Venerdì, 01 Giugno 2018 00:00

Il controverso rapporto con l'europeismo della sinistra in Italia

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Europa tradita: il controverso rapporto con l'europeismo della sinistra in Italia

C’è grande confusione sotto il cielo. Nonostante per il grande Mao ciò coincise con una grande opportunità politica per la sua rivoluzione,  la grande confusione di questi giorni e queste ultime settimane non fa che acutizzare la crisi di una sinistra italiana sempre più sbandata. Senza parlare del Partito Democratico, che l’autore di questo articolo si ostina a collocare nell’orbita (sinceramente più lontana) della sinistra.

Intorno al  film psico-thriller che si sta svolgendo intorno al Quirinale, si è allestito uno spettacolo teatrale tragicomico. Il Partito Democratico utilizza il rispetto dovuto da tutte le forze politiche verso l’istituzione della Presidenza della Repubblica come un’arma elettorale. Le minacce di Salvini e Di Maio al Colle hanno servito un ennesimo pretesto a una classe politica autoreferenziale quanto fallimentare per non prendersi le proprie responsabilità. Il resto della sinistra, che si autodefinisce tale, si divide tra chi difende il ruolo del Capo dello Stato e di garante della Costituzione, e tra chi invece sbraita del primato della sovranità popolare. In questo assurdo dibattito politico, è tornato prepotentemente nell’area il tema dell’Europa.

Il pericolo di un governo Lega – Movimento Cinque Stelle all’insegna dell’euroscetticismo ha allarmato una parte del paese, suscitando la simpatia dell’altra parte. Il problema di questo tatticismo intorno a un tema importante come la permanenza nell’Unione Europea è legato a quanto il sentimento europeista sia stato utilizzato impropriamente dal Partito Democratico e da una parte della sinistra italiana come una bandierina elettorale. L’europeismo è diventato un valore politico fine a sé stesso, non accompagnato da una riflessione politica profonda sul ruolo che l’Italia dovrebbe avere all’interno dell’Unione Europea e nemmeno sulla istituzione sovranazionale stessa.

Tutto nasce dal grande tranello politico del 2011, in cui festeggiando la caduta del governo Berlusconi e paventando il fantasma del default economico ci si è allineati a quella che adesso rimane la linea politica di maggioranza delle istituzioni europee. Parole come austerity, pareggio di bilancio, default, spread sono diventate armi elettorali utilizzate impropriamente contro la destra e il M5S. I governi di questi anni si sono nascosti dietro le parole responsabilità e bilancio e pure l’espressione “ce lo chiede l’Europa” per applicare politiche liberali che di europeo hanno ben poco, visto provengono dalle mosse economiche disastrose a posteriori del governo di Tony Blair nel Regno Unito, il paese più euroscettico del continente.

Persino nel semestre italiano alla Presidenza dell’Unione Europea durante il governo Renzi, si è preferito mantenersi il favore di Bruxelles e della Commissione Europea abbandonando le battaglie che potevano essere condotte in Parlamento Europeo a Strasburgo per mettere in discussione la linea politica comunitaria. Una linea politica nata dal modello tedesco delle larghe intese, a guida però conservatrice e liberale, che hanno ingabbiato i partiti del PSE e concesso ai partiti del Partito Popolare Europeo di occupare gradualmente tutti i posti principali alla guida politica ed economica dell’Unione Europea.

In questo momento, il Partito Democratico ha commesso l’errore di collegare l’europeismo ai valori dell’antifascismo, senza però fare quella profonda riflessione politica costruttiva che fece a suo tempo Altiero Spinelli per formulare un modello sovranazionale europeo alternativo ai governi nazifascisti. Utilizzare la retorica dello spread contro gli elettori non ha fatto altro che spostarli sempre più lontano dall’Europa. Lo stesso ha fatto gran parte della sinistra italiana alternativa al PD, che ha preso a modello il partito in Francia di Melenchon senza però riflettere sulle implicazioni politiche nell’allinearsi a un partito di sinistra però molto sovranista e nazionalista. Solamente per il riflesso dell’allineamento del PD con il governo liberale di Macron in Francia, che con la sua politica liberista contro le tutele dei lavoratori e contro il diritto allo studio sta smantellando il proprio consenso e mostrando il suo volto peggiore, già molto sospettabile.

