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INDIPENDENSA! - il referendum e la (presunta) identità Veneta – parte uno
Il 24 aprile 2017 Luca Zaia ha emanato un decreto per chiamare i veneti alle urne, con lo scopo di far scegliere ai cittadini se approvare o meno una maggiore autonomia regionale rispetto allo stato centrale. Nello stesso giorno anche nella Regione Lombardia si è tenuto un referendum non dissimile, che però è stato meno partecipato rispetto a quello del vicino orientale: l’affluenza in Veneto ha raggiunto quasi il 57,2%, mentre in Lombardia hanno votato solo il 38,2%. In tutti e due i referendum, la vittoria del sì è stata schiacciante.
Alla luce dei risultati dei due Referendum appare chiaro, anche per chi in Veneto non ha mai vissuto, che pur proponendo un quesito simile ed essendo accorpati in un’unica data, le due consultazioni nascevano da bisogni e sentimenti diversi, e sono stati vissuti dalla popolazione delle due regioni in maniera molto differente.
In particolare, il divario tra i risultati del referendum tra Lombardia e Veneto sono indicativi della differente storia politica e sociale dei due territori, in quanto rende evidente un sentimento “identitario venetista”, derivante da molteplici fattori economici e sociali, che ha pervaso la storia politica del Nord-Est negli ultimi decenni, e che in Lombardia è assente. Se si vuole capire a fondo il successo di questa consultazione, si deve quindi tenere in considerazione non solo ragioni politiche e finanziare, ma anche le narrazioni separatiste che da anni pervadono il nord Italia, in particolare il Nord-Est.
La stessa data del referendum è indicativa degli intenti degli enti promotori, ed è stata scelta per “fomentare” gli animi degli autonomisti. Questa è stata fissata in un giorno che per molti è altamente simbolico: il 22 ottobre 2017, nel giorno del 151° anniversario del plebiscito del Veneto (tenutosi il 21 e 22 ottobre 1866) che sancì la fine della terza guerra d'indipendenza e l'unificazione delle province venete e di quella di Mantova al Regno d'Italia. Annessione che per alcuni revisionisti storici sarebbe illegittima.
Un secondo dato da considerare è che questo referendum, oltre ad essersi svolto in una data particolarmente significativa, si inserisce in un periodo storico particolare, in cui la questione delle autonomie diventa sempre più importante a livello europeo. Dal referendum Scozzese alla Catalogna fino alla Brexit, lo scontro tra una società sempre più sovranazionale e le resistenze dei localismi sta trovando sempre più spazio nelle cronache internazionali. Queste tematiche non sono mancate durante la campagna elettorale, e a livello di società civile non sono mancate le manifestazioni di sostegno ai localismi, in primis alla Catalogna, in quanto “popolo oppresso (quello Veneto) solidale con un altro popolo oppresso (quello catalano)”.
Questo sentimento del Veneto come “stato occupato” dall’Italia non è una novità: in Veneto questo referendum ha cavalcato decenni di rivendicazioni indipendentiste, non tutte legate alla lega. Seppur questi movimenti siano solitamente legati a idee di Destra, essi hanno una storia che inizia molto prima degli anni ’90 e hanno poco da spartire col Carroccio. Per comprendere quanto la “voglia” di autonomia sia trasversale è eloquente un documento del 2012, quando il consiglio regionale del Veneto presentò la risoluzione n°44 per “il diritto del popolo Veneto alla compiuta attuazione della propria autodeterminazione”, firmata non solo da esponenti leghisti, promotori dell’iniziativa, ma anche da consiglieri di Forza Italia e di Rifondazione Comunista. A livello locale, importanti sindaci del PD come quelli dei capoluoghi di Treviso e Vicenza, si sono schierati apertamente per il sì. Il risultato del referendum in Veneto non è quindi da vedere come un successo della Lega, ma è un dato che oltrepassa i confini del partito in quanto va ad intaccare un movimento che esiste da più di cinquant'anni.
Chi vede in questo referendum la sconfitta del PD e del M5s non ha a mio avviso compreso che sono molte le forze politiche in campo che sostengono l’autonomia, o che aspirano a un Veneto a Statuto Speciale, come le altre regioni del Triveneto. L'abilità della Lega è stata quella di sfruttare al meglio un periodo favorevole e un risentimento nei confronti dello stato Italiano che esisteva ormai da anni, convogliando questi movimenti e questi bisogni identitari sotto la sua bandiera.
