Mercoledì, 28 Gennaio 2015 00:00

Il cammino di Napoli e quello della sinistra: intervista a Luigi de Magistris

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Luigi de Magistris con il Presidente Nazionale dell'ANPI Carlo Smuraglia Luigi de Magistris con il Presidente Nazionale dell'ANPI Carlo Smuraglia

"Sindaco di strada": è questo il nome dell'esperienza che ha accompagnato il sindaco di Napoli Luigi de Magistris durante la sospensione dalla carica di primo cittadino a seguito dell'applicazione della legge Severino. Il sindaco, rimasto di strada ma saldamente tornato al timone della giunta partenopea dopo l'interruzione della sospensione, fa con noi un bilancio della sua esperienza ed una riflessione su quanto si sta muovendo a sinistra. Lo abbiamo incontrato in occasione del convegno "Il contributo dei meridionali alla liberazione d'Italia" organizzato dall'ANPI e svoltosi nella splendida cornice del Maschio Angioino gli scorsi 22 e 23 gennaio.

1) Tre anni fa l'inaspettato risultato elettorale che ha portato alla sua elezione a sindaco di Napoli, una città tra le più problematiche d'Italia sotto numerosi aspetti. A tal proposito da più parti si è detto che Napoli ha una strutturalità nella formazione di debito a causa in particolare di difficoltà di riscossione. Concorda con queste analisi? A che punto è oggi la situazione debitoria napoletana?

Ho ereditato una città in default con un miliardo e mezzo di debito, frutto di una cattiva amministrazione andata avanti per anni. Abbiamo innanzitutto dovuto affrontare una situazione di dissesto di fatto che riguardava il comune e le società partecipate. Siamo stati impegnati in duro lavoro di trasparenza, risanamento e anche di lotta all'evasione, rafforzando la capacità di riscossione dei tributi. Grazie a questo lavoro abbiamo ottenuto l'approvazione del piano di riequilibro economico-finanziario dalla Corte dei Conti e oggi Napoli ha un'amministrazione con bilanci trasparenti e non inattendibili come sanciva la Corte dei Conti per le amministrazioni precedenti. Non paghiamo più i creditori del comune di Napoli e delle partecipate a quattro anni di distanza - come accadeva quando sono diventato sindaco - ma dal 1 gennaio 2015 paghiamo secondo direttiva europea, quindi in tempo reale. Siamo molto soddisfatti, anche se ovviamente quest'attività di risanamento è frutto di sacrifici che non ci hanno permesso di poter investire in tanti servizi. Oggi Napoli è un laboratorio in cui i conti pubblici sono stati risanati senza l'aiuto dello del governo centrale ma, al contrario, continuando a subire i tagli della spending review dei quattro governi che si sono succeduti da quando sono sindaco.

2) Altro annoso tema al centro del dibattito su Napoli è quello legato alla gestione dei rifiuti. Lei ha sicuramente ereditato una situazione tra le più difficili in Italia: quale considera in questo campo il più grande successo raggiunto dalla sua giunta e quali gli obiettivi ancora da conseguire?

Appena insediato ho pensato che se solo fossimo riusciti ad eliminare le montagne di rifiuti avremmo portato a casa un grande successo. Quello dei rifiuti è stato il primo tema che abbiamo affrontato. La mia campagna elettorale è stata fatta con 2.500 tonnellate di rifiuti al giorno per terra: quando facevo campagna elettorale saltavo da una montagna di rifiuti all'altra. Con orgoglio e soddisfazione possiamo affermare di aver eliminato l'emergenza a soli due mesi dalla mia elezione. Ci siamo riusciti mettendo in campo energie e competenze, puntando sull'azienda ASIA ed eliminando le esternalizzazioni, gli appalti esterni, internalizzando tutti i servizi dell'azienda. Abbiamo iniziato un percorso che ci deve portare, non solo a non avere mai più emergenze, ma a migliorare complessivamente il servizio. In tal senso abbiamo cominciato ad estendere sempre più la raccolta differenziata porta a porta e realizzato isole ecologie. Oggi siamo ad un giro di boa: nel 2015 si dovranno realizzare i primi impianti di compostaggio che ci consentiranno di far comprendere a tutti che la nostra politica del no alle discariche e agli inceneritori è una politica vincente perché supportata dalla costruzione di impianti alternativi. Per un periodo temporaneo abbiamo usato al meglio gli impianti STIR presenti nella provincia di Napoli - oggi città metropolitana - ma parallelamente abbiamo messo in campo delle iniziative che ci porteranno da qui a qualche giorno ad avviare l'iter per la realizzazione del primo impianto significativo di compostaggio. Infine, grazie al miglioramento delle condizioni economiche del comune e con la conseguente capacità di poter investire qualcosa, nel 2015 si potrà rafforzare l'attività tesa all'igiene urbana complessiva della città. Bisogna tener presente che tutto ciò è avvenuto con un'azienda fortemente indebitata, nella quale lavoratori hanno un'eta media di 59 anni. Posso dunque affermare che tre anni fa si faceva la corsa sulla montagna di rifiuti, oggi invece Napoli ha cancellato nel mondo le immagini dei rifiuti sostituendole finalmente le immagini delle sue bellezze, dei suoi eventi culturali e delle sue attrazioni. Questo è stato il modo migliore per far scoprire ai napoletani l'orgoglio di sentirsi napoletani.

