La partecipazione appunto la grande protagonista del caldo pomeriggio pisano di inizio estate. Viviamo all’interno di una società che troppo spesso tende ad annullare la partecipazione e soprattutto i processi partecipativi. La cartina di tornasole più fedele di quanto detto viene dall’ultima tornata elettorale: percentuali di votanti bassissime, consapevolezza socio-politica ridotta allo zero. Un mix perfetto per far emergere le nefandezze di chi con la paura xenofoba prova a inquinare le coscienze e di conseguenza a rastrellare voti. Libertà è partecipazione diceva Gaber in una sua famosa canzone, mai frase fu veramente più vera. Partecipare, decidere e non delegare sono gli unici concetti che rendono l’essere umano veramente libero in tutte le sue varie sfumature.
Le esperienze raccontate durante l’evento “Tensione attiva. Traiettorie verso il Distretto 42” raccolgono proprio questa richiesta partecipativa che dal basso prova ad emergere in completa antitesi rispetto alle logiche da “progettino guidato” da enti o istituzioni troppo spesso rivelatesi grandi ed inesorabili flop. Esiste una legge della Regione Toscana sulla partecipazione a progetti a carico dei cittadini stessi. Questa legge pubblicata sul bollettino della Regione Toscana il 3 Gennaio 2008 è stata pensata cercando di declinare l’articolo 72 dello statuto regionale, che promuove per l’appunto la partecipazione a processi, progetti e dinamiche sociale dei cittadini e delle cittadine. Diversi purtroppo gli esempi in regione di progetti partecipati senza un lieto fine e se si esclude il caso della pineta della Bufalina di Vecchiano, il quadro è abbastanza grigio. La legge Fragai (quella sulla partecipazione ndr) presenta un elemento sicuro e trasversale che va oltre la reale sua applicazione: essa rimane pur sempre un qualcosa di puramente consultivo, barriera difficile da comprendere se si vuole realizzare un progetto che parta da istanze collettive, visto che le decisioni prese hanno un valore non decisionale.
Il progetto nasce, vengono stanziati fondi per realizzarlo, ma il ruolo di cittadino rimane pur sempre quello di comparsa rispetto a chi prende le decisioni. Questa legge regionale ha trovato la sua applicazione anche a Pisa nel grande progetto partecipato di costruzione del cosiddetto Parco di Cisanello. Premesso che gli esiti del percorso partecipativo saranno resi solamente il 25 Giugno (la scrittura di questo mio contributo è precedente a quella data, il progetto sarà quindi stato già presentato ndr), questo percorso ha presentato dei problemi oggettivi su cui è bene porre l’attenzione: anzitutto un progetto partecipato della durata nominale di 7 mesi si è risolto in 5 incontri - concentrati nel solo mese dello scorso Maggio - fatti di tavoli di lavoro a volte poco attrattivi. Il numero dei cittadini partecipanti è stato ristretto e volutamente chiuso a 100 persone, modello limitato di partecipazione. Le comunità migranti, tra le più assidue frequentatrici dei parchi, non sono state seriamente coinvolte salvo qualche avviso cartaceo sulla della nascente idea progettuale recapitato a pochi domicili scelti a caso. Magari il risultato sarà ottimale, ma non è certo questo un “modello” da seguire se si vuol parlare di reale partecipazione collettiva.
Il tavolo organizzato dal Municipio dei Beni Comuni è stato convocato proprio allo scopo di mettere insieme dei pezzi, fare rete, semplicemente interconnettersi almeno al livello regionale. Da Firenze a Lucca il trait d’union è stata la parola partecipazione (dal basso). Le esperienze narrate sono state nello specifico 4: la Polveriera di Firenze, la fattoria autogestita di Mondeggi, il Parco delle Madonne Bianche di Lucca e infine i “padroni di casa” del Municipio dei Beni Comuni i quali hanno parlato del progetto del Parco Andrea Gallo e del Distretto 42. L’esempio della fattoria di Mondeggi ormai bene comune da più di un anno è esemplificativo: nasce con lo scopo di difendere il diritto all’accesso alla terra e di contrastare la vendita dei beni della provincia di Firenze (ora in cessione alla città metropolitana n.d.r.) proponendo in alternativa l’affidamento in comodato di aziende agricole e terreni pubblici a giovani e soggetti della nuova “agricoltura contadina”. Mondeggi – che il 26-27 e 28 giugno si appresta a celebrare con 3 giorni di festa il suo primo compleanno- rappresenta il simbolo di questa lotta, una lotta spinta dalla forza di oltre 200 persone pronte a difendere il diritto alla terra. Una delle esperienze di “ritorno alla terra” più importanti del panorama nazionale, esperienza che va difesa con i denti e con le unghie, soprattutto in un periodo storico in cui oltre ad aver negato l’accesso alle terre, gli individui hanno accesso negato per quel che concerne un’alimentazione sana e a filiera corta (il concetto di sovranità alimentare ndr).
