Tommaso Alvisi

Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

Nessuno rimane buono in questo mondo, tanto meno Batman e Superman

BATMAN VS SUPERMAN: DAWN OF JUSTICE ***
(USA 2016)
Regia: Zack SNYDER
Sceneggiatura: Chris TERRIO, David S. GOYER e Zack SNYDER
Cast: Henry CAVILL, Ben AFFLECK, Amy ADAMS, Laurence FISHBURNE, Jeremy IRONS, Gal GADOT, Jesse EISENBERG, Kevin COSTNER, Diane LANE, Michael SHANNON
Durata: 2h e 31 minuti
Produzione e distribuzione: Warner Bros
Uscita: 23 Marzo 2016

Abbiamo bisogno di verità, anche se ha un prezzo

TRUTH – IL PREZZO DELLA VERITA' *** 1/2
(USA 2015)
Regia e Sceneggiatura: James VANDERBILT
Cast: Cate BLANCHETT, Robert REDFORD, Dennis QUAID, Topher GRACE, Bruce GREENWOOD
Durata: 2h e 6 minuti
Distribuzione: Lucky Red
Uscita: 17 Marzo 2016

Il 2016 cinematografico è l'anno del giornalismo. L'Oscar per il miglior film l'ha vinto "Il caso Spotlight", poi sono uscite numerose pellicole sul tema, rievocando i fasti degli anni '70. E' un paradosso considerando che oggi i giornali non li legge quasi nessuno. Il modus operandi è radicalmente cambiato. Colpa di internet e della politica. Oltre che dell'economia. Non ci sono più regole, non esiste un'etica. I giornali sono al servizio del potere e sono costretti a dare un riscontro economico. Anche in Italia le notizie battute dall'agenzia Ansa vengono copiate, rigirandole a seconda di ciò che l'editore vuole. Questa è la tragica realtà. In una recente intervista, è proprio l'attrice Cate Blanchett a snocciolare il tema centrale del film: “sono cresciuta credendo in quello che leggevo e adesso penso che facciamo fatica a credere che tutto quello che leggiamo sia vero”. Siamo sicuri che il giornalismo vecchio stampo esista ancora?

Il rapporto tra amore, capitalismo e cinema secondo i fratelli Coen

AVE CESARE! *** 1/2
(USA 2016)
Regia, Sceneggiatura e Montaggio: Ethan e Joel COEN
Cast: Josh BROLIN, George CLOONEY, Tilda SWINTON, Scarlett JOHANSSON, Jonah HILL, Ralph FIENNES,
Channing TATUM, Frances MC DORMAND, Alden EHRENREICH
Fotografia: Roger DEAKINS
Durata: 1h e 46 minuti
Distribuzione: Universal Pictures
Uscita: 10 Marzo 2016

Recensire questo film è da pazzi. Un conto è vederlo, un conto è scrivere per chi ancora non lo ha visto. Anche a me verrebbe da dire come la celebre battuta "vorrei fosse così semplice". Il mio spirito cinefilo mi "impone" di parlare di un film dei Coen. Pare sia contronatura "censurare" tali opere. Ad ogni modo, ci provo.

Donne coraggiose, gangster gemelli e... Una stanza

Un'altra settimana di grandi uscite cinematografiche. Vi parlerò di tre temi molto diversi: la vera storia dei gemelli Kray nella Londra anni '60, la rivoluzione femminile delle “suffragette” per ottenere il diritto di voto e l'amore di una madre per il figlio in un contesto molto difficile.
Ecco le recensioni in dettaglio:

ROOM ****
(Irlanda 2015)
Regia: Lenny ABRAHMSON
Cast: Brie LARSON, Jacob TREMBLAY, William H. MACY, Joan ALLEN, Sean BRIDGERS
Durata: 1h e 58 minuti
Distribuzione: Universal Pictures
VINCITORE DI UN PREMIO OSCAR ALLA MIGLIOR ATTRICE PROTAGONISTA (BRIE LARSON)
Uscita: 3 Marzo

Era uno dei pochi film premiati agli Oscar che ancora non avevo visto, a causa della distribuzione italiana. “Room” è un'opera necessaria, da vedere. Probabilmente i riconoscimenti sono stati pochi. Reduce dal sorprendente e malinconico “Frank”, il regista irlandese Lenny Abrahmson ha fatto centro parlando di una storia sofferta, apparentemente facile da mettere in scena. Ma non lo è assolutamente. A differenza di Michael Fassbender nel film sopra citato, la protagonista di “Room”, Ma (Brie Larson), non può permettersi un'enorme maschera di cartapesta che le copre il volto. Non è un problema economico, assolutamente.

