Giovedì, 20 Novembre 2014 00:00

A Firenze una Libreria dei Lettori

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Intervista a cura di Chiara Del Corona e Lorenzo Palandri

“I libri sono stati i miei uccelli e i miei nidi, i miei animali domestici, la mia stalla e la mia campagna; la libreria era il mondo chiuso in uno specchio; di uno specchio aveva la profondità infinita, la varietà, l’imprevedibilità.”
Jean-Paul Sartre

La Libreria dei lettori è un piccolo gioiello incastonato nel cuore di Firenze, accanto al teatro della Pergola. È un piccolo paradiso, che ci accoglie con la sua atmosfera familiare, che profuma di casa e dove pare che il tempo si fermi, quel tempo frenetico delle nostre giornate, quel tempo che ci fa correre senza tregua e senza sosta, regalandoci invece un tempo diverso, dilatato, un tempo in cui si può evadere dalla routine caotica e urgente delle nostre esistenze e respirare un’aria diversa, dedicarsi alla lettura di un libro, o al piacere di uno scambio, di un contatto finalmente umano. Qui incontriamo infatti Fiammetta, titolare della Libreria dei Lettori e Gennaro, fondatore dell’associazione Pagine & Costole, che opera in totale sintonia con la Libreria. Entrambi vogliono fornire una risposta, non soltanto di fronte al

dato oggettivo del dimezzamento netto, dal ’94 ad oggi, delle librerie indipendenti tra Firenze e Toscana, ma anche al sentimento di pessimismo dilagante o di rassegnata accettazione che il più delle volte proviamo, passivamente, rispetto a tale stato di cose, senza però riuscire a reagire attivamente. Gennaro e Fiammetta, con il progetto della loro Libreria e con la Campagna Libreria Bene Comune, vogliono invece “ribellarsi” a questo pessimismo inattivo e provare a fare qualcosa di concreto per combattere contro la chiusura delle librerie indipendenti come la loro e contro l’amara rassegnazione, dando vita a un processo di sensibilizzazione, coinvolgimento, partecipazione, mobilitazione e condivisione.

1) Da qualche anno a questa parte si fa un gran parlare di “beni comuni”. Come m è venuta l’idea di definire anche una libreria a questo modo?

Gennaro: Secondo noi una libreria in questo momento è il luogo più proprio per poter ritornare a discutere. Tant’è vero che oggi siamo qui a parlare. A prescindere perciò dal piacere dello stare in libreria, in un momento, per così dire, un po’superficiale, l’impressione è che i libri siano l’unica cosa che mantiene una capacità di ilarità e profondità, forse, una libreria può farlo meglio anche di una biblioteca perché mentre quest’ultima è una funzione pubblica che io cittadino mi aspetto, una libreria necessita di un atto volontario, e anche di costi. Per cui credo che la comunità se può deve fare quello che può fare per tenere in vita una libreria, perché può essere un punto di riferimento anche per ripensare un po’meglio diverse cose dell’oggi. E poi c’è un secondo fattore. In Italia il libro è sempre stato un prodotto per una parte degli italiani, però in certi anni il libro ha cominciato ad allargarsi a molte più fasce sociali. La preoccupazione è che invece ora il libro stia tornando ad essere un prodotto per elite, e questo ci dispiace.

2) Riallacciandosi a ciò che appunto ha finito di dire, uno dei problemi di oggi è proprio quello dell’accessibilità alla cultura. Da una parte, il poco tempo di libertà che rimane più o meno alla maggior parte delle persone, costrette a fare orari di lavoro allucinanti e con stipendi molto bassi fa sì che anche comprare un libro diventa un lusso enorme e un eventuale momento di tregua dalla stressante e pesante routine lavorativa (per chi il lavoro ancora ce l’ha o non lo sta cercando!) diventa un privilegio così raro, che è improbabile che esso sia “investito” nella lettura o in un giro tra le libreria. Dall’altra è pur vero che anche un divoratore di libri, che vorrebbe contribuire al sostentamento dell’editoria italiana, deve comunque avere a disposizione un certo reddito, così che anche l’essere appassionati di lettura comporta un spesa non irrilevante che non tutti possono permettersi. Come fare allora per favorire l’avvicinamento delle persone alla lettura, al dibattito su tali tematiche, alla partecipazione collettiva e allo scambio di idee, consigli e pareri?

