"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"
Cit.
Eh già. I diritti umani. Ma quali esattamente? Di chi ?
Non è un cinismo incancrenito quello che porta a dubitare che sia effettivamente la volontà di difendere la dignità e il benessere di ogni essere umano quanto piuttosto non solo l’esistenza, ma la tolleranza, il sostegno, a situazioni come quella dell’Arabia Saudita.
Una monarchia secolare. Un paese dove le donne non hanno alcun diritto (Una ragazza non possiede altro che il suo velo e la sua tomba, dice un antico proverbio)e nel quale qualsiasi attività sessuale al di fuori del matromionio eterosessuale è illegale. La severità è tale che gli stranieri che vngono scoprti portatori del virus dell’HIV vengono inmediatamente rimandati in patria.
Un paese, l’Arabia Saudita dove solo nei primi cinque mesi del 2015 sono state eseguite 90 esecuzioni capitali. Un paese che, secondo le dichiarazione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, ha luogo il terzo maggiore traffico di esseri umani al mondo.
I crimini degli ortodossi ebrei che ancora combattono, e non per finta, per allontanare i palestinesi dalla terra che Dio ha predestinato a loro solitamente passano senza che il mondo se ne accorga.
Alle volte succede però che quello che succede sia così terribile che non sia possibile ignorarlo. E in questi ultimi giorni il governo israeliano è stato costretto a fare i conti con diversi episodi che hanno, giocoforza, scalfito il quasi unanime appoggio internazionale di cui gode il paese.
Se ci imbarchiamo nell’impresa di provare a tirare le fila su quello che sta accadendo in queste ore in Grecia, le cose certe sono pochissime. In primo luogo, è certo che per provare a farsi un’idea che in un qualche modo corrisponda alla realtà, è bene informarsi su siti e quotidiani esteri: sin dall’inizio la stampa italiana si è imbarcata in una gara a chi dipingeva lo scenario più irrealistico su quello che avrebbe previsto l’accordo tra Grecia e Troika.
Personalmente, mi è abbastanza difficile mantenere la calma. In questi giorni i media nazionali si sono accorti dell’”emergenza migratoria”, dando spazio ad opinioni più o meno discutibili (premurandosi in ogni casi di non far mancare mai quella del verde Salvini) e “lasciando parlare le immagini”.
Raramente però si preoccupano di far conoscere ad un’opinione pubblica che di Europa sa poco o niente quale è la storia di quei trattati che Renzi e Maroni si accusano reciprocamente di aver firmato. Giusto qualche giorno fa la democratica Unione Europea ha festeggiato il trentennale dall’approvazione del Trattato di Schengen. Contemporaneamente, al confine italo-francese vicino Ventimiglia la polizia oltralpe ha chiuso le frontiere (quelle frontiere che il Trattato festeggiato avrebbe abolito) impedendo il passaggio di rifugiati che tentavano di raggiungere amici o parenti in cerca di una vita migliore e che adesso stanno manifestando portando avanti uno sciopero della fame per le strade della città ligure.
"L'Europa non ha ancora trovato un modo efficace per rendere Israele responsabile del modo in cui mantiene l'occupazione. È tempo di dimostrare seriamente alle due parti quanto seriamente l'opinione pubblica europea consideri le violazioni della legge internazionale, la perpetuazione di atrocità e la negazione di diritti acquisiti”.
Queste parole, rivelate dal quotidiano inglese The Guardian, sono state rivolte da personalità che hanno rivolto ruoli di rilievo nella gestione della politica internazionale dell’UE, come i due ex ministri degli Esteri francesi, Hubert Vedrine e Roland Dumas, gli ex primo ministri olandese Andreas Van Agt, francese Michel Rocard e irlandese John Bruton e lo spagnolo Javier Solana, all’attuale Alto Rappresentante della Politica Estera europea Federica Mogherini.
