I soliti occhialoni da sole, giubbottino rosso con sotto una t-shirt nera in bella vista e l'immancabile cappellino. Pubblico in delirio. Il "Franchi" è una bolgia. 40000 persone sparse in ogni dove tra il prato (gremito da cima a fondo),la tribuna coperta,la maratona e la curva Fiesole. Un palco gigantesco con un gran gioco di luci ed effetti con due maxischermi laterali su cui vengono proiettate le immagini del concerto e della folla. Alla vigilia aveva promesso «ci saranno molti pezzi dell’album nuovo, quindi non sarà un concerto celebrativo: ci metterò anche il mio passato, ma con uno sguardo al futuro. Al Vasco di domani». La scaletta (sempre uguale ad ogni concerto del tour) garantisce emozioni di ogni tipo.
Si parte forte con il nuovo pezzo "Sono innocente" in chiave metal. Dedicato a chi ha la pelle dura,a chi ancora riesce a rimanere in piedi come Rocky invece di cadere come un pollo. Cosa non da poco nell'Italia di oggi. A ruota un altro pezzo recente: "Duro incontro". Subito dopo una canzone che non ti aspetti: "Deviazioni", un pezzo rigorosamente riarrangiato in chiave metal che mostra quanto le ipocrisie siano devastanti nella società. «Credi che basti avere un figlio per essere un uomo e non un coniglio?» - chiede un divertito Vasco al suo pubblico.
Il concerto entra nel vivo con i pezzi dell'ultimo album,già doppio disco di platino: le hit "L'uomo più semplice" e "Dannate nuvole", ispirato dal libro Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche. La folla è già calda. La band imprime un ritmo forsennato. Le chitarre di Pastano e Burns vibrano. Addirittura Vasco bacia in bocca il chitarrista americano. Naturalmente boom di flash. Francamente se ne poteva fare a meno. Chi diceva che Vasco era bollito, si sbagliava di grosso. È in grande forma il rocker di Zocca. La pausa per i problemi di salute recenti deve avergli fatto un gran bene ma è ormai alle spalle. O almeno lo speriamo. Partono le hit del passato: Quanti anni hai, Siamo soli e Credi davvero, riarrangiata in salsa heavy metal. In questa canzone si parla di guai e di uomini. Questo ovviamente è il collegamento con i pezzi successivi: la ballata "Guai" (attualmente nelle radio), cantata a squarciagola da tutto il pubblico, e "Il blues della chitarra sola". A seguire un mix di nuovi e vecchi successi: prima "Il manifesto futurista della nuova umanità", poi, mentre Vasco rifiata, c'è "Rockstar", cantata dalla corista Claudia Moroni. Parte la prima carrellata di medley: la riscoperta di "Nessun Pericolo…Per Te", assente da tanto tempo nei concerti del Blasco, seguita da "L'una per te", la romantica "E..." e un pezzo stupendo come "La noia". Una vera chicca. Consiglio vivamente a tutti un ascolto. Poi un'altra hit dell'ultimo disco "Quante volte".
La gente inizia a chiedersi "ma questa la farà? Perché canta questo repertorio con le canzoni che ha scritto nel passato?" E invece è tutto studiato nei minimi particolari. Siamo a metà concerto ma ecco che le emozioni iniziano a prendere il sopravvento. Pochi la riconoscono ma la intro della chitarra di Stef Burns indica che sta per iniziare "Stupendo". Canzone che celebra le persone che vogliono al potere la fantasia. Alcuni però si agitano solo al pensiero "Ci vuole sempre qualcosa da bere. Ci vuole sempre vicino un bicchiere". I bicchieri e le bottigliette di birra vengono alzate come trofei dal pubblico in delirio. A ruota parte l'inevitabile controaltare: "C'è chi dice no". In un mondo dove avere libertà di dirlo,è sempre più difficile. Poi c'è un'altra sorpresa: "Sballi ravvicinati del terzo tipo" del lontano 1979. Termina qui la fase delle sorprese.
D'ora in poi solo i cavalli di battaglia del Blasco e della sua amata combriccola. Per iniziare il godimento non poteva che esserci l'inno per eccellenza: "Rewind". Uomini e donne fanno il triangolo con le mani. Menomale non c'era Renato Zero, lui si sa non li avrebbe considerati. Tanti hanno voglia di godere evidentemente. E di "Vivere", che è il pezzo successivo. Tutti la cantano a squarciagola dal bambino al nonno. Fioccano le espressioni di godimento sui volti della gente. Evidentemente c'è la voglia e la speranza di star meglio. È questa la grande capacità di Vasco: unire le più svariate generazioni in un attimo. L'intensità cala leggermente e parte la hit radiofonica "Come Vorrei". Tutti vorremmo in fondo che fosse possibile cambiare il mondo che c'è.
Breve pausa. Si riparte con il botto perchè arrivano "Gli angeli", uno dei pezzi più belli in assoluto del Blasco. Tanto che il videoclip, a suo tempo, venne diretto da un certo Roman Polanski. Una versione live da brividi. Parte il secondo "medley" di successi del passato e del presente: subito a bomba "Delusa" miscelata a "Ti immagini" (se fosse sempre domenica), a "Gioca con me" e a "Mi piaci perché". Il pubblico non riesce a stare dietro a Vasco che cambia le carte in tavola per sorprendere la sua gente. Un vero fiume in piena che ha nel carisma la sua capacità principale. Il concerto sta per terminare. Sono già passate 2 ore in un lampo. L'ultima mezz'ora è un cocktail da pelle d'oca, un diluvio di emozioni e di poesia. Sì perchè arriva "Sally" ed è tutto un equilibrio sopra la follia. Ben rappresentata anche nel pezzo successivo: l'inno generazionale "Siamo solo noi" che parte con il vibrante basso del "Gallo". Questo brano del 1981 rappresenta i giovani apatici come una generazione di sconvolti che non hanno piu' santi ne eroi e che non hanno rispetto per niente (neanche per la gente).
Sta per calare il sipario. Mancano ancora tre carte da giocare. Il finale dei concerti di Vasco, è risaputo, è sempre lo stesso. Prima l'emblema della vita del rocker di Zocca: quella "vita spericolata" sempre sognata e vissuta in mezzo a mille tentazioni. Come Steve McQueen. Segue l'immancabile omaggio al chitarrista Massimo Riva (morto per overdose nel 1999) con "Canzone". Alla fine del tributo un commosso Vasco ringrazia il pubblico a più non posso. "Voi siete liberi e ce la farete tutti". Personalmente, visto il tema, avrei fatto partire la mia canzone preferita di Vasco, ovvero "Liberi liberi". Ma purtroppo non è così. I pezzi “vecchi” sono di una attualità disarmante, come se fossero stati scritti ieri, e questo musicalmente si può tradurre con «tanta roba». Intanto la gente, ricevuto il messaggio, dice "speriamo", altri applaudono e si spellano le mani. Sì perchè le tastiere di Ronchetti sono calde. Parte l'immortale hit "Albachiara" che Vasco scrisse in un momento di attesa, ispirato da una ragazzina di tredici anni che vedeva sempre passare alla fermata della corriera di Zocca. La voce del pubblico risuona in tutto lo stadio in piedi per Vasco. Si accendono i riflettori. Il concerto è finito. Già si pensa alla prossima volta. Perchè sarà un gran bel film. Eh già.