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Per un antirazzismo di classe
Il razzismo è un fatto economico. L’altro ci inorridisce e spaventa perché non rientra nelle classi dominanti e non rispetta, certo non per una sua volontà quanto per la nostra colpa di sostenitori del capitalismo, le regole sacre del mercato.
Settimana iniziata con il ritorno dagli Stati Uniti del ministro degli Esteri Taro Kono. A Washington il ministro ha avuto colloqui con il vicepresidente Pence, con l'omologo dimissionario Rex Tillerson e con Kang Kyung Wha, ministra degli Esteri della Repubblica di Corea, alla quale ha chiesto di porre il tema dei cittadini nipponici rapiti dalle autorità nordcoreane al tavolo delle trattative bilaterali tra le due parti della Penisola.
Afrin ci interroga (2 di 3)
Siamo dentro a qualcosa che tende sempre più a essere una terza guerra mondiale
Grande è il disordine sotto il cielo; tuttavia, a differenza di quel che tendeva sempre a opinare Mao, la situazione non è per nulla eccellente, è un grande ingestibile disastroso casino. L’umanità rischia grosso, su più piani. Come al solito, cresce il ricorso a ogni forma di guerra.
Già ciò risultava chiaro a partire dagli interventi esterni sulla crisi siriana. Poi è diventato più netto e preoccupante quando al conflitto di più attori statali fondamentali (Stati Uniti, Regno Unito, Francia, in un secondo momento Russia) contro al-Qaeda/al-Nusra e contro Daesh e alla finzione turca di parteciparvi si è sostituito il conflitto, per interposti stati minori o gruppi armati loro alleati, tra Stati Uniti, loro partner occidentali e mediorientali, da una parte, e Russia, potere siriano, Iran, varie milizie sciite, dall’altra, più la Turchia per così dire in mezzo, più Israele in proprio.
Afrin ci interroga (1 di 3)
Die Toten mahnen uns, i morti ci interrogano, recita la stele che a Berlino sovrasta la tomba di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht assassinati da soldati nazionalisti al servizio di un governo di destra socialdemocratica che aveva posto su di essi una taglia, “rei” di aver appoggiato un’insorgenza operaia.
Molto altro inoltre nel corso del Novecento e di questo primo scorcio di Duemila ci ha direttamente interrogato. In questo momento a interrogarci sono soprattutto i curdi, vittime storiche speciali della Turchia. Sono essi a sconvolgere le nostre coscienze, a contestarvi incertezze e opportunismi. Non solo i curdi, beninteso: ci interrogano e sconvolgono da gran tempo i palestinesi, abbandonati a un colonialismo israeliano che sta completando la conquista del loro territorio e della loro acqua, come ci sconvolgono i milioni di profughi mediorientali e di povera gente che fugge dall’Africa o dall’Afghanistan, o la persecuzione e massacri a danno di rohingya, mapuche e tante altre popolazioni in tutto il mondo.
Non è facile capire cosa fare di più adeguato, ma occorre inventarlo anche attraverso approssimazioni. Bisogna riuscire urgentemente a colpire, non solo a manifestare e a scrivere articoli. Ho letto l’appello al boicottaggio economico della Turchia, è una buona idea, si presta anche a iniziative popolari sul piano del turismo, dell’uso della compagnia di bandiera, dell’import di beni di consumo, di tessile, ecc. Bisogna denunciare pubblicamente i gruppi economici che investono (in altre parole, delocalizzano) in Turchia, commerciano con essa, ecc. Soprattutto occorre denunciare la vendita di armi a questo paese, cui prende parte anche l’Italia.
Dalla violazione della privacy alla manipolazione del pubblico – appunti sul caso Cambridge Analytica
Generazioni di bambini hanno imparato dai cartoni animati a non lasciar entrare in casa il primo estraneo che si presenta alla porta: sotto le sembianze di improbabili tecnici della società elettrica potrebbero nascondersi scagnozzi intenzionati a rapire tutti i cuccioli di dalmata.
Pari opportunità, perché non si può fare "parti uguali tra disuguali"?
Un disabile può sperare di vedere realizzati i propri sogni, o almeno di "giocarsela ad armi pari" con gli altri?
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