Qualche settimana fa i sondaggi avevano dato per spacciato Netanyahu, per poi farci prendere un mezzo infarto quando ha ribaltato le sorti delle elezioni facendo un governo più di destra ed intollerante di quello di prima. In questi giorni ci siamo sentiti dire che sì, in Gran Bretagna, Labour e Conservatori erano praticamente alla pari ma dai, Miliband ha fatto una campagna elettorale sopra le righe, c’è aria di cambiamento in Europa, vuoi che non vinca?
Come non detto. Stamani i numeri parlano chiaro: i Conservatori di Cameron vincono con 331 seggi alla House of Commons, facendo un balzo avanti rispetto a cinque anni fa. Appoggiati come sempre dagli unionisti del DUP nordirlandese, non avranno bisogno della stampella liberaldemocratica per formare un governo, sancendo così la disfatta di Clegg che ha perso decine di seggi rispetto all'ultima tornata. Un governo quindi molto più stabile dello scorso che, nella concezione britannica, comporterà una maggiore stabilità e quindi un'azione più, come dire, risoluta.
Siamo tutti a discutere di cosa farà adesso Civati della sua vita, ora che ha deciso di abbandonare l’ovile ed è quindi difficile trovare qualcuno che accenni ai disordini che sono scoppiati in Burundi in questi giorni.
Va bene che è uno stato piccolissimo (meno di 28.000 Kmq a confine con giganti con Repubblica Democratica del Congo, Rwanda e Tanzania) ma forse sforzarsi di tenere gli occhi aperti su cosa succede intorno a noi può avere senso, anche solo per sapere di cosa si parla quando gridiamo all’invasione parlando di fenomeni migratori.
Certo che, tutte le volte che ci provano, ci riescono alla grande. Tutte le volte che il dibattito pubblico viene concentrato (deviato?) in modo da escludere dalla visuale il vero smantellamento dei diritti in questo Paese, noi ci prestiamo facendo gli utili idioti.
Cerco sempre, ultimamente, nel parlare di politica e nel ragionare di cosa fare, di mettermi nei panni di quella che è la stragrande maggioranza delle persone in Italia. Cerco di capire come è che il dibattito politico viene percepito, quali sono le priorità e quale è il reale interesse per le questioni su cui noi invece ci spacchiamo la testa.
In Italia sporadici guizzi portano in televisione un Adriano Celentano che, divenuto paladino della giustizia, si appella al Presidente della Repubblica perché venga revocata la pena carceraria per Fabrizio Corona, vittima del sistema dal momento che “è stato punito solo per aver fatto delle foto” (!!!). Oltreoceano migliaia di persone sono mobilitate per salvare la vita di Mumia Abu-Jamal, giornalista e storico militante delle Black Panthers in carcere da oltre trent’anni.
Mumia Abu-Jamal è sempre stato uno dei punti di riferimento principali del movimento per l’emancipazione e la difesa degli afro americani negli Stati Uniti. Vicino alle Balck Panthers sin da quando era uno studente liceale (periodo in cui scelse il suo nome swahili) ed in seguito al movimento di simpatie anarchiche MOVE, comprese ben presto il ruolo centrale della contro informazione: fu così che, lavorando per giornali e trasmissioni radiofoniche, divenne per tutti “la voce dei senza voce”, impegnandosi in uno scrupoloso ed inflessibile lavoro di denuncia di abusi da parte della polizia e della corruzione dei politici locali.
Ieri mattina, davanti alla sede della Presidenza della Regione Toscana in Piazza Duomo a Firenze, si è tenuta una conferenza stampa per la presentazione di un progetto ambizioso e, per questo, molto interessante.
In un momento in cui l’interesse per il destino del bene pubblico inteso in senso lato tocca livelli impressionantemente bassi, in cui l’esasperazione dei tecnicismi prende il sopravvento sul confronto e l’elaborazione politica, in cui il far tornare i conti, anche quando si parla di scuola e cultura, è l’unica preoccupazione del governo regionale, il tentativo di affrontare in modo organico la gestione dei servizi universitari nei tre atenei toscani, attaccando puntualmente una gestione che renderà presto un ricordo il “virtuoso” modello toscano, è più che lodevole.
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