Francesco Draghi, nel Partito Comunista Italiano prima e dalla sua fondazione nel PRC, ha ricoperto in entrambi incarichi di direzione politica, è stato amministratore pubblico.
Il general Cadorna n’ha fatta una grossa,
ha messo le puttane nella croce rossa.
Bim bum bom
Bim bom bò
e i' rombo del cannò!
la regina Elena a i' re gli fa le corna:
l'hanno trovata a letto col generà Cadorna!
Bim bom bò
e i' rombo del cannò!
canti popolari Casentinesi della I guerra mondiale – dal sito: http://www.antiwarsongs.org
Forse è davvero questo lo stile, ancorché pesante, necessario per arginare l’alluvione di insulsa retorica patriottarda ed il più bieco revisionismo storico che si preparano per il 100° anniversario della I guerra mondiale.
Sono fermamente convinto che i problemi del presente siano anche il frutto del fatto che la sinistra, i comunisti, abbiamo smesso di essere anche organizzatori e diffusori di cultura fra le masse, cultura tout court, non solamente cultura politica.
Anche noi ci siamo cullati nel culto di una visione della cultura e della politica tutta giocata sull’immagine, cioè sul fatto che basti “apparire” per “essere”, che la riflessione razionale su fatti e cose, lo studio delle questioni, la ricerca di soluzioni ai problemi della società e del Paese siano da affidarsi esclusivamente agli “esperti” e che alla massa del popolo non rimanga che “tifare” per le diverse ricette miracolistiche “prét a porter” proposte dall’uomo della provvidenza di turno.
Come ci sono donne e uomini che ingurgitano cibo spazzatura nei fast food in nome del “non perdere tempo a tavola”, così ci sono donne e uomini che ingurgitano qualsiasi politica in nome del “non perdere tempo ad informarsi e pensare”.
“Che si parli di me, nel bene o nel male, purché se ne parli” frase famosa, fatta pronunciare a Dorian Gray da Oscar Wilde, che ha assunto in politica un valore enorme. L’importante non è il giudizio che di te (o del tuo partito) viene dato, ma il fatto che di te (o del tuo partito) se ne parli. In definitiva meglio l’attacco, la critica spietata, al limite la contumelia, che non l’indifferenza e il silenzio.
È vero, ammettiamolo! Se la sinistra vuole fare dei passi avanti deve fare giustizia sommaria di tanti miti novecenteschi e “duemileschi” e tornare al pensiero laico e razionale delle proprie origini.
Il primo mito di cui deve essere fatta rapida e definitiva giustizia è quello della così detta “società civile”, ritenuta dimora di ogni virtù, contrapposta alla politica considerata ricettacolo di ogni vizio.
L’anno scorso, fra il primo turno delle primarie e il ballottaggio fra Bersani e Renzi, incontrai alla stazione di Rifredi una esponente del Pd che vedendomi mi disse: “Ecco uno di quelli che faranno vincere quegl’altri”. Un po’ sorpreso le chiesi chi erano “quegl’altri” e lei mi rispose che “quegl’altri” erano Renzi e i suoi sostenitori, i quali avrebbero vinto per colpa dei comunisti che non andavano in massa a votare per Bersani.
Stanotte ho fatto un sogno. Uno di quei sogni che mischiano fatti della realtà quotidiana e speranze, che soprattutto nel sonno più profondo talvolta capita di fare. Uno di quei sogni che vanno veloci, che si vedono come una vecchia pellicola da 24 fotogrammi al secondo proiettata ad una velocità superiore, con quell’effetto tipico di movimenti rapidi e scattosi da comica finale.
Nel 1993 uscì negli Stati Uniti “Rethinking Camelot” di Noam Chomsky, tradotto e pubblicato in Italia dalla casa editrice Eleuthera nel 2009 con il titolo “Alla corte di Re Artù”. Nel libro il famoso linguista e filosofo americano, nonché implacabile critico della politica interna ed estera del suo paese, demolisce senza tante perifrasi uno dei miti americani che ha fatto più presa in certi ambienti politici europei, quello di John Fitzgerald Kennedy, anche in polemica con altri esponenti progressisti come ad esempio il regista Oliver Stone.
Se la nostra fosse una società di uguali, nella quale le differenze di condizioni economiche e livelli culturali fossero annullate o anche tollerabili; nella quale a coloro che alla nascita, per un qualsiasi accidente della vita o per invecchiamento avessero perduto alcune capacità naturali (vista, udito, parola, mobilità, …) fosse provveduto ad una forte riduzione delle condizioni di svantaggio nei confronti degli altri; nella quale non vi fosse alcuna discriminazione di classe, colore della pelle, religione, orientamento sessuale, … . Allora sì che potremmo fare a meno dei partiti politici!
Voglio tornare sul linguaggio della politica prendendo a pretesto quest’iniziativa organizzata dai Gd e dal Pd con lo scopo di “scoprire la politica”.
Ma l’uso dell’inglese fa sorgere spontanea una domanda: non è forse contradditorio invitare a “scoprire la politica” usando l’inglese, lingua che solo il 34% (percentuale che ritengo sovrastimata) degli italiani, secondo dati forniti dalla Commissione Europea, è in grado di comprendere.
“… ed elli avea del cool fatto trombetta.”
Dante XXI Canto de L’Inferno.
Nello studio delle lingue con il termine “falso amico” si definisce quella parola o quella frase di una data lingua, che, nonostante la forte rassomiglianza – soprattutto fonetica – con quella di un’altra, ha un significato diverso, talvolta completamente opposto.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).