Da 7 anni vive confinata in una stanza piccolissima insieme al figlio di 5 anni, Jack (Jacob Tremblay). I suoi genitori l'avevano educata a essere gentile con gli altri. Un eccesso di confidenza con uno sconosciuto l'aveva portata a conoscere un maniaco psicopatico, che si fa chiamare “Old Nick” (Sean Bridgers). L'uomo l'aveva sequestrata e rinchiusa, abusando ripetutamente di lei. Solo lui sapeva la combinazione che apre la porta della stanza blindata. Èlui che tutti i giorni portava i pasti e saltuariamente i regali al bambino, in cambio di una “toccata e fuga” con Ma. Poi spariva per il resto della giornata. L'unico “contatto” con il mondo esterno per i due era una finestrella che dava sul cielo e che permetteva a Jack di fantasticare sul mondo esterno. Tutti i giorni i migliori amici del bimbo erano stanza, porta, lavandino, armadio, qualche giocattolo e del cibo.
Nel crescere però le domande di Jack diventarono sempre più insistenti per la giovane madre. Presa dalla disperazione, un giorno gli raccontò cosa le successe veramente. Neanche il bambino ci credeva. Là fuori c'era un altro mondo, fatto di persone, cose che lui non aveva mai potuto vedere. “Non mi piace questa versione” - dice il bambino. La madre diventa una sorta di Conte di Montecristo e si ingegna a trovare un piano per far scappare il bambino dalla stanza.  Riusciranno i nostri eroi a uscire dal “bunker” e a vivere veramente liberi?
Ma non è finito qui l'enigma perchè nella seconda parte del film cambiano le variabili in gioco, ma la “Stanza” rimane. Ed ecco che il film diventa metafora di una società intollerante, chiusa, incapace di dialogare. Gli uomini da sempre si uccidono tra di loro, ma qui “Old Nick” si supera arrivando addirittura ad “annientare” questa giovane donna e (quello che sarebbe) suo figlio.

Abrahamson adatta il libro di Emma Donoghue (“Stanza, letto, armadio specchio “) con rispetto e sensibilità, senza retorica. Il film è frutto di lezioni di cinema e di letteratura importanti: da “Oldboy” al “Conte di Montecristo”, da “Alice nel Paese delle Meraviglie” a “The tree of life” di Terrence Malick non disdegnando alcuni temi cari a David Fincher. Attori straordinari: Brie Larson ha vinto a sorpresa un Oscar come miglior attrice protagonista, ma la vera sorpresa del film è Jacob Tremblay. Canadese, classe 2006, ha già all'attivo 6 film. Se recita come qui in “Room”, allacciate le cinture perché abbiamo trovato un nuovo talento. Meglio di lui finora aveva fatto soltanto Natalie Portman in “Leon” (1994), ma aveva 13 anni. Cinema ed emozioni allo stato puro. Se ci fossero più film come questo, avremmo risolto tanti problemi. Correte a vederlo. “I muri vanno visti da entrambi le parti” - dice Ma al giovane Jack. Come darle torto?

TOP Straordinario l'amalgama tra Jacob Tremblay e Brie Larson, la regia di Abrahmson, la sceneggiatura e la storia sono magistrali, i tantissimi omaggi a cinema e letteratura, la messa in scena dell'entrata di “Old Nick”.
FLOP Alcune lungaggini della seconda parte che non è, per intensità, ai livelli della prima.


