Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.
Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.
Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.
Molti non sanno che la parola famiglia letteralmente significa un "gruppo di servi e schiavi patrimonio del capo della gens” (gruppo di persone, clan, che condividevano lo stesso nomen gentilizio). Non ditelo alla mafia che hanno preso la cosa alla lettera…
Tempo fa un grande regista toscano in alcuni suoi film ha sintetizzato questo concetto nell’evoluzione dei costumi italiani: è Mario Monicelli.
Nel 1986 uscì “Speriamo sia femmina”. È tutto incentrato sulla contrapposizione fra la donna, in maggioranza per le numerose protagoniste, e l’uomo, dove i pochi rappresentanti del "sesso forte" vengono presentati come "bischeri". Nonostante ciò, però, il capofamiglia era ancora l’uomo.
Largo alle quote rosa dunque pare essere il messaggio netto ed esplicito del regista.
Nel 1992 poi Monicelli affrontò anche i temi del conflitto familiare in “Parenti serpenti”, dove il conflitto genitori-figli è amplificato al servizio della storia caratterizzata da un forte humour nero e da un feroce cinismo finale.
Era tanto che non veniva fatto un film su questi tematiche in maniera seria.
Si è conclusa con il botto la rassegna “Cinema Visionaries” del cinema Odeon dedicata ai più grandi registi visionari. Infatti, dopo l’anteprima assoluta di Bologna e il passaggio nelle sale del circuito “The Space”, finalmente il grande pubblico ha potuto vedere gratuitamente la versione restaurata (grazie a Gucci, alla Cineteca di Bologna e a Martin Scorsese) dell’ultimo capolavoro di Sergio Leone, “C’era una volta in America”. È stato presentato il film nella versione originale pensata dal regista per una durata totale di 4 ore e quindici minuti (rigorosamente in lingua inglese con sottotitoli).
Proprio in questi giorni abbiamo nuovamente constatato che il cinema e la realtà sono molto vicini. Prendete il caso delle baby squillo dei Parioli a Roma. Il dibattito mediatico si è acceso improvvisamente a causa del coinvolgimento di Mauro Floriani,marito della senatrice Alessandra Mussolini. La gente ne parla, emette giudizi ma quando è uscito nelle sale il film di Ozon che parlava di queste tematiche nessuno ci è andato a vederlo. Troppo faticoso. L’Italia, si sa, è primatista in confezionare commedie di medio/basso livello. La gente vuole staccare il cervello quando va in sala. Vorremmo ridere,ma purtroppo nemmeno i film fanno più questo effetto.
Siamo a Los Angeles in un prossimo futuro (anche se in realtà è Shanghai).
Theodore (Joacquin Phoenix) lavora come impiegato. Scrive lettere d’amore via internet per clienti incapaci di comunicare con il/la partner. Un impiego davvero inusuale, grottesco, ma in via di sviluppo. Non riesce però a vivere la sua vita perché ha in corso un doloroso divorzio con la moglie Catherine (Rooney Mara).
Domenica 2 marzo 2014 si è verificato l’ennesima ingiustizia perpetrata nei confronti di Leonardo Di Caprio, gigantesco protagonista dell’ultimo film di Martin Scorsese ”The Wolf of Wall Street”. Sono stati proprio quest’ultimo, “American Hustle” e l’affascinante “Nebraska” di Alexander Payne i grandi sconfitti della notte degli Oscar. Anche se David O.Russell aveva già vinto premi importanti con “The fighter” e “Il lato positivo” nelle precedenti edizioni.
Molti non lo sanno, ma l’Italia è il Paese che ha avuto più premi agli Oscar come miglior film straniero: ben 14. Anche se a livello di nomination la Francia ci batte: 36 contro le 28 italiane. Ma si sa quello che conta sono i premi e i cugini di Oltralpe ne hanno ricevuti 12.
Tutti sanno che l’Italia ha insegnato a fare cinema: infatti dal 1948 in poi il Belpaese ha inanellato una serie di 5 vittorie consecutive. Due volte Vittorio De Sica con “Sciuscià” e “Ladri di biciclette”,poi la coproduzione italo-francese “Le mura di Malapaga” ( di R. Clemont) e poi la doppietta di Fellini con “La strada” e “Le notti di Cabiria”.
Poi gli americani ci hanno (volutamente?) stoppato perché la nostra qualità anche negli anni ’60 era garantita.
Si sa gli americani erano patiti di questi due registi e non amavano particolarmente il toscanaccio Monicelli o il geometrico Michelangelo Antonioni.
Dopo una decina d’anni,il 1964 è l’anno del riscatto: esce “8 e 1/2” e Fellini ci riporta agli antichi fasti che proseguono anche l’anno successivo con Vittorio De Sica con “Ieri,oggi e domani”.
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