Tutto questo indubbiamente è vero. In un momento del genere, tutto quello che sembra uscire fuori “dall’indispensabile” viene un po’messo da parte, ci sono obiettivamente altre priorità. Detto questo io credo che una possibilità per ridurre questo allontanamento, questa separazione delle persone dai libri, sia quella che i libri si facciano vedere sempre di più. Di qui questa nostra iniziativa per il rilancio del problema è anche un invito alle amministrazioni, ai colleghi librai a moltiplicare le occasioni in cui i libri vadano per strada, anche perché la riduzione delle libreria o il fatto che queste molto spesso diventino sempre più inidentificabili – a volte quando entro in una libreria non si capisce se si entra in una libreria o in un caffè o in un ristorante! – , quindi chi non si è costruito un’abitudine di lettore negli anni, fa fatica oggi a diventare un frequentatore di librerie. Oltre al fatto che comunque potrebbe anche non interessargli: nessuno colpevolizza i non lettori – per fortuna nella costituzione non sta scritto che uno sia obbligato a leggere! – ma senza far sentire i non consumatori di libri degli homo sapiens, chi ne ha il potere fa davvero qualcosa per invogliare tali persone alla lettura, per creare occasioni di avvicinamento ai libri?

3) In effetti al giorno d’oggi, viene data sempre meno importanza (anche o soprattutto da un punto di vista economico) alla cultura, agli spazi di aggregazione, allo scambio di idee, e in un comune – il nostro – che ha lasciato chiudere storiche librerie quelli la Martelli o la Edison e punta a trasformare la città in una sorta di “città vetrina” a misura di turista, in cui le librerie che hanno maggior speranza di vita sono i grandi colossi sovranazionali, che come diceva lei, si stanno anche un po’snaturando e perdono l’identità di libreria, come pensate che il progetto di una piccola libreria indipendente possa risultare vincente? Quali sono le carte da giocare che ritenete più efficaci?

Nella nostra campagna di raccolta firme abbiamo interpellato alcuni scrittori che hanno subito aderito (Gianrico Carofiglio, Massimo Carlotto…), uno di questi, Giorgio Vasta, che è anche un attivo intellettuale, ci ha mandato una descrizione della sua idea di libreria indipendente, che trovo molto calzante: lui dice che una libreria indipendente si caratterizza per un’autonoma regia culturale nella proposta che muove; un libraio, se indipendente è quello che può agire in libertà e andare quindi anche controcorrente, diversamente dalle politiche delle grandi superfici librarie, che devono seguire ragioni esclusivamente commerciali, benché certe volte, guardare l’identità di una libreria da un punto di vista solamente commerciale finisce, paradossalmente per non essere affatto commerciale, perché si innescai un regime di ripetitività, noia e di “già visto” che proprio commercialmente non risulta efficace. La soluzione che possiamo immaginare è che paradossalmente, una grande proliferazione di piccole librerie diffuse su tutto il territorio possa creare un’eterogeneità, una varietà che possono disinnescare anche quegli aspetti di noia e del già visto che a lungo andare finiscono per non essere produttivi. E quando parlo di territorio non si deve intendere tanto Firenze, perché a Firenze luoghi dove comprare i libri ci sono, ma esistono tanti comuni della pur“civile Toscana”con 15.000, 20.000, 30.000 abitanti in cui non c’è una libreria, e una realtà del genere nei paesi con cui competiamo – penso soprattutto a Francia, Germania - è assolutamente impensabile. Un ulteriore aspetto è anche una piccola critica nei confronti dei piccoli librai della nostra generazione che sono stati incapaci di creare rete, di stabilire quel minimo di rapporti cooperativi, che, pur in un regime di concorrenza, altre categorie si sono dati. Nello specifico delle librerie, in altri Paesi come Francia, Spagna, Germania, Regno Unito, Olanda.. è abbastanza innaturale che un libraio stia a parte per sé: i librai hanno una comunicazione comune, hanno un sindacato, hanno forme associative che hanno consentito anche di limitare fenomeni di monopolio come quello che può essere il caso Amazon o certi atteggiamenti un po’vessatori da parte degli editori, che in Italia non è successo. Oltre al fatto che dei paesi civili europei – esclusa la Gran Bretagna, non perché non sia civile ma non so quanto sia europea – l’Italia è l’unico paese che non abbia un legge sullo sconto dei libri, che non è una forma di vessazione sui consumatori, ma è una forma di serietà commerciale, di tutela degli stessi consumatori e lo strumento principale per mantenere in vita una rete di commerci librari, o ancor meglio, di commerci indipendenti. Per esempio, in Germania, lo sconto dei libri è vietato; in Francia da molti anni, sotto la presidenza Mitterand, è in vigore la famosa legge Lang, che impedisce di applicare sui libri uno sconto superiore al 5%; la Spagna ha adottato una legge sul prezzo del libro, che non può anche qui essere scontato più del 5%; in Olanda è vietato fare lo sconto. In Italia, che è stata sempre una specie di “terra di nessuno”, da qualche tempo è in vigore una pseudo legge che impedisce di fare uno sconto superiore al 15%, ma con talmente tante deroghe (alcune veramente ridicole: promozione su quella collana, promozione su quegli autori che si chiamano Antonio, ecc, ecc..!) da fare in modo che ognuno faccia quello che vuole. L’ostacolo dichiarato dai legislativi a una vera legge sui libri è quello di non voler creare condizioni di sfavore per il consumatore, ma questa è una bufala, perché quando l’editore stabilisce il prezzo del libro lo fa sulla base dei suoi costi di produzione e di commercializzazione: se questi ultimi costi sono particolarmente espansi, perché devono prevedere quegli anelli distributivi molto costosi (supermercati, Amazon, ecc..)deve metterci lo sconto, finisce per dare al prezzo del libro un prezzo spropositato, più alto di quello che potrebbe essere fatto se non ci fosse il problema di fare questi sconti enormi, così succede che alla fine il consumatore, se gli va bene, paga lo stesso prezzo che avrebbe pagato (e gli si mette pure il fiocchetto che ha avuto lo sconto!), se è sfortunato comprerà quel libro quando non c’è la campagna, ma lo pagherà come se ci fosse lo sconto.. becco e bastonato!