LEGEND ***
(Gran Bretagna 2015)
di Brian HELGELAND
con Tom HARDY, Chazz PALMINTERI, Emily BROWNING
Durata: 2h e 12 minuti
Distribuzione: 01 Distribution – Rai Cinema
Uscita: 3 Marzo

Brian Helgeland è noto per aver descritto, con le sue sceneggiature, il crimine e i gangster al cinema. Mystic River, L.A. Confedential (che gli ha fruttato l'Oscar), Ipotesi di complotto sono farina del suo sacco. Tanto per fare degli esempi. A livello di regia, tuttavia, i risultati sono stati abbastanza modesti. 4 film all'attivo non particolarmente riusciti, tra cui “Il destino di un cavaliere” con Heath Ledger. È uscito anche in Italia il suo quinto lavoro, ovvero “Legend”. Grande successo in Patria, ma nel resto del mondo il film non è andato bene. Forse perchè i Kray in Inghilterra sono delle star ai livelli dei Beatles e dei Rolling Stones.

Come detto, il tutto avviene a Londra negli anni '60. Siamo a qualche anno e a pochi chilometri dalla Swinging London, una zona ad alta concentrazione proletaria (e piuttosto squallida), da cui emersero due gemelli: Ron e Reggie Kray (entrambi interpretati da Tom Hardy). I due volevano dominare e controllare Londra. Per chiunque sarebbe stato un progetto ambioziosetto, ma non per loro. La storia dell’ascesa e della caduta dei Kray è raccontata da Frances Shea (Emily Browning), sorella dell’autista di Reggie, che poi divenne sua fidanzata e poi moglie. Ron è il gemello omosessuale ed è schizofrenico. “Attivo, non passivo, non sono un frocio" – tiene a precisare. Tom Hardy lo interpreta con un tono di voce “biascicato” e parodistico e uno sguardo stralunato dominati da vistosi occhiali. E poi ha una camminata piuttosto “rigida”. Reggie è il gemello più fine e “bondiano”, ma allo stesso tempo fragile e sentimentale. Tuttavia non rinuncia all'esibizione della sua mascolinità che somiglia a quella di Russell Crowe di “L.A. Confidential” (toh che caso!). I Kray conquistano la fedeltà del quartiere seguendo tutti i riti di passaggio del genere, ma poi entrano di mezzo la melassa e la storia d'amore tra Reggie e Frances. Tuttavia l'ambizione dei gemelli è quella di non lasciare mai il loro quartiere. 

Il film è interamente costruito sul fisico massiccio di Tom Hardy e sulla sua recitazione che lo rendono uno dei talenti più puri in circolazione. Anche qui la sua doppia performance (magie del digitale!) è straordinaria ed è il motivo per vedere il film. Tuttavia all'opera non mancano dei difetti: Helgeland non sceglie quale strada seguire. Vita privata o vita da gangster? Ritratto feroce dell'epoca o ritratto ironico? Purtroppo “Legend” sceglie di stare da entrambe le parti della barricata, finendo per soffrirne. Anche la durata (superiore alle due ore) ne risente, in parte. Non è un brutto film, ma ad alcune persone potrebbe suggerire che fare il gangster in fondo è bello, facile e figo. Forse alcuni registi come Scorsese o Mann sarebbero riusciti ad andare oltre. Peccato poteva essere un capolavoro.

TOP La doppia interpretazione di Tom Hardy, la rappresentazione della violenza come una forza implosiva/esplosiva.
FLOP Il regista non sceglie la strada da seguire: parodia o realismo? Vita privata o dei Kray gangster? A qualcuno potrebbe arrivare il messaggio che fare il gangster sia “cool”.

SUFFRAGETTE **1/2
(Gran Bretagna 2015)
di Sarah GAVRON
con Carey MULLIGAN, Helena BOHNAM CARTER, Meryl STREEP, Brendan GLEESON
Durata: 1h e 46 minuti
Distribuzione: BIM
Uscita: 3 Marzo

