Sabato, 12 Marzo 2016 00:00

Vizietti a corte: le abitudini sessuali dei reali dell'Ancien Régime II

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Il professore Rossi continua il viaggio tra gli scandali, i vizietti e le vicende erotiche delle corti francesi e passa a introdurre la figura del sovrano più sottaniere e dedito all’ars amatoria, vale a dire, Enrico IV (1518-1610). Il re è passato alla storia per essere uno dei più magnanimi nei confronti dei sudditi (tanto da accaparrarsi il nomignolo di “bon roi”) e anche come uno dei più anti-conformisti rispetto alla rigida disciplina, privata e pubblica, dell’epoca: si faceva ritrarre in posizioni buffonesche con i figli, sia maschi che, cosa straordinaria, con le femmine (vi sono quadri che lo rappresentano a gattoni con in groppa i bambini), si fa chiamare “papà” da loro..insomma aveva delle maniera che potevano risultare abbastanza anti-convenzionali per le regole reali del tempo. Enrico però non era altrettanto un emblema di purezza, candore e integrità dal punto di vista morale e di comportamento sessuale. Era, perdonatemi il termine, un vero e proprio “puttaniere”, anche se si innamorava sinceramente di tutte le amanti che ha avuto (tante!).

La prima moglie è l’altrettanto famosa Marguerite de Valois (la stessa che dà il nome a uno dei più importanti scritti di Dumas, “La reine Margot”), figlia di Caterina de’ Medici e ragazza dal carattere ribelle e forte, tanto che, non volendo sposare Enrico II, fu costretta dal fratello, che le “schiacciò” la testa sul cuscino, come simbolo di sottomissione a un matrimonio, che come sempre, trascendeva la sua libertà e volontà individuali. All’epoca del contratto matrimoniale Enrico è ancora principe di Navarra ed è protestante. Il matrimonio è stipulato proprio per tentare di risolvere il sanguinoso conflitto tra cattolici e protestanti, ancora dietro la regia silenziosa di Caterina dei Medici (persecutrice della pace tra le due confessioni); di lì a pochi giorni però il conflitto non sarà certo sanato, anzi, degenererà nella tragicamente nota Notte di San Bartolomeo (la notte tra il 23 e il 24 agosto del 1572), durante la quale si consumò una strage di ugonotti.

Marguerite, dopo poco tempo verrà ripudiata (forse per il difficile caratterino ribelle e determinato), di nuovo con il pretesto della mancanza di progenie. Quando ancora però i due sono sposati ecco che compare sulla scena la prima (di una lunga serie!) amante di Enrico IV: Françoise de Montmorency-Fosseux, (che il re chiama amorevolmente “la belle fosseuse” o, quasi in maniera un po’pederasta, “ma fille”, dato che lei era quasi una bambina mentre lui aveva già una trentina di anni), una delle dame di compagnia dell’ancora regina Margot. Françcoise è molto timida e ritrosa e lui, riesce alla fine a sedurla dopo una trafila di regali e attenzioni, a cui, infine la ragazza non riesce a cedere. Sfortunatamente, quando l’amante resta incinta, comincia ad avallare delle pretese (vuole farsi sposare dal re) e diventa un po’troppo scomoda. Caterina, di nuovo stratega dietro le quinte, escogita allora uno stratagemma grazie al quale riesce ad allontanare la donna dalla reggia.

Altra amante del re donnaiolo è Diane D’Andoins, comtesse de Gramont, una donna colta e protettrice di personalità importanti del panorama culturale dell’epoca, tra cui Montaigne. Si faceva chiamare la “belle corisande”, dall’omonimo titolo di un romanzo di quei tempi. Sia lei che Enrico sono molto innamorati: lei aiuterà molto l’amante e si farà fare da lui una promessa col sangue per farsi sposare. Promessa che però verrà disattesa spudoratamente, perché, guarda caso, l’insaziabile Enrico si innamora di un’altra donna, dalle fiamminghe rotondità femminile, che sarà il suo amore più grande e intenso. Si tratta di Gabrielle D’Estrées. La ragazza, che oltre ad essere particolarmente attraente era anche dotata di un’acuta intelligenza politica, sarà colei che spingerà l’ancora protestante Enrico a convertirsi al cattolicesimo, che gli suggerirà di prendere il duca di Sully come ministro delle finanze e che spingerà il re verso l’Editto di Nantes del 1598 (che riconosceva libertà di coscienza e libertà di culto) che pose fine alla serie di guerre di religione che avevano piegato la Francia dal 1562. Diane fu raffigurata in molti quadri, uno dei più celebri è quello della Scuola di Fontainebleu (conservato al Louvre), in cui la donna è ritratta insieme a un’altra donna che le tocca il capezzolo. A tutta prima potrebbe apparire come una scena di incestuoso amore omo-erotico, mentre non si tratta affatto di questo: l’altra donna presente nel quadro è la sorella di Diane e il suo gesto indica in modo quasi metonimico, il latte che sgorgherà dal seno, a sua volta simbolo dell’imminente gravidanza della sorella (oltretutto sullo sfondo compare una balia che sta cucendo presumibilmente un abitino per un neonato). Diane infatti era incinta, e questa era la “clausola” per cui Enrico aveva promesso di sposarla. Malauguratamente la fanciulla muore proprio a causa di questa gravidanza, che per lei era già la quarta (non erano assolutamente rare le morti delle donne per parto). Enrico è distrutto dal dolore, tanto da vestirsi di nero – cosa che per i re era vietata – e da scrivere le seguenti affrante parole: “la radice del mio cuore è morta e non si riprenderà più”, emblematiche del profondo sentimento che il re nutriva per la giovane (come sempre, del resto) amante. In realtà il lutto sembra durare poco e infatti dì lì a breve il sovrano “rubacuori” ricapitombola per un’altra donna, Henriette D’Entraygues. L’amore però viene bruscamente interrotto da una tragica (forse un po’tragicomica) sventura: durante una notte di furiosa tempesta, un fulmine si abbatte proprio sulla camera di Henriette, che, incinta è costretta a un parto prematuro che le costa la vita.