Da una parte, è vero che questo referendum non porterà probabilmente a nulla di concreto a livello politico (il caso dell’Emilia Romagna, che ha iniziato le pratiche dell’autonomia senza voto popolare è stato citato da tutti coloro che ne hanno criticato l'utilità); dal punto di vista simbolico, esso ha avuto un significato molto potente perché ha rafforzato il potere contrattuale tra il Veneto e Roma consacrando Zaia come uomo di punta della Lega. In secondo luogo, la consultazione ha messo in luce tutta una serie di sentimenti indipendentisti e identitari, di cui si preferiva ignorare l’esistenza, e che in genere venivano messi a tacere dalle tendenze “assimilazioniste” dello stato centrale. In questo modo ha anche ridato vigore a una serie di movimenti, spesso visti come “elementi folkloristici” pronti a utilizzare questo referendum per aumentare la propria forza.
Questa non è stata l'unica volta che è stato proposto un referendum per promuovere l'autonomia o addirittura l'indipendenza del Veneto. Infatti, nel corso degli anni diverse fazioni e gruppi politici hanno più volte cercato di ottenere il via libera per una consultazione popolare. L’ultimo di questi tentativi è avvenuto nel 2014, quando il partito “plebiscito.eu” tentò di cancellare l’annessione del Veneto al Regno d’Italia con un malriuscito referendum digitale nel 2014. Questo referendum costituiva un’azione simbolica, nata dopo una serie di tentativi fallimentari a livello istituzionale, quasi sempre bocciati in quanto in contrasto con la Costituzione.
Indipendentismo nella cultura popolare
Come accennato in precedenza, il 22 ottobre 1866 si è svolto il plebiscito del Veneto per sancire l'annessione al Regno d'Italia le terre cedute alla Francia dall'Impero austriaco a seguito della terza guerra di indipendenza. Si tratta di un fatto storico dibattuto, visto da alcuni storici come il primo atto di “colonialismo” verso la regione Veneta. Il plebiscito del 1866 è stato più volte messo in discussione da molteplici tentativi di revisionismo storico, che vedono nell’annessione all’Italia del Veneto un atto illegale, un inganno frutto di una truffa architettata dal Regno d’Italia. Questa visione venne ripresa da un gruppo di otto persone della campagna padovana denominato “Veneta Serenissima Armata”, più famosi come “i Serenissimi” (appellativo dato loro dai mass media), considerati come terroristi dallo Stato italiano, che occuparono simbolicamente tra l’8 e il 9 Maggio 1997 il campanile di san Marco dichiarando illegittima l’annessione del Veneto al Regno d’Italia.
Il gruppo era armato di alcuni fucili e un “Tanko artigianale”, un autocarro travestito da carro armato. Nonostante non avessero grandi mezzi e la loro impresa sia durata poche ore, i Serenissimi ebbero un grosso impatto mediatico, portando la questione veneta anche sulla Cnn e diventarono un simbolo per tutta una serie di partiti e movimenti autonomisti. Nel 2014 si è tentato di ripetere l’impresa, ma è stata sventata dalle forze dell’ordine prima che il mezzo blindato venisse assemblato. Circa una quarantina di persone tra indipendentisti veneti e bresciani sono state arrestate, tra cui due ex-serenissimi. Da allora il “Tanko” è entrato nell’immaginario collettivo “Veneto”, protagonista di magliette e meme.
Oltre a queste azioni ad impatto, in molti sono stati gli episodi di singoli cittadini o movimenti che hanno cercato di mostrare la loro lontananza dallo Stato italiano, da sindaci che hanno esposto gigantesche bandiere del leone di san Marco, ai numerosi graffiti che inneggiano al Veneto stato. Numerosi sono i partiti che già dal nome presentano programmi politici improntati sull'indipendentismo o sull'autonomia dall'Italia, come Progetto Nord-Est (che mira alla costruzione di una Macro-Regione che comprenda tutte le tre Venezie), Indipendenza Veneta e Liga Veneta Repubblica. Ironia della sorte, dove non sono riusciti i vari referendum e gruppi eversivi è arrivato un errore della Lega: attualmente il tanto agognato Regio Decreto che sanciva l’annessione al Veneto non esiste più, in quanto Calderoli, durante il suo mandato come Ministro delle semplificazioni, ha dato alle fiamme – con un'azione dimostrativa - numerose norme, tra le quali quella dell’annessione del Veneto all’Italia.