Tutti sanno che l'8 Marzo si festeggia la Donna, ma non tutti sanno che tale ricorrenza parte da una credenza piuttosto che da un fatto certo. Nel 1908 in una fabbrica di New York morirono 129 operaie. Questa “diceria” dette impulso alla Giornata Internazionale della Donna perchè il fatto accadde proprio l'8 marzo. La realtà vuole, invece, che l'incendio avvenne il 25 marzo 1911 e le vittime della fabbrica Triangle erano ben 146. Tuttavia questa celebrazione è bene ricordarla. Le conquiste sociali, politiche ed economiche, le discriminazioni e le violenze di cui spesso le donne sono state vittime, è bene ricordarle. Quest'anno in Italia cade il 70° anniversario (2 giugno 1946) della prima volta in cui le donne italiane andarono a votare. In ballo c'era il mantenimento della monarchia o il cambiamento, la Repubblica. Le donne spinsero il nostro Paese ad un cambiamento epocale. Non dimentichiamolo. Tuttavia l'Italia non è stata la prima. Leggetevi i titoli di coda del film e avrete delle grosse sorprese a riguardo. Specie su un Paese considerato libero e straordinariamente prolifico che riconobbe il diritto il voto alle donne solo nel 1971. Su tutti questi temi, è imperniato il film “Suffragette” diretto da Sarah Gavron e sceneggiato da Abi Morgan (già autrice di Shame e The Iron Lady). È incredibile il fatto che questo sia di fatto il primo film che tratta questo tema. E questo la dice lunga sulla parità dei sessi nel mondo del cinema. Non solo a Hollywood, intendiamoci.

Siamo in Gran Bretagna, all'inizio del Novecento. Maud (Carey Mulligan), giovane donna sposata e madre di un bambino, lavora in una lavanderia insana e pericolosa. Un giorno si ritrova nel mezzo di una rivolta delle “Suffragette”. Le donne chiedono il diritto di voto e uguali salari rispetto agli uomini. Sono esasperate, ribelli, violente e “indisciplinate”. Il termine “suffragette” fu coniato dalla stampa per sbeffeggiarle e insultarle, ma anche per indicare donne che lottano per il suffragio universale. Violet (Anne Marie Duff), paladina della parità dei sessi e collega di Maud, la convince ad unirsi al movimento. La coscienza del cambiamento matura lentamente in tutte le donne inglesi. Unite si può, sostanzialmente. La loro leader era Emily Pankhurst (cammeo di pochi minuti di Meryl Streep che sembra Mary Poppins). Tuttavia queste donne coraggiose erano disposte a perdere tutto nella loro battaglia per l'eguaglianza: il lavoro, la famiglia, i figli e la vita. E poi all'interno della società non erano ben viste. Altra cosa da non sottovalutare.

Questo film spiega tutte le fasi che poi portarono all'ottenimento del suffragio universale. L'altra battaglia ancora oggi non è stata vinta. Le lavoratrici sanno bene di cosa parlo. Addirittura, oggi, in molti Paesi (Italia inclusa) le donne in maternità vengono licenziate. La Gavron, coadiuvata dalla sceneggiatura di Abi Morgan, tratteggia con realismo un movimento scordato dalla maggioranza delle persone. A livello di storia il film funziona bene, ma a livello cinematografico no. Il contenuto c'è eccome ed è bene raccontarlo, ma manca la regia. Serviva maggiore coraggio, meno retorica. Il film sembra un omaggio, non un'opera vera. E ciò è un vero peccato vista la grande importanza della storia.
Anche il cast risente di questo problema: Carey Mulligan non ha il carisma che il ruolo richiede, Helena Bohnam Carter non ha una parte così significativa, il poliziotto di Brendan Gleeson appare troppo cinematografico. Vedere per credere. La parte migliore è la vita privata di Maud, il suo lento ma costante avvicinamento al movimento delle suffragette. E poi c'è Meryl Streep. La pubblicità inganna, visto che rimane in scena solo per pochi minuti. Il motivo di questo cammeo è che l'attrice americana è impegnatissima anche a Hollywood nella battaglia per la parità di salario tra uomini e donne. E non ha voluto rinunciare a mandare un messaggio. Tanta roba in un tempo in cui anche le donne sembrano sempre più distratte dall'importanza di quelle lotte. Oggi siamo tutti talmente schifati dalla politica che non riusciamo a capire l'importanza di questo diritto. Per capire più facilmente la cosa, guardate qual è l'evento che scatena l'attenzione dei giornali sul caso. Ecco perchè questo film va visto. Non tenete conto però dell'uso del mezzo cinematografico. Il voto che ho dato tiene conto anche di quello e, purtroppo, devo constatare che si tratti di un'occasione (parzialmente) persa.