Enrico IV a questo punto decide allora di sposare Maria de’Medici, molto cattolica, ma meno astuta della sorella Caterina, la quale darà alla luce un bel po’di figli. Il re ovviamente non ha perso il vizio delle amanti e ne trova un’altra quasi bambina (al re piacevano evidentemente le ragazze giovanissime) di tredici anni, a fronte dei suoi cinquantasei, in Charlotte de Montmorency, di cui si invaghisce perdutamente vedendola recitare vestita da ninfetta in uno degli spettacoli di corte. La ragazzina è però già promessa al marchese di Bassompierre, figura legata politicamente a Enrico, che rompe frettolosamente questo patto (non avrebbe potuto farsi come amante la futura consorte di un uomo legato a lui politicamente) dando in sposa la fanciulla a Henry II de Bourbon principe di Condé (fedelissimo del re), convinto che quest’ultimo non rappresentasse un pericolo in quanto non particolarmente amante delle donne. L’intuizione di Enrico si rivela però infondata: Henry II si innamora infatti della giovane sposa e se la porta via a Bruxelles. Qualcuno sostiene che questa vicenda sia stata addirittura una delle vere cause che spinsero Enrico IV a dichiarare guerra alla Spagna (dato che il Condé faceva parte del ramo borbonico), ma naturalmente non ci sono fonti che lo confermino.

Dopo la (tragica) morte di Enrico IV, ucciso nel 1610 da un fanatico cattolico di nome Ravaillac che colpì a morte il re mentre quest’ultimo si recava in carrozza all’arsenale della Bastiglia, sale al trono il figlio Luigi XIII di Borbone, detto “il giusto” (primo figlio di Enrico con Maria de’Medici), il quale non ha avuto amanti donne, ma diversi amanti uomini. Il re era infatti omosessuale, o anzi, diremo forse noi oggi, transessuale (senza intervento chirurgico per il cambio di sesso però), in quanto amava abbigliarsi con abiti femminili. Dumas rappresenterà questo re come machiavellico e crudele nel noto romanzo “I tre moschettieri”, ma in realtà la sua figura è stata fortemente eclissata dal padre e dal figlio (il futuro “re sole”), nonostante sia colui che ha gettato le basi per l’assolutismo. Già da piccolo viene promesso a Nicole Duchessa di Lorena, dato che a Enrico IV che voleva far guerra all’Austria avrebbe fatto ben comodo un’alleanza politica con i Lorena. I piani non vanno però come nella previsione del re perché la duchessa cambia subito politica spingendo fortemente per la pace con l’Austria. Il matrimonio allora non viene stipulato e Luigi viene fatto maritare con Anna D’Austria (figlia del re Filippo III di Spagna). Per il nuovo reale è molto difficile avere rapporti fisici con questa donna, la quale oltre ad esser donna, è anche una principessa asburgica, tanto che per lui la prima notte di nozze fu percepita come una violenza sessuale che gli impedì di toccare di nuovo la moglie per ben quattro anni. Dopo l’astinenza però i due daranno alla luce due figli: uno sarà il futuro re sole Luigi XIV, l’altro il meno noto Philippe, anch’egli omosessuale. Nelle rappresentazioni dell’epoca il secondogenito è raffigurato con abiti femminili e questo comprova ancora una volta lo scarso valore che veniva attribuito alle donne: dato che il secondogenito non contava nulla e non doveva fare ombra oscurando la luce (quantomeno futura) del fratello maggiore (erede ufficiale al trono), veniva abbigliato con vestiti da donna, in segno di degradazione o di svilimento.

