Pensiamoci bene. Per quanto possiamo allontanarci dalla chimica, la chimica è tutta intorno a noi e dentro di noi. Noi, come organismi, non siamo che un insieme di processi chimici che danno luogo alla vita, processi biochimici che ci permettono di mangiare, di camminare, di respirare, di fare sesso. La chimica è la base di tutto questo, non solo “il male nascosto” nei cibi o in altro. Eppure mentre l’essere chimico fa paura, il biologico è diventato trendy. Quasi come se fossero due poli in opposizione tra loro! Esiste pure un termine che descrive la paura della chimica: la chemofobia.
Quello che andiamo cercando, in realtà, sono giustamente prodotti sempre meno tossici e più sicuri, così tendiamo a banalizzare un’uguaglianza tra prodotto chimico e tossico, cercando di escludere ogni “chimichezza” dalle nostre vite. Ecco che cerchiamo il vino senza solfiti, il gelato senza conservanti, la carne senza ormoni, il pesce senza mercurio. Il tutto senza avere la più pallida idea delle differenze che esistono tra queste situazioni estremamente dissimili. Perché il pesce al mercurio va evitato sì, ma per la tossicità intrinseca del mercurio e non perché il pesce biologico sia migliore di quello mercuriato! Mentre il vino o il gelato possono tranquillamente essere bevuti con i solfiti o con conservanti, senza che questo pregiudichi la nostra salute! Esistono limiti di legge e agenzie che controllano che vengano rispettati, in questo dovremmo porre molta più attenzione semmai.
Temiamo la chimica, non c’è dubbio! Lo si vede anche nella stupida boutade sui vaccini dove si parla di “pericolo per i metalli contenuti” senza sapere che spesso quei metalli sono parte di metallo-proteine necessarie per l’azione vaccinale o di conservanti non tossici, o nella discussione sul glifosato che ha portato a un’ulteriore proroga del suo uso in Europa sulla base di studi, forse rivedibili, sulla sua tossicità. La chimica sta nei farmaci che prendiamo continuamente (tipo gli antibiotici di cui abusiamo) e nei carburanti che ci permettono di viaggiare ogni giorno sulle strade, sta nelle celle fotovoltaiche che potrebbero sostituire l’energia fossile così come nello studio delle falde acquifere o dei terreni inquinati.
La chimica può portare terribili effetti negativi, se utilizzata male o per scopi criminali, così come ogni altra scienza: dall’introduzione delle armi chimiche nella Prima Guerra Mondiale da parte di Fritz Haber, fino al Napalm del Vietnam o al gas usato dai nazisti, dai terroristi o da governi dispotici, la chimica è stata anche al servizio del male. Ma anche la fisica ha creato le armi nucleari, la biologia ha fornito gli strumenti per la creazione di armi batteriologiche, la matematica è stata usata per la creazione di sistemi crittografici utili in guerra e pure la medicina è finita più volte in terreni alquanto discutibili, come l’eugenetica. La scienza di per sé, in ogni sua forma, non è buona o cattiva, ma è solo uno strumento al servizio dell’uomo, un mezzo che può essere usato per aumentare il benessere così come per produrre morte e distruzione. E il confine, che può sembrare netto, in realtà è molto sfumato.
Un esempio da raccontare riguarda un farmaco: la talidomide. Questo farmaco fu studiato come sedativo e ipnotico negli anni cinquanta, come possibile sostituto dei barbiturici, entrò in commercio, ma fu ritirato molto velocemente quando si scoprì la teratogenicità della molecola. Purtroppo gli studi eseguiti prima dell’immissione in commercio non coinvolgono, per ragioni etiche, donne incinta, così quando il farmaco entrò sul mercato la nascita di bambini focomelici (con arti non sviluppati) non poteva essere prevista e portò al ritiro immediato del prodotto. La stessa molecola, nel 1998, si è rivelata un ottimo farmaco di seconda istanza per mielomi e per altre malattie degenerative molto gravi. Cosa vuol dire questo? Sicuramente che la talidomide non è “acqua fresca”: è tossica, nuoce in maniera devastante al feto e quindi non può essere usata in gravidanza, ma può risultare molto utile per situazioni di tumori in stadio avanzato, in cui si prova veramente tutto per salvare una vita.
