Venerdì, 14 Febbraio 2014 00:00

Il Corriere della Sera contro Tsipras

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Che si parli di me, nel bene o nel male, purché se ne parli” frase famosa, fatta pronunciare a Dorian Gray da Oscar Wilde, che ha assunto in politica un valore enorme. L’importante non è il giudizio che di te (o del tuo partito) viene dato, ma il fatto che di te (o del tuo partito) se ne parli. In definitiva meglio l’attacco, la critica spietata, al limite la contumelia, che non l’indifferenza e il silenzio.

Se quest’affermazione ha una qualche verità allora noi di Rifondazione Comunista e l’intera sinistra dovremmo essere grati al Corriere della Sera che negli ultimi tempi ha pubblicato più di un pezzo (ancorché malevolo) su Alexis Tsipras, segretario di Syriza e candidato ufficiale a commissario europeo della Sinistra Europea, formazione di cui è parte integrante per l’Italia il Partito della Rifondazione Comunista.

Il Corriere della Sera com’è noto è uno dei più noti bollettini anticomunisti (fa anticomunismo persino nelle cronache sportive) pubblicati nel nostro Paese, è un condominio di proprietà della crema del capitalismo italiano: dalla Fiat (Giovanni Agnelli & C. società in accomandita per azioni) a Mediobanca, da Intesa San Paolo a Pirelli, passando Diego della Valle. Questo bollettino fra l’altro gode di un cospicuo flusso di denaro pubblico, si parla di 23 milioni di euro, dato denunciato da due noti collaboratori dello stesso quotidiano: Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, in una lettera aperta al direttore.

L’articolista però che si è distinto per una astiosa e uterina acredine nei confronti di Tsipras e della sinistra è stato tale Pierluigi Battista, che sul numero del quotidiano di sabato 8 febbraio 2014 ha pubblicato un pezzo dal titolo inequivocabile: “Tsipras il Greco, ultima icona di massimalisti a corto di miti”.

In 343 righe ben retribuite, il nostro se la prende nell’ordine con “la sbornia castrista”, “il caudillo Chavez”, “il subcomandante Marcos”, “Che Guevara” e per ultimo con Alexis Tsipras, ultimo “mito” appunto della sinistra “massimalista”.

Naturalmente il nostro si guarda bene da entrare nei dettagli delle posizioni politiche e del programma di Tsipras, anche solo per demolirli criticamente, ci parla di “miti”, ma non ci offre alcuna informazione reale. Questo forse per semplice e crassa ignorantia dei fatti, tant’è che il Battista confonde tra Pasok (Movimento socialista panellenico) e Psoe (il partito socialista spagnolo), evidentemente per lui tremila chilometri di Mediterraneo sono solo l’ennesima menzogna dei comunisti.

Ma del resto cosa si può pretendere da uno che si chiama Battista? Non potrà mai essere un Walter Cronkite! Badate bene uno che fa Battista non di nome, ma di cognome. Un’intera genia che fa Battista di cognome è segnata per generazioni, come avviene di solito in certi romanzi di Hugo, Balzac, Dumas, Scott, Stevenson, se non si decide a cambiare cognome non ci sarà mai riscatto da un destino cinico e baro.

Perché chi si chiama Battista sarà sempre destinato a servire, sarà sempre il destinatario di ordini perentori: “Battista cappello e manteau”, “Battista servi pure il brandy”, “Battista porta la posta”, “Battista un articolo contro Tsipras e la sinistra massimalista”. E Battista pronto esegue, perché Battista non è un servitore qualunque, un manovale di domestiche incombenze, ma un servitore di classe, un maggiordomo compito ed efficiente, pronto a ricevere ordini, ma anche confidenze inconfessabili del padrone: “Battista questi comunisti mi fanno paura!”; somiglia a certi maggiordomi inglesi che amano chiamarsi fra loro con il nome del padrone al posto del proprio: “Buongiorno Fiat”, “Salute mediaset”.

Questi tipi poi non contenti di servire il padrone di turno, poiché è da generazioni che servono, amano ricordare con orgoglio le servitù passate: “Ricordo che il mio bisnonno servì fedelmente il buon generale Bava Beccaris, mio nonno il DVCE (scrivendolo proprio così), mio padre l’eccellenza Pavolini”, risalendo all’indietro risulterà sicuramente qualche Battista che ha servito il maresciallo Radetzki e ancora più addietro il Borgia.

Quindi allegri compagni! Parlano finalmente di noi, abbiamo appena rotto il muro del silenzio. E comunque come Pietro Nenni quando negli anni ’50 gli chiesero come faceva a sapere di essere nel giusto, così rispose: “Se i giornali borghesi mi attaccano sono nel giusto, se mi lodano ho sbagliato qualcosa”, sappiamo che se Il Corriere della Sera ci attacca, vuol dire che siamo nel giusto.

Immagine tratta da: www.economiaweb.it

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Febbraio 2014 20:46
Francesco Draghi

Francesco Draghi, nel Partito Comunista Italiano prima e dalla sua fondazione nel PRC, ha ricoperto in entrambi incarichi di direzione politica, è stato amministratore pubblico.

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