TOP I temi trattati, il carisma di Meryl Streep, i titoli di coda che sottolineano fatti poco noti ai più, l'importanza della Donna nel contesto della società
FLOP Alcuni personaggi non del tutto credibili (Mulligan e Gleeson soprattutto), la mancanza quasi totale della regia

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Buona visione e tanti auguri alle nostre Lettrici!

Martedì, 01 Marzo 2016 00:00

Anomali come Jeeg Robot alla burina

Anomali come Jeeg Robot alla burina

Un'altra settimana di grandi uscite cinematografiche. Dopo avervi raccontato in anteprima lo splendido “Il Club” di Pablo Larrain (in uscita il 25 febbraio), questa volta lo zoom cade su due film sorpresa: “Anomalisa” del geniale Charlie Kaufman e il secondo cinecomic all'italiana (dopo “Il ragazzo invisibile” di Salvatores), ovvero “Lo chiamavano Jeeg Robot” dell'esordiente Gabriele Mainetti. Ecco il resoconto in dettaglio.

Sabato, 20 Febbraio 2016 00:00

La Chiesa tra peccatori, omertà e pedofilia

La Chiesa tra peccatori, omertà e pedofilia

Esistono due facce ben distinte della Chiesa: quella religiosa e quella politica. In Italia lo sappiamo bene. Alla seconda categoria però appartengono anche una serie di segreti e insabbiamenti che la riguardano direttamente. Secondo voci non ufficiali (ma sulla carta plausibili), pare che Ratzinger sia stato costretto alle dimissioni per aver difeso personaggi non certo pulitissimi. Sto parlando di casi di pedofilia prevalentemente. E pare che tra questi loschi individui ci siano anche dei preti di Boston. Proprio questo tema è al centro del film “Il caso Spotlight”, in uscita in Italia il 18 febbraio. Pellicola candidata a 6 premi Oscar. Il 25 arriverà nelle sale italiane anche “Il Club” del cileno Pablo Larrain (Orso d'argento a Berlino 2015). Il tema trattato è simile.
Ecco le recensioni in dettaglio:

 

Venerdì, 12 Febbraio 2016 00:00

Dalton Trumbo e gli hateful ten di Hollywood

Dalton Trumbo e gli hateful ten di Hollywood

L'ULTIMA PAROLA - LA VERA STORIA DI DALTON TRUMBO 
(USA 2015)
di Jay ROACH
con Bryan CRANSTON, Helen MIRREN, John GOODMAN, Dean O'GORMAN
Durata: 2h e 4 minuti 
Distribuzione: Eagle Pictures
Uscita: 11 Febbraio 2016

Identità, memoria e politica: Egoyan, Chandor ed il ritorno esplosivo di Tarantino

Settimana zeppa di grandi uscite: il titolo più prestigioso è il nuovo film di Quentin Tarantino “The Hateful Eight”. Oltre a questo, ecco la nuova pellicola di Atom Egoyan “Remember” (passato all'ultimo Festival di Venezia) e un film del 2014 arrivato solo ora in Italia: sto parlando di “1981 Indagine a New York” di J.C. Chandor. Ecco il resoconto in dettaglio:

Lunedì, 01 Febbraio 2016 00:00

La scalata a chi la fa più grossa

La scalata a chi la fa più grossa

Questa settimana ecco il ritorno di David O. Russell che torna a dirigere il trio Jennifer Lawrence, Bradley Cooper e Robert De Niro in “Joy”, dopo “Il lato positivo” e “American Hustle”. E poi il grande ritorno di Carlo Verdone, per la prima volta accanto ad Antonio Albanese in “L'abbiamo fatta grossa”. Ecco il resoconto in dettaglio:

Joy ***
(USA 2015)
di David O. RUSSELL
con Jennifer LAWRENCE, Bradley COOPER, Robert DE NIRO, Isabella ROSSELLINI, Virginia MADSEN
Durata: 2h e 4 minuti
Distribuzione: 20th Century Fox
Uscita: 28 Gennaio 2016

