Anche la politica europea e la sua cartina erano cambiate e l’ascesa della Francia come potenza continentale fu un segnale dell’importanza che assumeranno gli stati nazionali da questo momento in avanti. Il paradigma universale medievale identificato nel legame tra Chiesa e Impero stava traballando. In questo continente attraversato da questi radicali cambiamenti dal pensiero politico a quello religioso, l’ascesa al trono imperiale di Carlo V e il suo progetto politico furono un tentativo di frenare questo passaggio epocale. Definito da molti storici come il più grande sovrano della storia europea di questo travagliato periodo e non solo, un elemento che ha contribuito all’importanza del suo regno e che ha permesso al sovrano asburgico di poter ridare stabilità al continente è stata la grande estensione territoriale dei suoi possedimenti. La discendenza di Carlo V, nato nel 1500, era intrecciata con le principali case regnanti dell’epoca. Figlio di Giovanna detta la Pazza e di Filippo il Bello, ereditò nel 1516 con la morte del nonno materno Ferdinando il Cattolico, la corona spagnola e i possedimenti coloniali della Spagna oltreoceano. Nel 1519, con la morte prematura prima del padre Filippo il Bello poi con la morte del nonno paterno Massimiliano I d’Asburgo, ereditò i possedimenti asburgici e profondendo il denaro dell’alta finanza tedesco-fiamminga, quella dei Fugger che erano i grandi banchieri di Augusta, venne eletto Imperatore. Carlo V divenne anche nel 1515 Duca di Borgona per il matrimonio tra suo nonno Massimiliano I d’Asburgo e la duchessa Maria Bianca di Borgogna, morta nel 1482.
Nella contesa per il titolo imperiale, riuscì a eliminare la concorrenza del re di Francia Francesco I e di Enrico VIII d’Inghilterra. Fu l’inizio di una contesa feroce tra il sovrano francese e l’imperatore, il cui principale terreno di scontro è la penisola italica, a causa dell’appoggio del papato alla corona francese per il timore di un così grande potere territoriale come era l’impero di Carlo V. Francesco I il re di Francia, cerca di ostacolare l'ascesa di Carlo V, rivendicando diritti sulla corona imperiale. Ma subisce una durissima sconfitta nella battaglia di Pavia del 1525, dove viene addirittura fatto prigioniero e costretto a rinunciare al controllo del Ducato di Milano e della Borgogna. Tornato in libertà si mette a capo di una coalizione, la Lega di Cognac, di tutti gli stati preoccupati dalla crescente potenza asburgica (tra i quali Firenze e Venezia). L'appoggio del papa Clemente VII a Francesco I suscita l'ira dell'imperatore il quale, nel 1527, invade l'Italia e attacca lo Stato della Chiesa lasciando che le sue truppe saccheggino Roma. La Lega di Cognac si sfalda, il papa Clemente VII viene assediato per mesi nella fortezza di Castel Sant'Angelo finché accetta di legittimare Carlo V e la sua politica, incoronandolo solennemente nel 1530.
Gli eventi del 1525 e soprattutto il Sacco di Roma, ebbero un impatto notevole nell'immaginario dei contemporanei. Sembrò che L'Europa del XVI secolo, nonostante le influenze del Rinascimento e della Riforma, nonostante gli sviluppi delle monarchie nazionali e delle moderne scuole di pensiero storiografico e politico, fosse tornata alla semplicità dello schema medievale Papato e Impero, e questa volta l'Impero aveva fatto pesare a proprio favore il piatto di quella bilancia. Negli anni Trenta e Quaranta del Cinquecento la politica imperiale di Carlo V si consolida. Riaffermando la funzione sacra dell'Impero, si sente ormai il paladino della Chiesa di Roma e promotore dell'unità dei cristiani. Pertanto, se nel Mediterraneo continua a difendere le coste dagli attacchi dell'Impero islamico dei turchi Ottomani, in Germania si scontra con i principi tedeschi che, riuniti nella Lega di Smalcalda, hanno aderito alla Riforma luterana (l'imperatore aveva già dichiarato fuorilegge Lutero nel 1521), opponendosi al suo dominio; riportando una vittoria decisiva nella battaglia di Muhlberg (1547). Ed è sempre Carlo V a sollecitare il papa (nel 1534 viene eletto Paolo III, che diventa un importante alleato dell'imperatore) affinché convochi il concilio di Trento, per rispondere anche dal punto di vista dottrinale alla Riforma e possibilmente ricomporre la divisione religiosa.