3) Recentemente è entrato in polemica con il Governo di Roma in tema di rapporti Stato-enti locali. Come giudica, complessivamente, l'azione del Governo Renzi in tal senso? E, più in generale, quali prospettive per i sempre più martoriati enti locali?

Personalmente sono molto deluso dal Governo Renzi. Non ho mai avuto vicinanza politica con il Presidente del Consiglio ma pensavo che, vista la sua esperienza di sindaco ed il suo linguaggio della concretezza e del fare, potesse avvenire qualche cambiamento. Invece, non si sono avute azioni significativamente positive nei confronti degli enti locali.
E' continuata la politica di austerità, la politica dei tagli, la politica di quel patto di stabilità che io chiamo “patto di ottusità”. Non solamente continuiamo a subire tagli nei trasferimenti, ma non c'è stato nessun investimento rilevante per il rilancio delle politiche di prossimità e non parlo solo del mezzogiorno ma più in generale degli enti locali. Credo sempre di più nell'idea di Napoli città autonoma e più in generale nell'autonomia delle grandi aree urbane.
Nelle politiche degli enti locali non ho visto sostanziali differenze tra Berlusconi, Monti, Letta e Renzi, pur potendo fare, ovviamente, una gerarchia tra questi: sicuramente Monti è quello che ha dato la sterzata maggiore dell'austerità. Sono convinto che a questo punto, anche sotto il profilo delle politiche tributarie e fiscali, sarebbe meglio dare autonomia e responsabilità piena agli enti locali. Occorre una maggiore autonomia impositiva, ma contemporaneamente una maggiore libertà per gli investimenti. Non più esattori, dunque, delle politiche fiscali di governi che non investono in politiche del lavoro, investimenti, infrastrutture.
Sono abbastanza pessimista, cito l'ultimo esempio: Renzi ha consentito che entrasse in vigore la riforma sulle città metropolitane – una riforma storica, per importanza, dopo quella sull'entrata in vigore delle regioni negli anni settanta – senza un euro di investimento, con il taglio del 30% del personale e senza alcun allentamento del patto di stabilità. Non consentendo, dunque, di investire nella manutenzione, nella realizzazione di strade ex provinciali, non impegnando risorse per le scuole. Si rischia, di fatto, di far nascere in incubatrice una riforma sulla quale il governo ha messo la faccia. Evidentemente il rilancio economico che il Presidente del Consiglio aveva propagandato all'inizio del suo mandato non c'è stato e ci troviamo oggi in una situazione di crisi economica che continua ad essere forte e come nel passato ci ritroviamo a fare i conti con le politiche di tagli che colpiscono le solite fasce sociali, i cittadini ed i servizi.

4) Volgendo lo sguardo alle dinamiche politiche nazionali non possiamo non parlare della crisi strutturale della sinistra radicale, del fervente dibattito interno al PD e della recente fuoriuscita di Cofferati in polemica con la leadership renziana: «Renzi ha bisogno di me, potrei entrare nel Pd» aveva dichiarato poco più di sei mesi fa: questa prospettiva è ancora in campo?

