Sabato, 07 Ottobre 2017 00:00

Questa canzone è vecchia! È del mese scorso! (Di musica e commercializzazione)

Scritto da
Vota questo articolo
(7 Voti)

Questa canzone è vecchia! È del mese scorso! (Di musica e commercializzazione)

Due volte a settimana, vado a insegnare latino in una scuola superiore che, come molte scuole superiori nel Regno Unito, è troppo grande per trovare posto nel centro città e si trova quindi in una zona più isolata appena fuori città, non facilissima da raggiungere per chi, come me, non ha la patente. La soluzione al problema è che, due volte a settimana, per raggiungere la scuola prendo lo scuolabus, insieme agli studenti. L'effetto collaterale è che mi trovo ad ascoltare tutte le conversazioni degli studenti – un gruppo la cui età si aggira tra i dieci e i diciassette anni. Il più delle volte è semplice limitarsi a ignorare i cinque o sei discorsi contemporanei che avvengono nel retro del bus e pensare a tutt'altro, ma ogni tanto capita che un pezzo di conversazione mi raggiunga lo stesso. Così, capita che un paio di settimane fa io assista, volente o nolente, alla seguente scena.

Ci sono due ragazzine di circa tredici anni che, come tutti noi abbiamo fatto quando avevamo tredici anni, scambiano informazioni sulla loro musica preferita. Lo fanno caricando le canzoni sui loro smartphone e dividendosi un paio di cuffiette. Ogni tanto sento dei nomi che conosco: quasi tutti artisti molto giovani, più di uno proveniente da inizi carriera con Disney Channel o con un talent show televisivo. Nulla di eccezionale. Fino a quando una delle due ragazzine non esclama, in un tono scandalizzato: “Ma non può piacerti ancora questa canzone, ormai è vecchia! È del mese scorso!”

Passo il resto del tragitto a pormi ansiosamente tre domande. La prima: dove abbiamo sbagliato? La seconda: è ancora possibile porre rimedio a questa situazione, prima che sia troppo tardi? La terza: è forse il caso che anziché continuare con il mio programma di latino io dedichi la prossima lezione a presentare ai miei studenti, per dire, Sticky Fingers dei Rolling Stones?

La conversazione tra le due studentesse tredicenni, al di là dello scherzo, è un sintomo, tra molti, di un problema reale, che chiunque abbia prestato una qualche attenzione agli sviluppi recenti della musica rock, e più ancora della musica pop, ha a un certo punto incontrato. Al di là della qualità della produzione mainstream, sulla quale è legittimo discutere, è un fatto che i pezzi più popolari abbiano una vita molto intensa e molto ridotta rispetto a quel che succedeva a canzoni prodotte venti o trent'anni fa. Un pezzo di successo nell'anno 2017 tende a uscire accompagnato da una quantità importante di pubblicità dai social media e da un video con spese di produzione talvolta superiori a quelle di un piccolo film; gode di un'esposizione quasi ossessiva su radio, canali tv specializzati in musica, programmi televisivi, e altrove – un vero e proprio bombardamento, che fa sì che anche chi non presta troppa attenzione alla scena musicale pop contemporanea non possa evitare di conoscere la hit del mese – e poi scompare altrettanto rapidamente, per lasciare il posto al tormentone successivo. L'ascoltatore casuale, come me, può probabilmente menzionare con facilità i titoli delle canzoni di successo dell'ultimo mese, ma non ricorda quelle dell'anno scorso, e forse nemmeno quelle di due mesi fa. Quelle canzoni sono ormai vecchie; farsele piacere non è più di moda.

Il problema è reale, è complesso, ed è sistemico. È complesso perché la soluzione non può essere trovata semplicemente affibbiando la colpa a una generazione con una scarsa educazione musicale. Gli stessi giovanissimi che sostengono che una canzone del mese scorso sia ormai troppo vecchia per essere ascoltata spesso sanno suonare uno strumento o prendono lezioni di canto, e non di rado conoscono e apprezzano le opere di grandi artisti di venti o trent'anni fa – senza cogliere, apparentemente, la contraddizione per cui un pezzo inciso negli anni Ottanta può sembrare 'meno vecchio' di uno inciso a Gennaio 2017. Ed è sistemico non solo perché diffuso, ma perché di fatto è un sistema a generarlo: quello della produzione, della postproduzione, e della distribuzione.

