Ogni settimana - circa - recensiamo per voi una novità cinematografica uscita nelle sale. Ogni tanto ci permettiamo di ricordare qualche pellicola del passato o altri film a cui teniamo particolarmente.
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L’unico vero momento di ilarità condiviso dal pubblico della sala cinematografica è quello causato da una signora che rientrando dal bagno, dopo aver superato una decina di persone a sedere, incerta, guardando lo schermo più volte, finisce per domandare a tutta la sala: “ma non è Philomena”?.
Il resto delle risate non spezza una costante patina di malinconia, che avvolge lo spettatore dai primi minuti. L’uomo inadeguato rispetto alla felicità, messo in scena da un cast eccezionale, che incanta e regala una delle pellicole meglio recitate degli ultimi anni (anche se Bale supera tutti, all’altezza dei riflettori puntati su di lui).
Lasciando a casa ogni aspettativa l’esperienza è godibile. Una trama dallo svolgersi confuso, con un pessimo doppiaggio e una didascalia di apertura che spinge a interrogarsi sul perché i tempi verbali (e quindi anche il congiuntivo) restino un rompicapo per molti italiani (sul serio, ma per 40 euro non c’è uno studente disposto a rileggere certe cose prima che passino per le sale?).
Minuscola premessa: il film è godibile e non rimpiango i soldi del biglietto, ma...
C'è stata una virata brusca e in sala se ne sono accorti tutti.
Se nel primo capitolo Jackson era riuscito a catturare il cuore dei lettori de Lo Hobbit E ANCHE quello del pubblico occasionale, stavolta ha tradito proprio noi lettori che tenevamo di più a questa trasposizione cinematografica, i nerd, i Tolkeniani (quelli di ferro avevano già storto il naso con "Un viaggio inaspettato"). Lo hobbit è un blockbuster, un film per tutti, ed è proprio questa la cosa imperdonabile. Ci ha fatto sentire omologati, conformisti ed è la cosa che odiamo di più al mondo.
The odds are NEVER in our favour – la sorte non è mai a nostro favore: questa è la consapevolezza che caratterizza lo scenario su cui si apre Catching Fire – "La ragazza di fuoco", secondo capitolo della trilogia distopica iniziata con The Hunger Games.
L'asservimento dei dodici distretti alla capitale, le contraddizioni di una società rigidamente gerarchizzata, la straniante crudeltà della "mietitura" e dei "giochi della fame" non sono una novità; ma, da quando Katniss ha raggirato gli strateghi dimostrando che Capitol City può essere battuta, il germe della ribellione va diffondendosi per Panem (proprio da "panem et circenses"…). Il film spende la maggior parte della sua durata nel raccontare il crescendo di tensione, la messa in dubbio di certezze forse non così adamantine, il contrasto sempre più stridente tra la vita reale e quella confezionata dai media, accompagnando l'insinuarsi del senso di disagio fino ai bagliori di Capitol City.
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