Succeduto a Luigi XIII sale al trono il “re sole”, che sposa Maria Teresa d’Austria, come prevedeva una delle clausole inserite nel trattato dei Pirenei sottoscritto nel 1659 a chiusura della guerra franco-spagnola grazie all’operato del Cardinal Mazzarino, primo ministro di Francia. Luigi XIV avrà diversi figli da questo matrimonio, ma non rinuncerà ai piaceri del sesso extra-coniugale. Una delle amanti è Henriette d’Anne d’Angleterre, Duchessa di Orléans, che però era la consorte del fratello Philippe. Per salvare quel minimo di apparenze (d’altronde era pur sempre il fratello!) si ricorre al cosiddetto stratagemma del paravento: si finge cioè che l’amante del re sia un’altra donna, che viene scelta perché ritenuta non particolarmente pericolosa in quanto non dotata di particolare avvenenza fisica. La “finta” amante la si trova nella persona di Louise de la Vallière , di cui però re Luigi XIV finisce per innamorarsi per davvero e da cui ha quattro figli. La donna però è molto pia e supplica il re di lasciarla libera; si fa suora ed entra in un convento in cui terminerà di trascorrere la sua esistenza. I suoi figli comunque vengono fatti educare a corte (fino a sei/sette anni da istitutrici donne, dato che i bambini venivano visti come una specie di omuncoli e quindi andavano bene anche delle donne per la loro prima educazione, dopodiché dai sette anni in poi l’istruzione sarà impartita da uomini, poiché a quel punto l’infante è considerato un adulto che abbisogna di un’educazione più seria e adeguata). Rossi ricorda tra l’altro che era consueta usanza vendere i bambini nati fuori dal matrimonio reale, o anche dal circuito delle amanti più note del re, come bambini dotati di una sorta di pedigree perché dotati comunque di sangue blu e il cui prezzo poteva perciò raggiungere cifre più alte rispetto a bambini “normali”.

Un’altra amante di Luigi XIV fu Athénaïs de Montespan, donna molto colta, protettrice di La Fontaine e Molière e molto elogiata da figure culturali di spicco, come Madame de Sévigné che di lei scrisse parole molto lusinghiere. La donna però si trovò ad essere implicata nello “scandalo dei veleni” (molti casi di avvelenamento alla corte di Versailles) che provocò la morte anche a una diciassettenne, Mademoiselle de Fontanges. Athénais viene perciò allontanata e dopo un periodo di agiata esistenza, fu colta da sensi di colpa e proseguì la sua vita in penitenza.
L’ultima, importante amante è Françcoise d’Aubigné, Marchesa di Maintenon, chiamata a corte per far la governante ai figli di Luigi, il quale subito si innamora e, dopo la morte della moglie legittima sposa la donna attraverso un matrimonio segreto.

Il re sole che, tra mogli e amanti, si vantava di avere una progenie proficua di futuri eredi, dovrà smentirsi a causa di una pestilenza di vaiolo e soprattutto morbillo che colpisce Versailles, facendo strage della sua prole. Con la preoccupazione di rischiare di ritrovarsi senza erede al trono, il re cerca di far approvare un’ordinanza speciale su base della quale nominare come erede uno dei figli illegittimi avuti dalla Montespan (fuori quindi dal matrimonio reale), cosa che era severamente vietata. Fortunatamente l’epidemia risparmia il bis-nipote di Luigi, il futuro Luigi XV che proseguirà la scia di amanti del bisnonno ma senza la stessa prudenza e cautela. Lo stesso Luigi XIV infatti, aveva lasciato scritto che bisogna sì avere delle amanti, ma purché queste non ambiscano a diventare padrone di Versailles. Non riuscendo invece a tenere a bada le proprie amanti, Luigi XV finisce per diventare una sorta di zerbino nelle mani della sua amante più nota, Madame de Pompadour, una delle donne più potenti del XVIII secolo. Essendo borghese e quindi impossibilitata ad entrare nella corte di Versailles (vi potevano entrare solo dei/delle nobili), il re le procura (le compra) un titolo nobiliare (sembra che il nome Pompadour derivasse dall’onomatopeico termine “amour”) dopo aver tra l’altro allontanato il di lei marito. Donna molto colta e circondata da amici filosofi, soprattutto illuministi, fu colei che convinse l’amante di sangue blu a togliere il veto della Chiesa Cattolica dall’Enciclopédie. La Pompadour era così intelligente e acuta che Luigi XV la tenne al suo fianco come consigliera politica, ma mal gliene colse quando fu proprio lei ad esortare il re a intraprendere la guerra dei sette anni, da cui la Francia sarebbe uscita disperatamente devastata.
Dopo questo piacevole e aneddotico percorso tra gli amori di corte, sembra sempre più azzeccato il comune detto secondo il quale dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna..anche se in questo caso andrebbe modificato, dicendo che, “dietro a un grande re, c’è (quasi) sempre una grande amante”.

Ultima modifica il Venerdì, 11 Marzo 2016 13:50
Chiara Del Corona

Nata a Firenze nel 1988, sono una studentessa iscritta alla magistrale del corso di studi in scienze filosofiche. Mi sono sempre interessata ai temi della politica, ma inizialmente da semplice “spettatrice” (se escludiamo manifestazioni o partecipazioni a social forum), ma da quest’anno ho deciso, entrando a far parte dei GC, di dare un apporto più concreto a idee e battaglie che ritengo urgenti e importanti.

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