare, non il papà o la mamma a volere che il bambino voglia suonare! Così facendo i ragazzi cresceranno consapevoli delle loro scelte e consci altresì che gli obiettivi magari costano fatica ma, se sono i propri obiettivi, regalano tantissime soddisfazioni. Magari anche di più di starsene tutto il pomeriggio tra un cartone animato e un altro!

Ovviamente i rapporti genitori/figli mal si riescono a risolvere con "formule magiche" e, altrettanto ovviamente, "del domani non c'è certezza": magari i genitori di Giada hanno fatto tutto ciò di cui si è parlato (e magari qualcosa in più), ma la ragazza ha comunque preso quella disgraziata decisione! Forse però si può "sfruttare" la cronaca per fermarsi un attimo e ripensare quello che è il rapporto tra genitori e figli, tra figli e doveri e anche, last but not least, tra genitori e capacità di far rispettare tali doveri.

 

Immagine ripresa liberamente da pxhere.com

Ultima modifica il Domenica, 22 Aprile 2018 00:00
Elena Papucci

Nata a Firenze il 17 novembre 1983 ha quasi sempre vissuto a Lastra a Signa (dopo una breve parentesi sandonninese). Ha studiato Lingue e Letterature Straniere presso l'Università di Firenze. Attualmente, da circa 5 anni, lavora presso il comitato regionale dell'Arci.

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