Venerdì, 11 Maggio 2018 00:00

Sull'uscita degli USA dall'accordo sul nucleare iraniano

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Verrebbe quasi da sorridere, se la situazione non fosse così drammatica, a ripensare a quanti, in occasione dell’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca, prevedevano un mandato in netta discontinuità con quello di Obama, all’insegna di una politica estera meno invasiva e di un totale interesse per le questioni interne agli Stati Uniti.

Nel giro di una sola settimana assistiamo al ritiro ufficiale degli Stati Uniti dal Piano d’Azione Congiunto Globale (vedi qui) firmato nel 2015, in seguito a complessi negoziati, da Iran, Cina, Francia, Russia, USA, Regno Unito, Germania e Unione Europea e all’inaugurazione (prevista per il 14 maggio 2018) dell’ambasciata statunitense in Israele a Gerusalemme, in aperta violazione del diritto internazionale. È difficile non leggervi l’intenzione (soprattutto se prendiamo in considerazione anche il recente bombardamento su suolo siriano sempre ad opera statunitense) la volontà di stringere i rapporti con Israele, facendone, di fatto, come spiega Alberto Negri, il “vero gendarme del Medio Oriente” (leggi qui).

L’accordo del 2015 prevede un controllo sullo sviluppo nucleare iraniano (anche il coinvolgimento dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) e la cessazione, in caso di rispetto delle clausole, delle sanzioni economiche imposte al paese sciita, oramai da troppi anni piegato da una profonda crisi economica dovuta anche alla limitazione degli scambi commerciali. Già da qualche tempo il presidente Trump aveva iniziato a far intuire l’instabilità dell’accordo: al non detto, che affonda le sue radici nella storia e nella profonda opposizione tra fazione sciita (storicamente più vicina ai sovietici) e quella sunnita (ancora oggi guidata dalle petromonarchie del Golfo, alleate strategiche degli Stati Uniti), si era aggiunta poi la pantomima, con qualcosa come mezza tonnellata di presunte prove tra CD e rapporti stampati, ad opera del Primo Ministro israeliano Netanyahu che ha accusato l’Iran di aver violato i termini dell’accordo dell’arricchimento dell’uranio.

La comunità internazionale, come prevedibile, ha accolto con freddezza le accuse, mettendo subito in gioco due pezzi da novanta come Merkel e Macron nel tentativo di dissuadere Trump dal buttare all’aria un accordo che non solo è stato il frutto di anni di negoziato, portando al riavvicinamento dei paesi occidentali con l’Iran, ma che, in caso di fallimento, potrebbe avere conseguenze economiche non indifferenti. Donald Trump ha comunque annunciato l’uscita degli USA: a questo punto il Congresso ha sessanta giorni per decidere come muoversi. Potrebbero essere confermate le sanzioni economiche all’Iran che vigevano prima dell’accordo e che erano legate ai programmi di arricchimento dell’uranio oppure potrebbero esserne elaborate altre, magari legate alle presunte attività di finanziamento di gruppi terroristici sciiti in Medio Oriente (come Hezbollah).

In ogni caso, la situazione si presenta tutt’altro che rosea: l’azione di Trump mira a destabilizzare ulteriormente la polveriera mediorientale, scossa da anni di guerra in Siria e da tensioni sempre più forti. Sarà interessante vedere come agirà l’Unione Europea che, nel suo complesso, ha dichiarato di voler continuare con l’accordo, considerato strategico da un punto di vista economico ma anche politico, ma che dall’altra ha visto Francia e Regno Unito disposti a non tirarsi indietro in occasione del bombardamento statunitense su suolo siriano.

 


 

Immagine liberamente tratta da https://pixabay.com/it/globo-asia-iran-continenti-terra-1029210/
Ultima modifica il Giovedì, 10 Maggio 2018 15:47
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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