Seguendo la divisione accademica che attraversa il Paese raccogliamo qui il vasto ambito di materie comprese nelle definizioni di "scienze umanistiche" e "scienze sociali". Le persone, il loro vivere in società e tutto ciò che vi ruota attorno.
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Il Pensiero di Althusser V: Apparati Ideologici di Stato
Nel suo saggio più celebre, Ideologia e Apparati Ideologici di Stato, Althusser vuole mostrare quale sia il ruolo specifico dell’ideologia all’interno delle moderne società occidentali. Il punto di partenza è la concezione marxista dello Stato che viene definito come un apparato repressivo che permette alle classi dominanti di esercitare il proprio potere sul proletariato. Secondo dunque questa visione, lo Stato va inteso innanzi tutto come apparato specializzato, composto dalla polizia, dai tribunali, dalle prigioni, dall’esercito e dalla varie cariche istituzionali e amministrative. Tutte le lotte politiche ruotano attorno allo Stato proprio perché il suo possesso e la sua conservazione permettono il dominio della classe che lo controlla. Althusser non rigetta affatto questa concezione dello Stato come apparato la cui funzione fondamentale sia quella repressiva ma ritiene che per comprendere meglio come funziona, occorre aggiungere all’analisi altri elementi che tendono a sfuggire alla maggior parte delle tradizionali analisi marxiste. In particolare, ciò che non deve sottrarsi ad ogni sforzo teorico che abbia come oggetto lo Stato, è il rimarcare che esso non si compone solo di un apparato repressivo, ma anche di uno ideologico.
Entra allora in scena un altro medico, Milton Diamond, un noto endocrinologo che sostiene invece una tesi opposta a quella di Money, vale a dire la tesi essenzialista: secondo tale teoria, la natura dell’identità di genere non è affatto neutra o frutto di una genesi sociale e culturale, bensì è ormonale, genetica. Se alla nascita vi è la presenza genetica del cromosoma Y, anche in assenza del pene e anche in seno a un’educazione “femminile”, resta inevitabilmente la presenza di un istinto sessuale maschile, di preferenze e desideri da maschio, perché il cromosoma Y “agisce implicitamente nella strutturazione del senso e dell’autoconsapevolezza di persona sessuata” (Fare e disfare il genere). Questa presenza originaria del cromosoma maschile prescinde dunque, per Diamond, dal fatto che l’organo sessuale ci sia o non ci sia, perché quella mascolinità genetica resta, anche laddove non appare. Brenda trova allora in questa idea un sostegno e una speranza di poter diventare il maschio che sente di essere e assume il nome di David. Così si affida nelle mani dell’endocrinologo e a 14 anni decide di farsi somministrare il testosterone e di farsi asportare i seni. A 15-16 anni a Reimer viene dunque implementato un “fallo” (Diamond usa proprio tale termine nei suoi appunti) che si avvicina solo in parte alle normali funzioni e quindi di conseguenza solo in maniera ambivalente permette a David di accedere alla norma: David non è in grado di eiaculare, benché provi un certo piacere, e urina dalla radice del pene. Anche in quest’altro sviluppo della vicenda di David si assiste però, di nuovo, a una strumentalizzazione del suo caso per dimostrare una tesi che si sostiene: anche Diamond si serve perciò di Reimer per capovolgere la tesi del costruttivismo di genere attraverso la nozione di un nucleo costitutivo del genere, legato inestricabilmente all’anatomia natale e al determinismo biologico.
Una lezione davvero interessante quella tenutasi giovedì 3 dicembre, durante il corso di filosofia politica a scienze politiche presso il Polo Universitario di Novoli. La docente del corso, la professoressa Brunella Casilini ha voluto fare un regalo ai suoi studenti (e a tutti coloro, colleghi, laureandi, studenti di altre facoltà che hanno assistito alla lectio magistralis) invitando ad approfondire uno dei testi in programma, “Fare e disfare il genere”, di Judith Butler con Federico Zappino, studioso di filosofia politica e uno dei massimi esperti del pensiero della filosofa statunitense, nonché traduttore e curatore della recente nuova edizione (Mimesis) del succitato testo, oltre ad aver tradotto e curato anche “La vita psichica del potere” (anch’esso edito da Mimesis) e aver pubblicato, insieme a Lorenzo Coccoli e Marco Tabacchini “Genealogie del presente. Lessico politico per tempi interessanti.”(Mimesis, 2014)
Il Pensiero di Althusser IV: materialismo aleatorio e teoria generale della società
La concezione althusseriana del cambiamento sociale e politico come esito di un complesso reticolo di influenze fra le varie sfere della società, secondo il principio della surderminazione (come abbiamo visto nel precedente contributo), è coerente con la lettura antistoricista che il filosofo francese dà del capitale: non ci sono meccanismi automatici che determinano il passaggio da un sistema di produzione all'altro, bensì solo delle concrete situazioni storiche, in cui, in maniera casuale, o quantomeno non del tutto deliberata da alcun soggetto, si può verificare la simultanea presenza di una grande quantità di contraddizioni nei rapporti sociali, economici, culturali tali da portare a una rottura dirompente col passato.
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Terminato il suggestivo e appassionato intervento (o testimonianza) di Organisti, è Sandro Palazzo a prender la parola. Il suo, afferma, sarà un Deleuze “un po’più autunnale”. Palazzo parte infatti da un testo deleuziano del ’92, “L’épuisé”, ovvero “L’esausto”, uno scritto su Beckett. Vi è una differenza, sostiene Deleuze, tra lo stanco e l’esausto. Lo stanco è colui che
“non dispone più di nessuna possibilità (soggettiva): e non può quindi mettere in atto la minima possibilità (oggettiva). Ma questa possibilità permane, perché non si attua mai tutto il possibile, anzi lo produce man mano che si va attuando. Lo stanco ha esaurito solo la messa in atto, mentre l’esausto esaurisce tutto il possibile. Lo stanco non può più realizzare, ma l’esausto non può più possibilizzare” (G. Deleuze).
“Un po’di possibile, sennò soffoco”
Gilles Deleuze
Continua il ciclo di appuntamenti filosofici al Gabinetto Viessieux, organizzata dall’Associazione Quinto Alto. Stavolta il protagonista della conferenza è stato Gilles Deleuze, a vent’anni dalla sua morte. Non a caso il titolo dell’incontro del 30 novembre era proprio “Ripensare Deleuze. A vent’anni dalla morte”.
Katia Rossi, moderatrice del dibattito, introduce la figura di questo affascinante ed eccentrico filosofo ricordando in particolare il volume di opere postume pubblicato a distanza di dieci anni dalla sua morte, curato da David Lapoujade, col titolo di “Les mouvements aberrants” (éditions de Minuit) e che raccoglie soprattutto una serie di lettere e interviste lasciate dal filosofo francese.
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