Rimanendo nell’areale fiorentino è naturale raccontare l’altra esperienza rilevante in zona; quella della Polveriera, spazio restituito alla comunità dopo anni di abbandono e incuria all’interno dello storico convento di Sant’Apollonia in Firenze. Per questo spazio non è mai stato ottenuto un riconoscimento istituzionale, è andato avanti solo per la grande spinta collettiva che l’ha contraddistinto fin dalla nascita, il giorno dell’occupazione. Un riconoscimento ufficioso da parte del dsu in realtà c’è stato ma tutto ciò non basta. Non basta per evitare un destino che potrebbe essere segnato per il progetto e che sicuramente presenta degli aspetti poco chiari. La Regione ad un certo punto voleva acquisirlo per sé, il collettivo della Polveriera ha proposto un tavolo partecipativo per deciderne cosa fare di quel luogo. L’assemblea della Polveriera è riuscita a produrre una carta d’intenti con l’idea di presentarla per dare il via ad un reale processo partecipativo, ma a questo punto il rapporto e il dialogo con la Regione si è interrotto. Sul destino di parte dell’ex convento di Sant’Apollonia non è dato sapersi e si aspettano sviluppi per il passaggio di proprietà, il futuro è complesso.
Stessa complessità protagonista sia nel percorso di Madonne Bianche a Lucca sia in quello del Distretto 42 a Pisa. Per quel che riguarda Madonne Bianche era un progetto nato dal basso proposto da famiglie, cittadini e cittadine, associazioni per creare una sorta di oasi del bene comune in un area verde ormai abbandonata completamente da dieci anni. Uomini e donne stanchi e stanche di vedere luoghi pubblici, spazi aggregativi abbandonati e lasciati al degrado, condizione determinata dalla cecità delle varie amministrazioni comunali. Le attività svolte campo da calcio campo da tennis campo da bocce parco giochi per bambini e un piccolo immobile destinato alla socialità. Due tentativi di liberazione dal basso, sgomberati con la forza e altrettanti tentativi istituzionali di concedere tramite bando l'area, andati deserti. Lo stesso tema che lega e ha legato gli attivisti e le attiviste del Municipio dei beni comuni nel percorso svolto per il progetto collettivo del Distretto 42.
Progetto serio, partecipato rigettato da un’amministrazione comunale totalmente manchevole nell’idea che si realizzi, dal basso, un percorso del genere. Una soluzione a costo zero, riqualificante per tutto il quartiere e che garantiva e garantisce un salto culturale notevole per tutta la città. Lucca come Pisa, chi amministra e decide preferisce sonnecchiare e al massimo svendere il patrimonio pubblico.
Dietro queste scelte “istituzionali” di governi poco inclini al cosiddetto bene comune, non c’è casualità, c’è una volontà politica ben precisa, chiara e netta: isolare le persone, renderle completamente sole e distruggere tutto ciò che è collettivo e auto-organizzato. Del resto se si vuole comandare (uso questo termine intenzionalmente perché spesso c’è gente che comanda e non che amministra) bisogna dividere ciò che per logica sociale starebbe unito.
La risposta deve essere quella comune in tutti i sensi, ed è quello che poi il tavolo di lavoro pisano ha ribadito: costruire una piattaforma di realtà capace di interconnettersi per convergere in maniera forte e decisa su questioni che vanno declinate seguendo una sola ed unica via quella del bene comune.