A partire dagli anni Novanta, anche se i primi segni erano visibili già prima, e più ancora negli anni Duemila, la scena musicale, soprattutto per quel che riguarda la musica pop di lingua inglese, è diventata rapidamente sempre più commerciale, e più importante, sempre più commercializzata. Non solo i pezzi di successo sono in grado di raggiungere pubblici vastissimi – cosa riuscita già ad Elvis Presley o ai Beatles – ma soprattutto questi pezzi sono trattati dalle case discografiche e dai grandi distributori non come opere d'arte con un'agenda artistica e un messaggio, ma come semplici oggetti commerciali; e nel sistema del capitalismo occidentale un oggetto commerciale è anzitutto un oggetto di consumo. Uno dei tratti distintivi dell'oggetto di consumo è proprio, necessariamente, la sua non durabilità; perché il sistema consumistico rimanga operativo è necessario che il consumatore abbia sempre necessità di comprare nuovi oggetti, e perché questo sia possibile è necessario che gli oggetti vecchi non gli bastino più, o non lo soddisfino più. Il meccanismo per cui centinaia di persone in possesso di uno smartphone relativamente nuovo e perfettamente funzionante fanno la fila per il dubbio privilegio di acquistare a prezzi esosi l'ultimo modello di iPhone è il medesimo meccanismo per cui le ragazzine tredicenni sul mio scuolabus possono pensare che una canzone del mese precedente sia 'vecchia' e 'non possa più piacere'.

Esiste un problema in questo meccanismo: la musica, come ogni forma d'arte, ha il potere di parlare all'immaginazione umana, e quando una persona rimane colpita da un pezzo musicale che parla alla sua esperienza della vita e del mondo, non c'è pubblicità in grado di convincerla che quel pezzo è diventato obsoleto e deve essere rimpiazzato dalla prossima top hit. L'industria discografica, conscia di questo fatto, ha operato negli ultimi anni delle decisioni molto precise nella scelta dei suoi artisti di punta. L'attenzione si è gradualmente spostata dal contenuto del pezzo musicale alla persona dell'artista, conducendo all'esistenza di una quantità di artisti celebri che rispondono tutti alle stesse caratteristiche necessarie: belli, giovani, presentati come sexy, spesso provenienti da reality show (come il celebre X Factor) durante i quali il loro futuro pubblico viene a conoscenza dei dettagli della loro vita personale. Il legame non è più tra l'ascoltatore e la musica, ma tra l'ascoltatore e la persona del cantante. In questo modo, la contraddizione è appianata, e l'ascoltatore può benissimo smettere di ascoltare il penultimo lavoro del suo cantante preferito, considerandolo 'vecchio', non appena l'ultimo lavoro dello stesso artista viene distribuito.

Tutto è perduto, quindi? Forse no. Se uno sguardo alle classifiche dei singoli e dei dischi più venduti nel Regno Unito al momento dà risultati sconfortanti, guardando la classifica degli artisti più venduti è impossibile non notare la presenza di un intruso: un certo signor David Bowie. Il quale è entrato nella classifica in questione a Novembre 2015 con l'uscita del suo ultimo album, Blackstar, ne ha raggiunto la cima a seguito della sua morte in Gennaio 2016, ma invece di sparirne nuovamente per l'assenza inevitabile di nuovi pezzi, c'è rimasto piuttosto stabilmente da allora, con le vendite equamente distribuite tra vari dischi tra i suoi più famosi. Il pubblico più giovane, in particolare, quello che non aveva avuto modo di vivere la carriera di Bowie in tempo reale e che, allo stesso tempo, è il target specifico del meccanismo commercializzato della musica pop, era rimasto incuriosito dal materiale a cui aveva avuto accesso improvvisamente grazie alle celebrazioni intorno alla morte di Bowie, e il fascino esercitato da quel materiale non sembra essersi mai dissipato. È l'inevitabile controindicazione di un sistema ipercommerciale che per rimanere tale è costretto a produrre materiali artistici poveri di contenuti: l'intero sistema è vulnerabile se viene messo a confronto con un artista, anche isolato, che quei contenuti li possiede. E il pubblico giovane, esposto finora quasi esclusivamente a quel sistema ipercommerciale, è molto più suscettibile ai contenuti di quell'artista isolato che propone qualcosa di diverso dall'uniformità assoluta a cui il sistema commerciale l'ha abituato.

Il problema rimane alla fine, quindi, principalmente quello dell'accesso. Il sistema, per sua natura, mira a mantenere se stesso; difficilmente si impegnerà nella produzione e distribuzione di artisti che non rispettano le sue regole. Nell'era di internet, tuttavia, l'accesso a informazione non veicolata dai canali tradizionali sta diventando sempre più semplice; e altri mezzi più tradizionali stanno riprendendo piede. Ci sono artisti che negli ultimi anni hanno raggiunto pubblici ragguardevoli partendo dal palco di un festival regionale, o perfino dal loro pub locale. Il pubblico giovane è ancora in grado di riconoscere un artista di talento o un contenuto valido: a patto che gli vengano proposti.

Detto questo, se finiamo per tempo con il programma magari l'ultimo giorno del semestre Sticky Fingers, ai miei studenti, glielo faccio ascoltare per davvero.


Immagine liberamente ripresa da upload.wikimedia.org

Ultima modifica il Sabato, 07 Ottobre 2017 09:51
Chiara Strazzulla

Nata in Sicilia, ha studiato a Roma e Pisa e vive a Cardiff, in Galles, dove lavora a un dottorato in Storia Antica e insegna latino. Autrice di prosa e teatro, è pubblicata in Italia da Einaudi Editore.

Devi effettuare il login per inviare commenti

Free Joomla! template by L.THEME

Questo sito NON utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti.