Sabato, 20 Gennaio 2018 00:00

I più tenaci si riconoscono nelle ore più buie

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I più tenaci si riconoscono nelle ore più buie 1843magazine.com

Ella & John – L'ora più buia

Prosegue un gennaio avvincente. Anche questa settimana vi propongo due nuove uscite: il film americano di Paolo Virzì Ella & John con una coppia di attori straordinaria (Sutherland e Mirren, entrambi in odor di nomination?) e il biopic su Winston Churchill, L'ora più buia, con Gary Oldman che probabilmente sarà protagonista ai prossimi Oscar. Entrambe le pellicole hanno un tema comune: resistere nei momenti più duri affinché ci siano momenti migliori. A voi!

 

Ella & John ****

Titolo Originale: The leisure seeker

(Italia, Francia 2017)

Genere: Commedia/Drammatico

Regia: Paolo VIRZÌ 

Sceneggiatura: Francesco PICCOLO, Paolo VIRZÌ, Francesca ARCHIBUGI, Stephen AMIDON

Fotografia: Luca BIGAZZI

Cast: Donald SUTHERLAND, Helen MIRREN, Christian MACKAY

Durata: 1h e 52 minuti

Distribuzione: 01 Distribution

Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=xCKdiijPCaQ

Uscita: 18 Gennaio 2018

La frase: Se pensate di farci paura vi sbagliate perché non abbiamo niente da perdere!

2002. Il regista livornese gira negli Stati Uniti il (dimenticabile) My name is Tanino con protagonista Corrado Fortuna (Ovosodo). Rachel McAdams (Il caso Spotlight, Questione di tempo) venne lanciata da quel film. La storia era quella di un giovane vagabondo che provava a farsi strada in America. 15 anni dopo Virzì è diventato un regista di punta in Italia e anche all'estero è apprezzato per alcune prove recenti (soprattutto Il capitale umano tratto dal romanzo di Stephen Amidon, qui co-sceneggiatore). Ancora una volta ecco un film on the road sullo stile del precedente (La pazza gioia). Sembra un'opera squisitamente americana: a livello di produzione lo è (c'è di mezzo la Sony), ma a livello di sceneggiatori, regia e tecnici è tutto made in Italy. Innanzitutto non è un'idea originale, visto che è tratto dal libro The leisure seeker di Michael Zadoorian. Virzì ha accettato le lusinghe degli americani nel momento in cui Donald Sutherland e Helen Mirren hanno deciso di prendere parte al progetto: loro due erano i personaggi che lui aveva in mente; e bisogna dire non a casaccio. Dopo l'esperienza de Il capitale umano, ha girato altri film e ha messo assieme le esperienze. Tutto questo significa essere un regista ormai adulto e formato.

Rispetto a La pazza gioia e al viaggio del duo Ramazzotti - Bruni Tedeschi, la situazione è ben diversa. Questa volta abbiamo di fronte una situazione simile a quella di Nebraska di Alexander Payne. Al posto di un padre e un figlio, questa volta abbiamo due ottantenni che si mettono in viaggio senza far saper nulla agli invadenti figli; e lo fanno a bordo di un camper noto come "cercatore di svago" (o "The leisure seeker" come il titolo originale del film) sullo stile dello stralunato Captain Fantastic di Matt Ross. Lui è un professore di letteratura in pensione, di nome John (l'immenso Donald Sutherland che potrebbe avere la nomination agli Oscar), che ha l'Alzheimer; vuole andare a Key West a vedere la casa di Hemingway. Si sa, ognuno nella vita ha le sue ossessioni. Ad accompagnarlo in questa fuga c'è la determinata moglie e compagna di vita, Ella (l'altrettanto immensa Helen Mirren). Ma lei è malata di tumore. Sembrano Jack Nicholson e Morgan Freeman in Non è mai troppo tardi, manca solo la lista da depennare. Le cure mediche che di lì a breve dovranno affrontare li allontaneranno per sempre.

Per i due questo viaggio sarà una fuga verso la libertà o, se preferite, la pazza gioia di vedere un tramonto. Il percorso sarà ricco di pericoli, di situazioni spiacevoli (soprattutto per lei visto che lui, a causa della malattia, spesso se la dimentica alla stazione di servizio o la scambia per altre persone), di gioie e di dolori. Ma è un'esperienza che s'ha da fare. «Se pensate di farci paura vi sbagliate perché non abbiamo niente da perdere!» dice Ella con tono di sfida ad alcuni strambi rapinatori. Il viaggio è l'emblema del ritrovarsi, di riprendersi la vita e di viverla con gioia. Senza disdegnare lo stare insieme e il caldo abbraccio del "focolare" domestico.

Virzì toglie il guinzaglio ai suoi attori e li lascia a briglia sciolta. Due esperti come Mirren e Sutherland sguazzano in queste situazioni e rappresentano la garanzia del film, il vero motore della narrazione. Lui è semplicemente straordinario, ma la sceneggiatura fa sì che le situazioni e le battute migliori siano concentrate su di lei. La scelta non è casuale e perfettamente contemporanea, visto lo spessore di Helen Mirren. Al resto ci pensa la consueta ironia (da buon toscano...), come ad esempio quando il buon John dice che basterebbe avere un buon hamburger per essere in paradiso. Un film che non è un capolavoro, ma che rappresenta quell'archetipo di cinema che sa di vita vera. Quella vissuta per strada a farsi le ossa. Anche quando la malattia ti divora come un tarlo abbarbicato in un pezzo di legno.

TOP

- Helen Mirren e Donald Sutherland sono straordinari nel rendere semplice ciò che non lo è

- Virzì riesce a tramutare un tipico film on the road americano in un'opera molto europea

- Cinema che sa di vita vissuta sulla strada

- I dialoghi pungenti e ironici

- Gli omaggi a Non è mai troppo tardi e Nebraska, con echi di Captain Fantastic

- 4-5 scene sono divertentissime e ricche di trovate

- Virzì prosegue a raccontarci la sua idea di cinema

- Il contatto con i film precedenti (My name is Tanino, La pazza gioia e Il capitale umano), pur partendo da un'idea non originale (in questo caso un libro)

FLOP

- C'è qualche momento dove la sceneggiatura non è esente da piccole sbavature. Fortunatamente ci sono Mirren e Sutherland che riescono a supplire

 

 

L'ora più buia ***1/2 

(Gran Bretagna 2017)

Regia: Joe WRIGHT

Sceneggiatura: Anthony McCARTEN

Fotografia: Bruno DELBONNEL

Cast: Gary OLDMAN, Kristin SCOTT THOMAS, Lily JAMES, Ben MEDELSOHN

Musiche: Dario MARIANELLI

Durata: 2h e 5 minuti

Distribuzione: Universal Pictures

Uscita: 18 Gennaio 2018

Trailer https://www.youtube.com/watch?v=hSxEGQM8J6s

LA FRASE: Non ho mai preso l'autobus, non ho mai fatto la fila per il pane, penso di saper bollire un uovo, ma solo perché l'ho visto fare

Non so a voi, ma a me Winston Churchill è sempre stato sul gargarozzo. O se preferite sopra le nobili sfere. Nel 2002 la BBC lo ha definito "il più grande inglese di tutti i tempi". Riconosco la sua caparbietà, la sua voglia di lottare, il suo carisma, ma nel mio metro di giudizio è fondamentale un episodio: quando elogiò Mussolini e l'Italia fascista. «Se fossi stato un italiano, sono sicuro che avrei dato la mia entusiastica adesione alla Vostra vittoriosa lotta contro gli appetiti e le passioni bestiali del leninismo... L'Italia ci ha offerto l'antidoto necessario al veleno russo. D'ora in poi nessuna grande nazione sarà priva dei mezzi decisivi per proteggersi contro la crescita del cancro bolscevico.» Questo è giusto un assaggio per coloro che credono che Churchill fosse un personaggio al di sopra delle parti, un politico equilibrato. Anche il cinema ha utilizzato questa figura in ogni salsa, serie tv comprese. Purtroppo di tutto questo nel film L'ora più buia non c'è traccia. Errore da matita rossa. Tuttavia l'opera di Joe Wright (Orgoglio e pregiudizio) ha qualità, ma non è esente da qualche pecca.

Il regista inglese sceglie di ambientare questo biopic nel maggio 1940. Pochi giorni dopo (10 giugno) Mussolini annunciava trionfante l'ingresso in guerra dell'Italia a fianco della Germania; una scelta che si rivelò poi tragica e fatale. Adolf Hitler stava purgando e soggiogando l'intera Europa: il Belgio era caduto nelle grinfie dei nazisti, la Francia era vicina a capitolare, l'esercito inglese era intrappolato e assediato sulla costa francese, a Dunkirk (come raccontato nel film recente di Christopher Nolan). Il primo ministro Chamberlain non seppe fronteggiare l'emergenza. Tutti chiedevano le sue dimissioni. Dopo il subbuglio del Parlamento inglese, Winston Churchill (un mimetico Gary Oldman che si candida a protagonista dei prossimi Oscar), con buona pace del re Giorgio VI (il balbuziente de Il discorso del re), venne eletto primo ministro. Non godeva del benestare dell'opinione pubblica dopo la disfatta in Norvegia. Ma bisognava far presto: l'avanzata tedesca faceva paura e mieteva ogni giorno nuove vittime. Nel suo diario, il deputato Channon così descrisse quel 9 maggio: «Tra i miei colleghi è tutto un tramare e intrigare, complottare e ancora complottare». Sembra di essere nella fantapolitica di House of cards – o, se preferite, nella Repubblica Italiana.

