Caratteristica della nostra rivista è il confronto tra punti di vista anche profondamente diversi tra loro. Sulla crisi Ucraina abbiamo già pubblicato un articolo e con stasera diamo spazio ad un'altra visione, diversa ma ugualmente utile al dibattito.
Il 21 novembre, dopo il rifiuto dell’ex presidente Yanukovich all’adesione dell’accordo di associazione con la UE (che prevedeva l’abolizione delle frontiere, anche doganali, e degli aiuti) a favore di un accordo con la Russia di Putin, la maggioranza del popolo Ucraino è sceso in piazza per protestare.
Come si nota facilmente la causa scatenante della serie di repressioni e l’escalation di violenze è stata un rifiuto del potere di seguire la volontà popolare, che è quella di aderire all’Unione, oltre che ad un maggior garantismo dei diritti inalienabili, quali la vita, il rispetto della persona e la libertà.
Solo dopo quasi tre mesi, dopo i morti del 18 febbraio, l’Europa, neanche in maniera coesa, decide di esprimersi a condanna dei soprusi governativi: la Germania (probabilmente l’unico paese dell’Unione ad essere una controparte vera e proprio nella vicenda) e la Francia propongono sanzioni mirate e graduali alle autorità, la Polonia un intervento più severo, l’Italia non esclude misure restrittive eccezionali.
Uno dei problemi sono le frange estreme. In ogni movimento, in ogni rivoluzione, ve ne è sempre una (o più d’una). Al momento la maggioranza dell’opinione pubblica internazionale, suffragata anche dalle dichiarazioni di Putin, tende per una critica alla protesta, perché ritiene che sia guidata dalla destra estrema: ciò non corrisponde alla verità. In parte, lo si è già detto, la maggioranza è filo europeista, quindi contraria al nazionalismo nazifascista e alla mancanza di libertà, inoltre vi è stata anche una grande partecipazione del gruppo ebraico, fortemente presente in Ucraina, nelle proteste a fianco dei primi. Ma basterebbe guardare ai dati per capire che la frangia estrema non gode di un così grande appoggio: Svoboda, il partito cui fanno riferimento queste frange destroidi estreme, è passato dal dieci per cento al cinque per cento, sempre meno del partito della Le Pen o del suo omologo austriaco, ma sarebbe comunque una minoranza in se per sé, anche senza paragoni.
Ciononostante, è la prima volta, nella storia dell’Unione, che un popolo si ribella per entrarvi e penso che non vi sia niente di più magnifico e tristemente sconvolgente. E quanta macabra ironia se pensiamo che proprio mentre si celebravano i giochi olimpici a Sochi, simbolo di fraternità e pace, a piazza Maidan vi erano feriti e morti!
Ma perché l’Europa, di fronte ad un popolo che si ribella per aderirvi, di fronte ai morti e ai desaparecidos e alle violenze, non è intervenuta tempestivamente e con forza diplomatica?
In parte perché, proprio per il fatto di essere quasi solamente un’unione economica, neanche cosi coesa, non gode di una autorevolezza che altri paesi possono avere: è solo un embrione di una federazione di stati ( difatti non ha un esercito comune, cosa che fungerebbe da deterrente contro eventuali invasioni o attacchi, simili a quelli che si sono verificati in Crimea).
Il problema maggiore è, però, la Russia, ormai tra le maggiori potenze economiche a livello mondiale è spesso ago della bilancia nelle questioni geopolitiche, talvolta anche contrapponendosi in maniera molto netta all’“occidente” (l’ultimo esempio è la Siria, dove Putin è riuscito addirittura a spodestare Obama dal suo ruolo internazionale).
Per il nazionalismo russo, rivitalizzato enormemente da Putin, l’Ucraina è sempre stata un punto d’onore, inoltre fa da cuscinetto con l’Europa, e la Crimea è sempre stata un punto strategico ( ad esempio è un buon porto per intervenire in Siria) per cui vale la pena combattere.
Di fronte ai fragili equilibri geopolitici l’Unione ha preferito temporeggiare e molti dei suoi cittadini hanno preferito l’indifferenza audiovisiva.
Ma non è questo che ci si aspetta dai cittadini di tutto il mondo. Non è questo che ci si aspetta dall’Europa.
Siamo di fronte ad una sfida democratica, sapremo raccoglierla ed affrontarla? La posta in gioco è alta: l’UE può dimostrare di non essere solamente un’unione economica, ma un associazione che aspira ad un di più: può compiere quel salto di qualità necessario per uscire dalla sua condizione embrionale.
Siamo di fronte ad una sfida democratica perché non opponendoci diplomaticamente alla Russia saremo costantemente vittima di un ricatto, perché dobbiamo dimostrare di esser capaci di travalicare gli interessi nazionali ed economici, perché non si può essere liberi se c’è qualcuno che non lo è.
Se vogliamo che l’economia giri, non possiamo non essere in questo senso indipendenti e non possiamo avere dei paesi deboli che potrebbero contagiarci. Come può il modello economico funzionare se non vi sono forti controlli e non vi è una parità di economie? Cadremo sempre vittima di speculazioni e cadute politiche che farebbero rovesciare l’andamento borsistico. Avremo la nostra libertà economico-finanziaria limitata da interessi particolari. Ma soprattutto come può, ognuno di noi, sentirsi veramente libero, se sa che vi è una parte del mondo che non assapora la libertà?
È un invito a rifletterci caro lettore: tu non sei veramente libero se uno Stato limita la libertà, perché questa limitazione prima o poi ti toccherà: magari con un viaggio, magari con una guerra, magari con un crollo della borsa. Ma soprattutto come puoi sentirti libero moralmente se sei anche tu, con la tua egoistica indifferenza che ti rende carnefice, complice e mandante di tutte le privazioni e i soprusi, di tutti gli stupri, di tutte le violenze? Dimmi, come fai a sentirti veramente libero?
È per questo che sono fortemente a favore dell’ingresso dell’Ucraina nell’Unione e per un maggior intervento di quest’ultima nella vicenda, ad esempio isolando diplomaticamente, ma anche economicamente, ossia creando un vuoto attorno alla Federazione, anche a costo di inimicarsi Putin e di non avere cosi facilmente il suo gas. La libertà, anche economica, non la si ha facilmente, ed in questo modo potremo aiutare anche il popolo russo ad uscire dal giogo di una dittatura fin già troppo amica dell’occidente.
Non possiamo più permetterci delle mancanze di libertà, ovunque esse siano, se vogliamo veramente essere liberi ed uniti.
Immagine tratta da: www.qcodemag.com
Sono nato a Pisa il 25 aprile del 1992. Finito il liceo mi sono iscritto al corso di storia dell’Università di Pisa e attualmente sono all’ultimo anno della triennale. Sono un forte sostenitore della salvaguardia ambientale e dei diritti degli animali. Delle persone mi interessa ciò che fanno, per capire come tutti possono “uscire dalla minorità”. Non sono iscritto a nessun partito e di questa libertà vado fiero, perché mi permette di scegliere caso per caso e di essere indipendente.
Al liceo, assieme ad altri amici, ho fondato il giornalino della scuola: “il ribelle”.
Considero lo sport un aspetto importante della vita quanto la lettura dei romanzi, infatti è una delle mie passioni (ma non tanto come spettatore), come la storia della musica e le mie tre chitarre.
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