Faccio anche un altro esempio, su un tema che dovrebbe essere tenuto più al centro del dibattito politico e sociale: la produzione di granturco geneticamente modificato anche grazie a insetticidi chimici potenzialmente tossici per l’uomo. Ad oggi il mais viene usato principalmente per due scopi: alimentazione umana e alimentazione di animali da allevamento. Entrambe le strade quindi, direttamente o no, portano il mais dal campo alle nostre tavole, di conseguenza un trattamento tossico della pianta può essere causa di una tossicità dei nostri cibi. Dall’altronde, negli ultimi anni, è aumentato esponenzialmente il bisogno di granturco per la ricerca e la produzione di biodiesel, cioè sulla conversione del mais in carburante non-fossile e quindi ecosostenibile. Beh, questo potrebbe essere una bella valvola di sfogo per quei sistemi agricoli chimici che non vogliamo vedere sulle nostre tavole!
La soluzione, forse più logica, sarebbe distinguere a monte tra le coltivazioni a uso alimentare e quelle finalizzate alla produzione di carburanti e mantenere elevati standard di controlli tossicologici solo per il primo caso. In questo caso però eliminare dai protocolli i controlli sulla tossicità abbatterebbe in maniera drastica i costi di coltivazione del mais non-alimentare, spingendo molti agricoltori a gettarsi in questo filone, facendo diminuire molto la produzione di granturco per uso alimentare e quindi facendo salire il suo prezzo. La risposta a quel punto (sbagliata chiaramente) potrebbe sfociare nel tentativo di allargare le maglie dei controlli per far entrare nella casella del non-tossico anche ciò che è tossico. Tutto questo grande inghippo nasce a monte da una visione binaria (bianco o nero) della questione: la chimica, purtroppo, non è così banale, ma è graduale e progressiva, solo mettendo in fila le cose si potrebbe ragionare seriamente e trovare soluzioni sensate ai problemi.
Essere scienziati sicuramente non basta (e lo dico da chimico e da scienziato), dovremmo imparare a trasmettere le nostre idee, le nostre preoccupazioni e i nostri progetti in maniera attraente, comunicativamente genuina e, soprattutto, dovremmo imparare a trasmettere tranquillità a chi ci ascolta. Purtroppo però fa più audience una falsità gridata che una verità tranquilla, fa più presa un allarme senza senso che un nulla di fatto, è più di moda aver paura che fidarsi. Questo sta mancando: la fiducia nella scienza e, in particolar modo, della chimica. Ripeto, non si deve avere una fede cieca e fidarsi sempre e comunque, ma si deve aprire la propria mente al dialogo critico e dialettico. Solo mettendoci tutti in gioco potremmo uscire da questo vicolo cieco che non è utile a nessuno e assomiglia sempre più a una guerra di religione. La scienza non può (e non deve essere) dogmatica e fideistica, ma deve imparare a parlare a chi cerca risposte, così come chi ha dubbi e solleva problematiche deve essere pronto ad ascoltare ogni risposta che la scienza può fornirci.
Smettiamola di temere la chimica, in fondo se riusciremo a sconfiggere il riscaldamento globale, le malattie e la fame nel Mondo sarà anche merito di questa brutta e sporca scienza! Vi lascio con queste splendide parole di Primo Levi, chimico e scrittore, dal suo “Il Sistema Periodico”:
“Cercai di spiegargli che la nobiltà dell’Uomo, acquisita in cento secoli di prove di secoli e di errori, era consistita nel farsi signore della materia, e che io mi ero iscritto a Chimica perché a questa nobiltà mi volevo mantenere fedele. Che vincere la materia è comprenderla, e comprendere la materia è necessario per comprendere l’universo e noi stessi: e che quindi il Sistema Periodico di Mendeleev era una poesia, più alta e più solenne di tutte le poesie digerite in liceo. A pensarci bene, aveva persino le rime.”
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