4) Una delle principali peculiarità della libreria dei lettori, è proprio il ruolo rilevante che hanno i lettori nel progetto. In che modo chi legge diviene il protagonista di una Libreria che è un “bene comune”?

Fiammatta: Da quando è nata la libreria abbiamo chiesto agli amici e ai lettori che la frequentano un coinvolgimento e una partecipazione di idee e quindi siamo stati aperti a progetti, iniziative, consigli, che fossero coerenti con l’idea di libreria che noi abbiamo ma che non agiamo in prima persona, ma di cui ci facciamo ospiti e promulgatori. Ma libreria dei lettori anche nel senso che vorremmo che la nostra libreria fosse una sorta di casa per i lettori, far sì coloro che vengono qui si sentano a proprio agio, far sì che sia un punto di riferimento, un angolo di pace, di raccoglimento in cui chi ha un po’di tempo possa farsi un giro tra i libri, soffermarsi a guardarli, a fare due chiacchiere, partecipare a un’iniziativa. Un luogo insomma in cui, chi viene, stia bene, si senta come a casa (non a caso il logo della campagna “libreria bene comune” è proprio quello di una casetta!), perché i libri sono capaci di dare questa sensazione di serenità, di pace, anche nei momenti di turbamento, di stress, ansia, di tristezza, di malinconia, di non sapere dove sbattere la testa, il libro può essere una forma di rifugio, una fonte di benessere, una possibilità, anche solo momentanea, di conforto e “salvezza”.

Gennaro: Vorrei aggiungere qualcosa sulla “mitologia del libraio”: molte persone pensano che il libraio sia uno che ha letto tutto, cosa che non è vera. Però il libraio può avere la funzione di organizzatore di saperi, cioè, può mettere in rete le conoscenze dei propri frequentatori e trovare il mezzo per rendere comuni queste conoscenze e queste strutture. Nello specifico ad esempio, la libreria ha fatto una specie di gioco-concorso, chiamato “narrapedia”, legato al cartellone della Pergola: per ogni spettacolo abbiamo individuato una parola-chiave, per esempio “deformità” nel caso del “Riccardo III” e abbiamo chiesto ai lettori di consigliare titoli di libri che avessero un legame con queste parole-chiavi. Si è creato, in questo modo, una specie di catalogo di svariate centinaia di titoli, a volte totalmente strampalati, altre perfettamente coerenti, che hanno reso visibile cosa significa una libreria partecipata dai lettori. La settimana scorsa sulla nostra pagina Facebook abbiamo chiesto di consigliare libri narrativi letterari ambientati a Firenze e in Toscana: in un’ora abbiamo ricevuto più di trecento proposte!
Fiammetta: Oggi per esempio facciamo un’iniziativa sul tema del tempo e del lavoro e avendo chiesto consigli di letture legate a queste tematiche, abbiamo ricevuto molti suggerimenti, che oltre a essere molto interessanti aiutano anche a capire che se stimolato, la mente del lettore scatta, si attiva, partecipa con vivacità ed entusiasmo.

5) Però l’impressione è che in un mondo sempre più passivo, in cui anche le scelte di lettura sono sempre più condizionate dagli orientamenti del mercato o da fini di vendita, come pensate di poter conciliare l’idea di una cernita più selettiva con appunto questo coinvolgimento del pubblico, molto spesso abituato a leggere best sellers o comunque libri che mirano soltanto a “sfondare”?

