Ma la vittoria di Cameron non è l’unica sorpresa uscita da questa tornata elettorale. Lo Scottish National Party di Nicola Sturgeon sbanca conquistando praticamente la totalità dei 59 seggi assegnati alla Scozia. Resta anni luce addietro invece l’Ukip di Nigel Farage, che con un sistema maggioritario come quello inglese non riesce a duplicare il successo della scorsa primavera alle europee.
È ancora presto per analisi approfondite ma forse qualcosa a caldo può essere rilevato.
In primo luogo, la tendenza che in tutta Europa (tenendo conto ovviamente delle debite differenze dovute alle peculiarità britanniche) vede partiti conservatori al governo e pallidi tentativi di riesumare, sulla carta, i vecchi fasti dei partiti socialdemocratici degli scorsi decenni viene riconfermata. È evidente che, molto semplicemente, l’alternativa proposta da Ed Miliband non è risultata credibile. Non è sufficiente ricordare al mondo di essere il figlio di un economista di formazione marxista per farsi votare a sinistra. Il New Labour ha stravolto, negli anni ’90, il centro sinistra britannico e adesso scrollarsi di dosso l’eredità di Tony Blair non è facile per i laburisti.
Infondate mi paiono, in tutta sincerità, le critiche che ho letto velocemente sul Corriere della Sera, dove si affermava che la disfatta dei laburisti è dovuta alle promesse di intervento governativo in economia fatte in campagna elettorale. Credo che riportare tutto alla paura della sinistra sia abbastanza riduttivo. In primo luogo perché così facendo non ci spiegheremmo il successo dell’SNP. Il partito nazionalista scozzese, storicamente di sinistra, ha lavorato per anni a livello locale, facendo un passetto avanti alla volta e scardinando così la roccaforte Labour. Nonostante il risultato del referendum non abbia sancito l’indipendenza della regione, il partito di Miliband non è riuscito a cogliere l’occasione, restando invece molto vago e con proposte poco alternative.
In secondo luogo, dobbiamo tenere anche conto del fatto che gli oltre 600.000 voti che mancano al Ukip facendo un confronto con le europee probabilmente si sono ricollocati tenendo conto del fatto che la più grossa promessa elettorale fatta da Cameron è stata quella di un referendum sulla permanenza della Gran Bretagna in Unione Europea.
Quindi, facendo delle considerazioni generali, possiamo affermare che il sistema bipartitico non ha avuto un tracollo come alcuni hanno predetto. È però risultata chiara la richiesta di un’alternativa. Un’alternativa che non fosse un palliativo, un’alternativa democratica all’americana ai repubblicani. Un’alternativa credibile, che potesse aprire la strada a nuove politiche. Non c’è stato lo smantellamento del sistema che regge da secoli un po’ perché, si sa, in Gran Bretagna sono avversi al cambiamento, un po’ perché l’unica forza di alternativa emersa, per quanto circoscritta ad una sola regione, è quella scozzese e questa è emersa all’interno di questo sistema, crescendo piano piano nel corso degli anni, soppiantando di fatto il “vecchio” Labour.
E adesso, non dobbiamo fare altro che aspettare di vedere se il futuro di questo Regno Unito sarà o meno all’interno dell’Unione Europea.