Wright sceglie di far entrare in scena Churchill/Gary Oldman dopo quasi 5 minuti per farci capire il clima che si respirava. L'ingresso (molto teatrale) del protagonista è in vestaglia, con un enorme sigaro sbuffante che emerge dal buio (in stile colonnello Kurtz di Apocalypse now). Tutti parlano di lui, si vedono i sigari, il bicchiere con due dita di scotch e due cubetti di ghiaccio, ma ancora il regista non ce l'ha presentato. Scelta azzeccatissima di Joe Wright. Gary Oldman è immenso sia nelle movenze, sia nel modo di parlare, nei piccoli gesti (gustatevi la performance in lingua originale). Sembra essere tornato ai tempi di Leon e del luciferino Dracula di Francis Ford Coppola.

Il film è quasi totalmente ambientato nelle stanze del potere (la fotografia cupa di Delbonnel sembra quella di Tom Stern, collaboratore di fiducia di Clint Eastwood) per far immaginare allo spettatore le difficoltà di non poter vedere quello che succede fuori. È come se il primo ministro inglese fosse, esistenzialmente, sulla spiaggia di Dunkirk. Le ombre scure sono squarciate dai fasci di luce che avvolgono Churchill. Per la Gran Bretagna dell'epoca, in effetti, la sua grinta e le sue decisioni furono decisive per far prendere coscienza della propria forza all'intera nazione. In tempi di nichilismo, è qualcosa che va in controtendenza ed è una cosa necessaria. La sceneggiatura a volte tende a enfatizzare troppo senza spiegare le contraddizioni di Churchill e questo mi ha lasciato l'amaro in bocca. E poi c'è una sottile ironia british che a volte appare un po' fuori luogo.

Churchill diventa come un eroe americano che si carica l'Europa sulle spalle. È innegabile che lottò senza tregua contro i regimi totalitari, ma così forse è un po' troppo. Poi, quando il film riprende il filo teso da Dunkirk di Nolan e da Il discorso del re di Hooper, allora le cose migliorano. Il racconto dell'Operazione Dynamo dà linfa al racconto e la retorica diventa narrazione della presa di coscienza degli inglesi per poi ribaltare la situazione nel 1945. L'opera si fa condizione esistenziale degli inglesi che, con la testa, erano "dentro la bocca della tigre". Partendo dall'esperienza del prologo del non eccelso Pan, Joe Wright fa un lavoro apprezzabile grazie al lavoro di due attori bravissimi: Gary Oldman e Kristin Scott Thomas. Del primo, coperto da uno spesso trucco e da vistose protesi facciali, si riconoscono il ghigno e lo sguardo assatanato, mentre la seconda lavora apprezzabilmente per sottrazione facendoci capire quanto sua moglie Clementine fosse importante nei suoi momenti di buio. Sono loro il motore del film che narra un momento cruciale della storia dell'Europa che tutti noi dovremmo ricordare.

TOP

- Gary Oldman è mimetico, aiutato da un ottimo trucco. Merita l'Oscar, è tornato ai tempi di Dracula e Leon

- La descrizione accurata degli interni delle stanze del potere e della paura insita negli inglesi, l'uso delle luci e delle ombre che hanno un preciso ruolo nella storia

- L'entrata in scena di Churchill/Oldman dopo 5 minuti di film in mezzo alle baruffe

- Kristin Scott Thomas lavora per sottrazione bilanciando la recitazione sopra le righe di Gary Oldman

- La descrizione di un momento cruciale per la storia dell'Europa

- Il collegamento a pellicole di successo come Dunkirk di Nolan e Il discorso del re di Hooper

FLOP

- L'enfasi e la retorica da film americano che strizzano l'occhio agli Oscar

- Dei lati oscuri di Winston Churchill (vedi la sua adesione al fascismo di Mussolini) non vi è traccia

- Re Giorgio VI è lontano dalla rappresentazione (sublime) di Colin Firth ne Il discorso del re

- Il doppiaggio italiano

 

Immagine tratta liberamente da 1843magazine.com

Ultima modifica il Venerdì, 19 Gennaio 2018 20:24
Tommaso Alvisi

Nato a Firenze nel maggio 1986, ma residente da sempre nel cuore delle colline del Chianti, a San Casciano. Proprietario di una cartoleria-edicola del mio paese dove vendo di tutto: da cd e dvd, giornali, articoli da regalo e quant'altro.

Da sempre attivo nel sociale e nel volontariato, sono un infaticabile stantuffo con tante passioni: dallo sport (basket, calcio e motori su tutti) alla politica, passando inderogabilmente per il rock e per il cinema. Non a caso, da 9 anni curo il Gruppo Cineforum Arci San Casciano, in un amalgamato gruppo di cinefili doc.

Da qualche anno curo la sezione cinematografica per Il Becco.

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