Gennaro: Non necessariamente: per una libreria, e per una libreria indipendente (il cui obiettivo comunque deve rimanere quello di vendere libri), la scia dei best sellers non ha molto esito, non tanto per ragionamenti di tipo culturale, quanto per ragionamenti oggettivi, perché l’editoria italiana, come altre, punta su un numero limitato di titoli, che ritiene siano quelli che faranno vivere la casa editrice. Però questo è un fenomeno di superficie, perché è vero che l’ultimo libro di Ken Follett venderà centomila copie, quindi farà circa 250 milioni di fatturato (considerando che costa 25 euro), però lo stesso editore Mondadori, ad esempio, che realizza questi soldi con Ken Follett, che costa un sacco di soldi, lo stesso fatturato lo fa con una somma di titoli del suo catalogo, di cui poi non si accorge nessuno. La libreria indipendente probabilmente deve essere più attenta a questa parte della produzione della grande editoria, che non ai dieci titoli più venduti della settimana, che poi essenzialmente si trovano anche nei supermercati o attraverso la vendita online.

Fiammetta: La libreria deve certamente tener presente tutto il mondo variegato dell’editoria, e anche della piccola editoria, però deve guardare ai cataloghi degli editori e selezionare i titoli dei libri importanti e vari anche dei grandi gruppi, perché non è che i grandi gruppi facciano solo best sellers.

6) E quindi quali sono i criteri con cui scegliete alcuni editori piuttosto che altri?

Gennaro: ovviamente c’è l’esperienza, un tempo abbastanza lungo di conoscenza; poi, ci sono editori che hanno una storia consolidatissima e quindi son sempre da prendere sempre e in assoluto in considerazione, anche se sono i cosiddetti “grandi”. Poi ci sono editori che io non definirei piccoli, che può essere dispregiativo, diciamo editori anch’essi indipendenti: è abbastanza facile leggere se essi hanno un progetto editoriale o se invece stampa quattro libri tanto per stamparli, sulla base di certi fattori: che non pubblichi di tutto e di più (cioè editori che pubblicano tre libri di narrativa, tre di poesia ecc..si capisce che stanno cercando una strada e chissà se e quando la troveranno; editori che hanno imposto autori, cioè capaci di fare un lavoro di ricerca. Tanti autori che oggi hanno la maggiore sono stati trovati, presentati e imposti da editori relativamente minori, quindi se un editore ha fatto più volte “il colpaccio” ovviamente vuol dire che è bravo; un altro elemento a cui far riferimento è la struttura della collana all’interno del catalogo di una casa editrice: spesso in grandi editori – quelli che pubblicano di tutto – ci sono delle piccole collane che sono come delle piccole case editrici all’interno della grande casa editrice.

Fiammetta: C’è il lavoro del responsabile di collana che magari faticosamente si ritaglia uno spazio all’interno della grande casa editrice per portare avanti la sua identità e le sue capacità.

Gennaro: In linea generale ogni libreria ha le sue 50 case editrici d preferenza, all’interno di queste, due o tre collane di preferenza – preferenza che si spera sia il più oggettiva possibile, legata alla qualità, alla storia dei libri e non ai propri gusti personali – all’interno di questo, rispetto allo spazio che c’è a disposizione, alle possibilità economiche della libreria, poi il libraio fa le sue scelte, ma sempre all’interno di un recinto, perché se non fosse così sarebbe impossibile avere una libreria considerata la vastità numerica delle novità che il mercato della conoscenza mette in circolazione: si parla di decine di migliaia di titoli all’anno, centinaia di titoli al giorno. Questo è probabilmente il lavoro di indirizzo, e di scelta e di proposta che la libreria può fare nei confronti del lettore.

Fiammetta: Da qui l’importanza di avere tante librerie, perché ognuno può fare le sue scelte. Ogni libreria si distinguerà dall’altra e quindi ci sarà spazio per tutte le voci; quando invece ci sono poche librerie grandi, importanti, innanzitutto queste sono eterodirette perché dirette tutte quante dalle sedi centrali che fanno le loro scelte editoriali e le impongono, così da perdere tutta la varietà, e avere, alla fine, un monoprodotto quasi. Invece il fatto che esistano tanti piccoli punti, ciascuno mosso dal proprio sentire, dalla propria logica, dai propri progetti e dalle proprie scelte fa sì che ci sia una molteplicità eterogenea e varia e che riflette anche l’identità e l’impronta di queste librerie. L’importante però è che queste si mettano in rete e collaborino laddove è possibile.

Gennaro: Altra voce che corre è quella della “specializzazione”, sembra che una ricetta per le piccole librerie sia quella che debbano specializzarsi in qualcosa di specifico, ma questo è in generale fallimentare e ancor di più in Italia.

Immagine tratta da www.libreriadeilettori.com

Ultima modifica il Mercoledì, 19 Novembre 2014 22:26
Beccai

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