Cos’è l’identità veneta?
“Tre millenni di civiltà hanno fatto del Veneto una regione ricca di arte, di tradizioni e di memoria e hanno consolidato una cultura locale, un insieme di parlate e unodo di “essere nel mondo” chiaramente determinato”. Questa descrizione viene dal sito della Regione Veneto, che presenta una sezione sull’identità e la lingua veneta al fine di mostrare “l’impegno della Regione nel favorire iniziative di ricerca, di divulgazione e di valorizzazione del patrimonio culturale e linguistico su cui trova fondamento l’identità veneta”. Quest’impegno viene promosso tramite una serie di iniziative e finanziamenti tesi a diffondere la cultura e l’identità del territorio ai propri abitanti. Si tratta di una concezione dell’identità che l’antropologo Aime definisce come «istituzionale», come se l’identità di un popolo “fosse un elemento strutturale, in grado di essere gestito e organizzato dall’alto come scuola, industria, sanità, e non un valore che dovrebbe nascere dal basso ed essere continuamente rinegoziato”.
Ma in cosa consiste quest’identità veneta tanto decantata dai leghisti e dagli altri movimenti autonomisti/indipendentisti? Esiste una reale Identità Veneta tra la popolazione del Nord-Est?
In genere per comprendere il sentimento identitario di un popolo si guarda dapprima alla sua storia, alla sua lingua, alle sue tradizioni, ai suoi usi e costumi. Il Veneto storico si componeva della Venezia Euganea (attuale Regione Veneto), della Venezia Giulia (attuali province di Trieste e di Gorizia, l'Istria) e della Venezia Tridentina (attuale Provincia di Trento). Nonostante questi territori siano stati unificati per più di mille anni, la nostalgia per la Serenissima non fa parte dei discorsi identitari e politici di tutto il Nord-Est e attualmente a livello politico nessun trentino o friulano o istriano si è mai mosso a favore di un indipendentismo Veneto, né si sente legato a una cosiddetta “Identità Veneta”.
Da un punto di vista storico e culturale non si può parlare di un'identità veneta vera e propria, ma piuttosto si possono ritrovare delle analogie culturali e linguistiche tra i residenti nelle tre Venezie. D’altronde è difficile pensare al “popolo Veneto” come unitario: i modi di vivere e la stessa “łéngua vèneta” differiscono notevolmente, variando a seconda dei comuni e dei territori. Basti pensare alle enormi differenze che passano tra il Cadore - territorio di montagna con molti luoghi che rischiano lo spopolamento e l’abbandono - dove il dialetto non è una variante del veneto ma deriva dal Ladino e la Laguna veneziana - zona industriale densamente popolata affacciata sull’Adriatico - caratterizzata da stili di vita e necessità completamente diverse da quelle dei Cadorini e dove si parla il dialetto Veneziano (che presenta molteplici varianti al suo interno).
Dal punto di vista politico e amministrativo “i veneti” non si amano troppo tra di loro. Non è un caso che in quest’ultimo referendum fosse previsto per la sola Provincia di Belluno un ulteriore quesito, per chiedere una maggiore autonomia dalla Regione Veneto per il territorio bellunese. Questa Provincia è infatti completamente montuosa, ed ha bisogno di attenzioni specifiche, che non sempre Venezia riconosce; per questo motivo negli anni si è creato un malcontento contro l’amministrazione regionale, e da tempo molti partiti richiedono l’autonomia dal Veneto. Per motivi non dissimili nel corso degli ultimi anni sono stati ben 31 i referendum di comuni di confine, tra cui la stessa Cortina D’Ampezzo, che hanno richiesto l’annessione (motivandola spesso non solo per motivi fiscali, ma anche storico-culturali) al Trentino Alto-Adige o al Friuli Venezia Giulia. Nessun Comune ha mai sentito la necessità di passare alla Lombardia o all'Emilia Romagna.
Anche la narrazione politica della Lega palesa iper-localismi, che usano come punto di riferimento non la regione, ma i singoli territori: basti pensare che si è arrivati a farneticazioni deliranti quali quelle del fu sindaco di Treviso Giancarlo Gentilini sull’esistenza di una fantomatica “Razza Piave”, priva di impurità.