È ovvio che in questo quadro il mito del sovrano assoluto (complice la propaganda) trovi terreno fertile in tutti gli ambiti della società. Molti iniziarono a credere che il bene dell'umanità fosse possibile solo sotto il governo di un unico re e che tale avvenimento si stesse realizzando. Ludovico Ariosto, nell'Orlando Furioso del 1532, interpreta le recenti scoperte e la successiva conquista delle terre americane, come segno divino; annuncio dell'avvento di una monarchia universale, “sotto il più saggio imperatore e giusto”. Si riferisce in modo esplicito a Carlo V, depositario di tutte le virtù cristiane: “e le virtù che cacciò il mondo [...]/ uscir per lui di bando/Per questi merti la Bontà suprema/ [...] e vuol che sotto a questo imperatore /solo un ovile sia solo un pastore”. Una citazione, quest'ultimo verso, del Vangelo di Giovanni che ribadisce ancora una volta l'aspetto messianico con il quale si guardava la politica imperiale.
Ma gli iniziali successi di Carlo V furono solo un segnale della effimera possibilità di fermare il cambiamento in atto nel continente. La riforma protestante e le sue ramificazioni dalla dottrina luterana si erano radicate profondamente e rapidamente non solo nei principi tedeschi, ma nella stessa popolazione. Carlo V nell’aprile del 1521 davanti alla Dieta di Worms riuscì a far comparire Martin Lutero per cercare una riconciliazione con lui ma il tentativo non andò a buon fine e quando il sovrano emanò il bando dall’Impero del monaco tedesco, Lutero si trovava nella sicura fortezza della Wartburg sotto la protezione dell’elettore di Sassonia. Inoltre le monarchie nazionali oramai consolidate come Inghilterra e Francia erano incompatibili con l’idea di una Europa riunita sotto la guida imperiale. E fecero causa comune con i principi tedeschi protestanti contro l’imperatore, come dimostra la rinnovata alleanza del nuovo re di Francia Enrico II con i principi tedeschi (in particolare Maurizio di Sassonia) e gli stati italiani che nella penisola, nell’ambito delle guerre d’Italia, si opponevano al dominio imperiale. La frattura all'interno della Chiesa non era più componibile.
La Riforma si era ormai radicata nell'area germanica e nel Nord Europa. Carlo ne prese atto suo malgrado nel 1555 quando, per pacificare l'area, dovette seguire una politica realistica con la pace di Augusta, che prevedevano in pratica la divisione religiosa della Germania. Con il principio del cuius regio eius religio, le popolazioni dei vari principati furono costrette ad accettare la religione del nobile detentore del potere nel rispettivo territorio, oppure emigrare in un altro principato. Ultimo, ma non meno importante aspetto: l'Impero era una realtà famigliare. Carlo avrebbe voluto trasmettere la corona imperiale al figlio Filippo (mantenendo l'unità e soprattutto una continuità politica) ma si scontrò con la forte ostilità del ramo della famiglia legato al fratello Ferdinando, che governava i territori degli Asburgo nell'Europa centrale ed aveva un atteggiamento moderato verso i principi luterani tedeschi. E questi non avrebbero mai accettato di essere governati da un fervente cattolico come Filippo, oltretutto spagnolo e senza il carisma del padre. Sebbene limitata all'aspetto diplomatico la disputa all'interno della famiglia Asburgo fu fonte di grande amarezza per Carlo. Si rese conto non solo della fine della propria politica imperiale ma anche della propria sconfitta personale. Di conseguenza, nel 1556, con una mossa sorprendente, che suscitò sia sconcerto che ammirazione, decise di ritirarsi a vita privata nel monastero di Yuste (Estremadura) dopo aver abdicato e diviso l'Impero: Spagna, Italia e Paesi Bassi, con le colonie americane, andavano a Filippo, mentre l'area germanica finiva sotto il controllo del fratello, insieme alla corona imperiale che ritornò, ancora una volta, a essere limitata ai territori dell'Europa centro-orientale e quindi un'istituzione di importanza locale.
Il sogno di una Europa unita dalla pace imperiale che Carlo V aveva inseguito durante il suo regno svanì, davanti a una realtà continentale divenuta conflittuale a causa dell’affermarsi delle nuove monarchie nazionali e dell’enorme cambiamento portato dall’affermarsi della riforma protestante. Insieme ai cambiamenti nel pensiero culturale e politico europeo dopo il tramonto medievale, che portarono Machiavelli a scrivere che “tutti gli stati, tutti li domini che hanno avuto et hanno imperio sopra gli uomini, sono stati e sono o repubbliche o principati”. I conflitti successivi che affrontarono gli eredi di Carlo V e il radicalizzarsi dello scontro religioso in Europa segnarono l’avvio del definitivo declino dell’Impero come soggetto universale e guida nel continente europeo.