Eppure fu un comunista come Altiero Spinelli a formulare il grande progetto dell’unificazione europea, superando oramai concetti obsoleti come l’internazionalismo di sinistra e altri miti del secolo scorso. Il modello di una Europa unita e socialista, ripresa e riccamente descritta da Norberto Bobbio come una società europea costruita intorno a norme costituzionali condivise, che insegua i principi dell’uguaglianza e della pace. Tutta la sinistra italiana dovrebbe riappropriarsi del modello federalista europeo, senza utilizzarlo solamente come arma elettorale ma formulare una proposta politica che miri a riformare le istituzioni europee dopo anni del primato economico sulla politica.

La volontà di ridiscutere i trattati non deve essere percepita come un segnale di euroscetticismo, anzi il suo contrario. Perseguire su questa strada, costruire modelli politici macroniani o come l’imbarazzante +Europa alle ultime elezioni, fini a se stessi e impregnati del liberismo economico proprio del modello europeo fino ad oggi fallimentare, non fa che alimentare il vero euroscetticismo dell’elettorato che mette in discussione la moneta unica e tutte le conquiste degli ultimi decenni nell’integrazione europea. Persino secondo Varoufakis, l’Unione si può e deve cambiare “da dentro”, tramite vincoli di “trasparenza e democraticità” da applicare alle procedure decisionali di organi quali il Consiglio europeo e l’Eurogruppo.

Il messaggio di partiti e movimenti politici ingiustamente etichettati come euroscettici quali Podemos, Syriza, ecc è proprio questo. Il Partito Democratico, che si autodefinisce punto di riferimento dell’area di sinistra italiana, non ha nemmeno preso a modello esempi concreti di una politica socialista ed europeista funzionate dentro al PSE come il governo portoghese. Perseguire nell’alimentare la paura del default e la retorica europea sbagliata di questi anni non farà che spingere sempre di più il paese e l’elettorato verso i suoi estremi, Salvini e il Movimento Cinque Stelle.

Se è vero che la battaglia politica europea si sta spostando sempre più verso un confronto tra sovranisti nazionalisti ed europeisti, è anche vero che deve nascere (e in parte sta nascendo) un secondo fronte: quello tra chi vuole mantenere lo status quo politico e chi insegue il modello federalista e socialista di Spinelli. Una Unione Europea al servizio del benessere e dell’uguaglianza dei suoi popoli, con qualsiasi modello istituzionale e di integrazione che si voglia adottare. La sinistra italiana dovrebbe prendere parte a questa battaglia, liberandosi da questo europeismo fine a se stesso e da utilizzare solo in campagna elettorale. Senza cadere al suo estremo, sognando una sovranità nazionale economica oramai impossibile da raggiungere nell’economia mondiale odierna.  Se non si vuole l’uscita dell’Italia dalla zona Euro e il suo divenire preda di colossi economici mondiali. 

 

Immagine ripresa liberamente da pxhere.com

Ultima modifica il Giovedì, 31 Maggio 2018 19:25
Marco Saccardi

Nato a Bagno a Ripoli (FI) il 13 settembre 1990, sono uno studente laureato alla triennale di Storia Contemporanea presso l’Università di Firenze, adesso laureando alla magistrale di Scienze Storiche. Appassionato di Politica, amante della Storia, sono “fuggito” dal PD dopo anni di militanza e sono alla ricerca di una collocazione politica, nel vuoto della sinistra italiana. Malato di Fiorentina e di calcio, quando gioca la viola non sono reperibile. Inoltre mi ritengo particolarmente nerd, divoratore di libri, film e serie tv.

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