L'american dream e il self made man sono temi sempre presenti in più della metà dei film americani. David O. Russell (regista di The fighter, Il lato positivo e American Hustle) ha voluto sterzare raccontando sempre del sogno americano attraverso la figura di una self made woman. È l'ennesima recensione recente che parla di donne, della rivoluzione femminile. In questo film si parla di donne determinate, coraggiose. In particolar modo una, l'inventrice del mocio Joy Mangano. E chi poteva essere chiamata per questo ruolo? Ovviamente Jennifer Lawrence, già impavida eroina della saga di “Hunger Games”. La musa di O. Russell, dopo l'Oscar de “Il lato positivo” e la successiva collaborazione nell'esplosivo “American Hustle”. La Lawrence, dopo questo film, ha denunciato la mancanza di parità di salario tra attori e attrici a Hollywood. Onestamente il lavoro e il denaro non le mancano, ma la sua battaglia non è da denigrare. Anzi. Accanto a lei, i “soliti” Bradley Cooper e Robert De Niro, anche loro giunti alla terza collaborazione con Russell e la Lawrence. Ma eniamo al racconto del film “Joy”.
Long Island. Joy Mangano (Jennifer Lawrence) è una sorta di Cenerentola 2.0 : si fa il mazzo in casa, lava i pavimenti, ha una famiglia impossibile, una sorellastra che le fa andare l'autostima a picco. Vuole dimostrare al mondo la sua utilità. L'inizio sembra il ritratto di un inferno familiare (pare che il regista abbia passato dei Giorni del Ringraziamento piuttosto pesanti): la madre (Virginia Madsen) guarda soap opera alla tv in continuazione ritenendosi malata, il padre divorziato (Robert De Niro) è in difficoltà economiche e sentimentali, l'ex marito di Joy vive nello scantinato e non se ne vuole andare, poi ci sono la già citata sorellastra e due figli piccoli da sfamare. Rende bene l'idea che De Niro fornisce all'ex moglie: “sei una fuga di gas, non ti vediamo, non sentiamo il tuo odore ma ci stai uccidendo in silenzio“ (da antologia). Menomale c'è la nonna che è l'unica a credere in lei. Questa banda di svitati è un pretesto per offrire al pubblico l'idea dell'ambiente delle “desperate housewives anni '80”. Sono tutti personaggi estremi, sopra le righe, tranne una (la protagonista). Tutti sono rassegnati alla loro condizione, a stare al loro posto. Joy, invece, crede ai suoi sogni e ben presto la sua vita cambia. Ma Joy aveva bisogno di visibilità e l'incontro con Neil Walker (Bradley Cooper), imprenditore televisivo specializzato in televendite, gli dette un'importante chance. Grazie a un brevetto del Miracle Mop (il mocio “autostrizzante”) , cambiò le vite di milioni di casalinghe disperate divenendo un'imprenditrice di successo. Prima di condurre la giostra, però per lei ci saranno montagne russe, tradimenti, delusioni, umiliazioni e imboscate. Come nelle soap opera della madre. Fiaba e realtà si uniscono.

David O. Russell dirige un film interessante, ma dove si distinguono due diverse parti: la prima, splendida, riuscita, oliata e perfettamente funzionante con personaggi sopra le righe che danno l'idea del caos (stile “American Hustle”); la seconda, invece, è stiracchiata e meno convincente. Cenerentola diventa una sorta di John Wayne “a caccia di indiani” (immancabile l'americanata dove la protagonista si sfoga sparando con un fucile). E qui la storia si trasforma, si contorce e diventa prevedibile. Peccato se fosse stato tutto più grottesco (come nella prima parte) scegliendo di restare nella fiaba, il film ne avrebbe tratto giovamento. Come era già accaduto in “American Hustle”.

TOP La prima parte del film, gli attori (Robert De Niro e Jennifer Lawrence su tutti), l'accurata ricostruzione del caos familiare.
FLOP La seconda parte del film, il cambiamento del tono, il solito american dream, l'uso delle armi come sfogo contro le ingiustizie è patetico e forzato.