Alla luce di queste riflessioni sembra difficile riuscire ad immaginare un’identità forte e compatta, tale da poter definire i veneti come popolo a sé stante, in perenne lotta con il potere centrale.
Déjà vu in Sicilia
L'espressione più appropriata per definire, in maniera accurata, le elezioni regionali siciliane è déjà vu. Un'espressione semplice, efficace ma di profondo significato che trova un riscontro storico e politico.
Settimana iniziata con l'incontro tra il neoriconfermato Shinzo Abe e l'omologo Rodrigo Duterte. Il Presidente filippino ha infatti effettuato lo scorso lunedì una visita ufficiale a Tokyo con l'obiettivo di affrontare alcuni temi di cooperazione economica nonché per ricambiare quella fatta dal premier nipponico a Manila lo scorso gennaio.
Di una “età dell'oro del nostro partenariato strategico” ha parlato Duterte al termine dell'incontro sottolineando come la collaborazione tra i due Paesi si approfondirà in particolare su alcuni progetti infrastrutturali che riguarderanno la capitale filippina. Definito in dettaglio un accordo per il finanziamento da parte di Tokyo dei lavori per la costruzione di linee di metropolitana a Manila (con un tasso di interesse dello 0,1%) e di un bypass viario nella città di Plaridel (in questo caso con un tasso di interesse dell'1,5%).
Il privato è politico
Il privato è politico. Nulla di più semplice, diretto, veloce e rapido per comprendere una verità spesso ignorata: non esiste un “mondo fuori” dove funzionano certe idee, lotte, proteste e uno “dentro” il quale segue leggi particolari legate alla coppia, alla genitorialità, alla famiglia. Tutto si basa sui rapporti di classe e di forza che partendo dalla società, condizionano i legami personali. L’operaio politicizzato di Romanzo Popolare, ne è un esempio: compagno attivo nelle lotte, uomo che si reputa moderno, ma pronto a ristabilire la gerarchia nel rapporto di coppia quando la sua compagna esprime la sua infelicità e infedeltà. Questo è solo un piccolo esempio, ovviamente, ma la realtà ci mette davanti a queste storie ogni giorno. Uomini che usando la loro posizione privilegiata e il loro potere, costringono i sottoposti a umiliazioni e abusi. Siamo portati a ritenere che questo sia un problema che riguarda alcune categorie, che a ben vedere certe donne sanno a che vanno incontro, molto probabilmente sono anche complici se non istigatrici.
Vienna verso Visegrad?
A seguito delle elezioni in Austria di qualche settimana fa, che come da previsioni hanno visto trionfare il rebranding neoconservatore del Partito Popolare guidato da Kurz, si sono susseguite sulla stampa voci di un possibile avvicinamento – de jure o de facto – di Vienna al gruppo dei quattro di Visegrad, ovvero Ungheria, Slovacchia, Polonia e Repubblica Ceca, un sodalizio nato per perseguire l'integrazione europea e diventato, con la crisi dei rifugiati siriani, la voce istituzionale principale dell'opposizione alle politiche migratorie UE. Questo scenario sarebbe reso possibile da un (sempre più probabile) governo Nero-Blu, ovvero un'alleanza tra Popolari e populisti di destra del Partito della Libertà. La simpatia nutrita da questi ultimi per Viktor Orban e per il suo stile politico è infatti risaputa, e lo stesso primo ministro in pectore ha più volte evidenziato come il successo di cui va più fiero, ottenuto quando ancora era ministro nel precedente governo di larghe intese, sia la chiusura della cosiddetta rotta balcanica. Evento calamitoso destinato a distruggere l'Europa e la civiltà o ufficializzazione di uno status quo che non sorprende nessuno (d'altronde il
Lavoro, AAA supereroe cercasi!
Valerio Catoia, il ragazzo con sindrome di Down saltato questa estate agli onori della cronaca per aver salvato una bambina che stava annegando, avrà presto un lavoro come bagnino.
Lieto fine, meritata ricompensa per una buona azione. Ma siamo davvero sicuri che sia così? Siamo convinti che sia necessario ed indispensabile essere supereroi per ottenere una cosa che dovrebbe essere un diritto di ognuno? Davvero riteniamo giusto che una persona normale non possa trovare un lavoro?
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