L’auditorium preparato per l’incontro si è subito riempito (molti si sono dovuti accontentare di una sala da cui ascoltare l’audio della conferenza): centinaia di persone, dirigenti CGIL, lavoratori e semplici curiosi hanno accettato l’invito di questa importante organizzazione. Per quanto la CGIL possa essere dilaniata da dibattiti interni, per quanto si possa criticare l’operato della sua dirigenza nazionale, qualunque forza politica che abbia la pretesa di occuparsi di lavoro e di difendere i diritti dei lavoratori non può prescindere dalla valutazione delle proposte e dal confronto con la più grande organizzazione italiana, che rappresenta quasi sei milioni di lavoratori.
Molto semplicemente, nel documento che giovedì è stato presentato a livello nazionale, si rimette il lavoro al centro di tutto: il lavoro deve essere il fulcro delle nuove politiche di ripresa. Il lavoro come fonte di soddisfazione, elemento di emancipazione e garanzie di diritti (in questo senso, si propone una riflessione più approfondita sul tema del reddito di cittadinanza).
In primo luogo, per riuscire a fermare il declino che ha travolto la nostra economia e riuscire a costruire un nuovo modello di sviluppo sono necessari una ripresa dell'intervento pubblico ed una seria e completa programmazione di medio e lungo periodo. Una programmazione che cerchi sì di aumentare le esportazioni, ma che allo stesso tempo si concentri sull’elaborazione di una seria politica industriale, sulla crescita di domanda pubblica, sull’investimento in infrastrutture, nuove politiche urbanistiche ed abitative e sulla valorizzazione del nostro patrimonio culturale e territoriale. Non solo politiche che creano nuovi posti di lavoro saranno in grado di risollevare il nostro paese dal baratro economico, sociale e culturale in cui sta lentamente scivolando.
Il documento riporta l’attenzione sul durissimo attacco fatto al welfare sottoforma di tagli agli enti locali e riforma delle pensioni. Il welfare non è un catalizzatore di debito pubblico quanto piuttosto un fattore di sviluppo che non solo può contribuire al risollevamento dell’economia ma anche, soprattutto, il paradigma posto a garanzia di una qualità di vita decente per milioni di italiani.
Come ha affermato anche Manlio Marchetta, docente alla Facoltà di Architettura di Firenze, è indispensabile una riflessione complessiva sul territorio e sulle opportunità che questo fornisce. E la CGIL concorda sulla necessità non solo di uno sviluppo che sia compatibile con l’ambiente, ma anche dell’utilizzo ed del recupero, ad esempio, di immobili di pregio: un’operazione che permetterebbe di riqualificare un patrimonio inestimabile e allo stesso tempo di impiegare lavoratori altamente qualificati. E a questo possiamo collegare la priorità assegnata dal sindacato alla cultura nel suo Piano per il lavoro. La riforma dell’istruzione è posta in cima alle priorità: dopo governi che hanno fatto dei fondi destinati a scuola ed università pubbliche una cassa da cui pescare senza alcuna riserva e che hanno dato gambe al processo di smantellamento del sistema di istruzione pubblico, è fondamentale restituire dignità ai lavoratori della scuola e riconoscere la centralità del settore. Non solo un intervento per contrastare la dispersione scolastica ed portare l’obbligo scolastico fino a 18 anni, ma anche una politica che garantisca l’effettiva gratuità del sistema scolastico e che investa nell’istruzione di alto livello e nella formazione permanente.
Accanto all’attenzione per l’istruzione, è posta anche quella per la cultura. La valorizzazione del nostro patrimonio culturale non è solo un modo per portare rispetto alla nostra storia e per far sì che tutti gli italiani possano trarre il maggior vantaggio possibile dalla ricchezza del Paese che ospita più siti Unesco ma anche un’inestimabile fonte di lavoro. Ed è proprio a conferma della convinzione del fatto che il nostro patrimonio culturale possa dare la possibilità di impiegare lavoratori altamente specializzati che l’unico delegato sindacale intervenuto è stato proprio Silvano Ghisolfi, membro della RSA del Maggio Musicale Fiorentino ma soprattutto uno dei lavoratori che lo scorso 31 dicembre si è visto recapitare la lettere di licenziamento firmata dal Sindaco Renzi.
La strada tracciata dalla CGIL è quindi molto chiara: un piano programmato in tre anni, con obiettivi precisi, da finanziare soprattutto andando a recuperare fondi con una riforma del fisco (un'imposta su grandi patrimoni e ricchezze, come ha ribadito il Segretario Generale Susanna Camusso) ed una seria lotta all'evasione fiscale. Il lancio del Piano del Lavoro avviene bel bel mezzo della campagna elettorale e la CGIL ne approfitta per delineare con chiarezza quali punti ritiene fondamentali. Le difficoltà sorgono nel momento in cui quello che è ritenuto il principale interlocutore del sindacato, il Partito Democratico, raccoglie solo in minima parte gli spunti, andando a disegnare, nella sua campagna elettorale, un programma che di poco si discosta da quello portato avanti dal governo dei professori.
Le premesse del Piano del lavoro sono buone: è necessario però che la difesa dei diritti dei lavoratori resti la priorità della CGIL e si apra una discussione che entri nel merito di come salvare l'Italia con tutte le forze politiche che davvero si mettono a disposizione per un cambiamento.