L'abbiamo fatta grossa ***1/2
(Italia 2016)
di Carlo VERDONE
con Antonio ALBANESE, Carlo VERDONE, Massimo POPOLIZIO
Durata: 1h e 52 minuti
Produzione e distribuzione: Filmauro / Universal Pictures
Uscita: 28 gennaio 2016

Dopo 24 film da regista, Carlo Verdone torna alla commedia intrisa con la spy story stile “I due carabinieri”. E non è un caso che a produrre ci sia Aurelio De Laurentiis, visto che recentemente (vedi “Natale con il boss”) la Filmauro sta puntando forte sulla commedia “gialla”. Per proseguire questo filone, sceglie di fare una sorta di “strana coppia” alla Lemmon-Matthau. Dopo “Il mio miglior nemico” con Silvio Muccino, ecco l'asso nella manica: Antonio Albanese, grande esponente della commedia all'italiana recente (vedere alla voce “Qualunquemente”). Dimenticate le ultime commedie verdoniane sull'Italia borghese (ad eccezione di “Posti in piedi in paradiso”). “L'abbiamo fatta grossa” è un film di rottura che fotografa la situazione di una buona fetta del nostro Paese attraverso (anche) le bellezze di Roma, immortalata da un bravo Arnaldo Catinari. Due comici diversi: Verdone è più da commedia realistica e sociale, Albanese invece è più funambolico, da botta e risposta.
In ogni caso sono due attori molto fisici, che parlano (e “masticano”) linguaggi un po' diversi. Ma il regista è Verdone che, come al solito, “pedina” puntualmente (e ironicamente) gli italiani replicando i loro vizi, le loro gang, le loro debolezze.

Questa volta al centro dell'inghippo ci sono l'attore Yuri Pelagatti (Antonio Albanese) e il detective Arturo Merlino (Carlo Verdone). Il primo dopo la separazione non ricorda più le battute in scena, mentre il secondo vive ancora a casa con la zia vedova. Il comune denominatore sono i soldi. Entrambi sono senza una lira. Pardon senza un euro. Yuri si affida a Arturo per pedinare l'ex moglie. Un giorno, per via di un equivoco, entrano in possesso di una misteriosa valigetta contenente un milione di euro in pezzi da 500. Particolare molto divertente e molto interessante da approfondire, visto che la maggioranza degli italiani non ha mai visto questa banconota. Tutti prendono questi “pezzi” per soldi falsi, tranne gli stranieri. Ma i loro guai sono finiti? Certo che no, sono appena iniziati! Carlo Verdone torna a far ridere, coadiuvato da un Albanese che sta al gioco e da un nutrito numero di caratteristi che da sempre sono stati fondamentali nel suo cinema. Tra questi cito il “cattivo” Massimo Popolizio (il mago del botox de “La grande bellezza”), la zia vedova di Virginia De Brescia e il cammeo del regista Giuliano Montaldo, ovvero l'ex generale in pensione che ingaggia il detective Merlino per ritrovare il gatto fuggito da casa. In ogni caso, come capita quasi sempre nelle opere di Verdone, la realtà alla fine torna ad essere protagonista (state attenti al finale). I personaggi sono immaginari, ma frutto di una realtà analizzata con grande cura da Verdone. Il film diventa una satira politica dell'Italia di oggi, in cui le brave persone o si cannibalizzano tra loro oppure rimangono sopraffatte dal sistema. Carlo è da sempre rimasto “catturato” dal degrado, dalla mancanza del senso civico del cittadino italiano (medio), dalla situazione attuale di Roma. Per lui è un colpo al cuore vedere la “Città Eterna” ridotta com'è. Rispetto alla comicità di Zalone è avanti anni luce perchè ha sempre avuto il colpo d'occhio, ha sempre saputo trovare le contraddizioni dell'Italia e del suo (spesso meschino) abitante.

D'accordo non sarà un capolavoro, ma nel grigiore delle ripetitive commedie all'italiana, Carlo Verdone è quasi sempre un antidoto contro il degrado. Si ride e si riflette. Una cosa non da poco, visti i tempi.

TOP La fotografia, l'amalgama della coppia Albanese – Verdone, i personaggi di contorno, i temi sociali, l' (implicito, ma voluto) omaggio del finale a Totò
FLOP Alcune cadute di stile da “cinepanettone Filmauro” (vedi il particolare della scena dei preti che stanno per entrare al solarium)

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Lotte interiori, redenzione, ambizioni e tradimenti

Due grandi film questa settimana: la nuova fatica del premio Oscar Inarritu, "The revenant", e l'attesissimo "Steve Jobs" del premio Oscar Danny Boyle

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