Innanzitutto non corriamo mai l'errore di cadere nella “titolite”: quello sull'entrata nel PD è un titolo di giornale che si riferisce a parole che non ho mai pronunciato. Più volte ho spiegato che da sindaco di Napoli e da uomo di sinistra considero un fatto positivo il dialogo con il Partito Democratico. Non sono contro il dialogo e quindi, soprattutto durante alcune fasi della mia amministrazione, ed in alcune fasi nelle quali poteva sembrare che nel PD potessero aprirsi fatti nuovi, ho ritenuto corretto, se non addirittura doveroso, che un sindaco che fa politica al di fuori dei partiti come me aprisse al più grande partito del centro-sinistra.
Detto questo non ho mai ritenuto di dover fare un'alleanza con il PD. Non l'ho fatto in campagna elettorale - quando tra il primo e il secondo turno in molti mi spingevano a farlo - e ho continuato su questa linea: a tre anni e mezzo dalla mia elezione il PD è tuttora all'opposizione. Ho un dialogo con il Partito Democratico all'interno del Consiglio Metropolitano in quanto sindaco della città metropolitana.

Trovo invece molto interessante la volontà, abbastanza condivisa, di cercare di portare in qualche modo ad unità - pur nelle diversità - le forze della sinistra. Diversamente si perpetuerebbero errori - che in alcuni percorsi ho commesso anche io e mi riferisco ad esempio a Rivoluzione Civile - ed esperienze di testimonianza e di agglomerazione di singole sigle partitiche. Se vogliamo finalmente costruire un percorso di sinistra nel nostro Paese bisognerebbe guardare ad esempio all'esperienza greca di Tsipras, ai movimenti popolari del Sud America, ma anche a momenti della nostra storia. Mi interessa, dunque, di più guardare ai movimenti popolari, alle masse popolari, a quello che si è mosso in questi anni nei territori: al sud come al nord. Penso alle battaglie in difesa del territorio - come il no allo “sblocca Italia”, battaglia su cui mi trovo pienamente in sintonia e su cui bisogna fare una lotta democratica, forte, determinata contro una legge profondamente liberista. Guardo con favore al nascere delle ragioni di una maggiore unità a sinistra ma anche all'idea di guardare con interesse a quello che accade nel Paese reale, nelle classi subalterne, in alcune fasce della borghesia più illuminata, nel mondo degli intellettuali, degli operai, dei contadini, dei giovani, dei disoccupati e dei precari: insomma, quella massa di senza potere che hanno voglia di contare nel nostro Paese. Quando mi chiedono “tu che partito hai?”, io rispondo: “il partito per me è la città, il popolo, le persone che incontro ogni giorno con la mia esperienza del sindaco di strada”.

Detto questo il dialogo con i partiti e con la sinistra tutta è importante, ciò non mi sfugge.
SEL, ad esempio, è entrata in maggioranza nella mia amministrazione aggiungendosi alle forze della sinistra radicale che mi hanno sempre sostenuto. Anche la sinistra più moderata ha partecipato alla nostra esperienza. Napoli è veramente un'esperienza un'anomala e atipica, perché, da un lato, è l'esperienza più a sinistra, dall'altro ha in maggioranza anche forze moderate rappresentate, ad esempio, dal Presidente del Consiglio Comunale Pasquino.
Trovo quindi positivo che a livello nazionale ci sia questo dialogo che ha per protagonisti Cofferati, Landini, me, Vendola...
Riguardo alla sinistra del PD credo sia però decisivo il modo in cui ci si schiera: a me fa piacere che Cofferati si sia reso conto di quello che è accaduto in Liguria, così come sono positive le posizioni espresse da Civati. Penso però sia arrivato il momento di schierarsi con i fatti: che Renzi non sia di sinistra è una cosa che ha capito anche mio figlio Peppino che ha dieci anni, è un dato evidente a tutti.

In tal senso mi viene in mente il dibattito sulle primarie: quelle di Napoli paradossalmente determinarono la mia candidatura. Quindi uno strumento che doveva servire da facilitatore della democrazia all'interno del PD si trasformò in una lotta intestina al partito che favorì la mia candidatura. A distanza di tre anni, con le primarie in Liguria, si stanno replicando le stesse dinamiche e se guardiamo ahimè quello che è accaduto a Cofferati – non conosco i dettagli ma se Cofferati, persona per bene, ha lanciato quel tipo di grido vuol dire che il problema è serio – il PD continua a non affrontare il tema e a chiedersi cosa vuol fare nel futuro. Con questo PD nessun tipo di alleanza si può dunque prefigurare.

5) E in ottica regionale? Proprio nei giorni scorsi ha incontrato il leader di SEL Vendola aprendo una prima discussione riguardo alle elezioni regionali campane: che idea si è fatto in merito all'imminente appuntamento?

Vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni. Io faccio il sindaco di Napoli a tempo pieno ma ovviamente mi schiererò. Penso ci siano le condizioni per battere Caldoro e la destra ma bisogna mettere in campo una candidatura che rappresenti un elemento di novità nel centro-sinistra. Per le regionali si può ragionare ad un vasto schieramento ma per farlo è necessaria una candidatura che possa essere sostenibile: non possiamo andare a pescare nell'apparato di un partito, tra l'antica nomenclatura o tra personaggi non in grado di infiammare la voglia di rinnovamento. Dalle campagna dell'entroterra al litorale la gente chiede rinnovamento, un rinnovamento che sia però nel governare: la spinta nel grillismo – che ho guardato con rispetto – inizia ad entrare in crisi perché credo la vera sfida sia fare la rivoluzione governando.
L'arte retorica potrà sempre infiammare l'animo delle masse ma il tema decisivo è quello del governare. Ancor più ciò è vero in un Paese massacrato e indebitato. Governare però, in senso ostinato e contrario rispetto ad un sistema. Io vengo quotidianamente attaccato dal sistema, dagli apparati dei partiti dominanti, dalle lobby, dai terminali dei sistemi criminali... non è facile. La vera sfida oggi è quella di trovare persone, reti, associazioni e movimenti che vogliano lavorare per l'alternativa.

6) A tre anni dalla sua elezione a Sindaco del capoluogo campano, qual è il bilancio che trae da questa esperienza? Quali gli obiettivi irrinunciabili da realizzare prima della scadenza del mandato?

Tenuto conto delle condizioni economiche presenti al momento del mio insediamento il bilancio non può che essere positivo, al netto degli errori e delle cose non ancora fatte. Da qui alla fine del mandato raccoglieremo molti frutti perché abbiamo seminato tanto.
Credo che il 2015 sarà soprattutto l'anno del dettaglio, del decoro, del miglioramento progressivo della qualità dei servizi. Penso in particolare all'igiene urbana, alla sicurezza, alle infrastrutture e trasporti: avendo risanato l'ente cercheremo di migliorare complessivamente la vivibilità della città. Uno degli elementi decisivi della svolta della città è l'aver puntato moltissimo sull'offerta culturale e turistica. In una fase di tagli alla cultura noi, all'inverso, abbiamo puntato su questa risorsa per il riscatto di Napoli. La nostra città ha vissuto dall'aprile 2014 all'epifania del 2015 la stagione di boom turistico più imponente della sua storia degli ultimi decenni. Abbiamo registrato presenze turistiche enormi ed in controtendenza rispetto al paese. Un dato su tutti: l'aeroporto di Napoli in termini di flussi era quindicesimo in Italia, adesso è quinto e dai dati di cui disponiamo sarà terzo nell'estate di quest'anno. Ci sono state numerose aperture (bed&breakfast, trattorie, punti di incontro), c'è un fermento giovanile molto significativo, una grande vita notturna.

L'elemento che più mi da soddisfazione è però che si sia riscoperto il senso di appartenenza: l'orgoglio di sentirsi napoletani. Quando diventai sindaco molti dei miei concittadini erano costretti ad abbassare la testa per via dell'immagine dei rifiuti e del degrado: nessuno voleva venire nella nostra città a fare un concerto o un grande evento sportivo. Oggi si ospitano eventi culturali, sportivi, concerti e a breve ci sarà la visita del Papa.
Credo si sia abbattuto un muro, adesso c'è da costruire una grande strada che ha bisogno di partecipazione democratica e collettiva. I napoletani ci stanno credendo, e, nel nostro piccolo, possiamo rappresentare un elemento di diversità nel pensiero unico che governa il sistema: dimostrare che noi non siamo il sud piagnone, che chiede assistenza con il cappello in mano e soldi a pioggia ma, viceversa, un sud che vuole dimostrare di potercela fare. Vorremo essere rispettati da chi vede il sud con una lente di pregiudizio che, francamente, troviamo insopportabile.

Immagine liberamente tratta dal profilo Facebook dell'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia

Ultima modifica il Mercoledì, 28 Gennaio 2015 08:39
Calogero Laneri

Nato in Sicilia, studia Scienze Politiche presso l'Università degli Studi di Parma. Sin da ragazzo si appassiona alla politica e da allora sta cercando di smettere, senza grandi risultati.

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