Lunedì, 05 Maggio 2014 23:54

Fuoco in Ucraina

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Nessuno tra di noi “beccai” è giornalista professionista ma ritengo, nel nostro piccolo, di dover fare il nostro dovere nel tentare di informare le persone su quello che sta avvenendo in queste ore in Ucraina. Che la stampa (ed i mezzi di informazione in generale) in Italia avesse degli evidenti problemi a trattare le tematiche di politica estera in maniera che possa essere definita dignitosa lo sapevamo. Ma leggere sull'Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci, un completo travisamento dei fatti, fazioso, dovuto alla oramai del tutto assente etica del mestiere che dovrebbe caratterizzare chiunque abbia l'ardire di definirsi giornalista, è un qualcosa che reclama risposta.

Ad Odessa sono morte più di quaranta persone. Sono morte bruciate vive nel rogo del Palazzo dei Sindacati o buttandosi dalla finestra nel tentativo di fuggire dalle fiamme. Coloro che hanno perso la vita, come gran parte delle vittime di queste ore, appartenevano allo schieramento filorusso. Sulle pagine dell'Unità a questi è stata invece attribuita la colpa d'aver appiccato l'incendio. Nel bel Paese infatti i giornalisti sono reticenti a dire che l'incendio è stato appiccato, molto probabilmente, dalle milizie armate neonazista di Pravy Sektor. Le testate che evitano le figuracce in cui si è cimentata l'Unità, di certo non si caratterizza per qualità dell'informazione: sia il Corriere della Sera che Repubblica riportano di vittime morte in un incendio dovuto, genericamente, ai disordini.

Coloro che in anni passati non si sono fatti problemi nel diffondere le false prove sulla presenza di armi chimiche nell'Iraq di Saddm Hussein presentato da Colin Powel o che nel 2011 hanno inneggiato ai ribelli libici fingendo di non sapere che si trattava in realtà di mercenari provenienti da tutto il Medio Oriente oggi preferiscono non sbilanciarsi. Non si sbilanciano ma danno spazio alle dichiarazioni dei leader occidentali, Obama in testa, che si sgolano nel richiedere una soluzione diplomatica della questione. Una soluzione diplomatica che viene richiesta solo a parole, mentre allo stesso tempo il confine lungo il quale sono disposte le forze della Nato si sposta sempre più a Est, mentre l'Alleanza Atlantica ingurgita continuamente nuovi paesi dell'Europa orientale.

Attribuire responsabilità così limpide in una vicenda complessa come questa non è facile, però un paio di cose le possiamo dire. Possiamo dire che, nonostante Putin non possa essere considerato un baluardo della libertà (né del comunismo) e che sia legato agli ambienti oligarchici che hanno promosso Yanucovic, mettere sullo stesso piano i due schieramenti, Russia da una parte e Usa ed Europa dall'altra, non rende verità ai fatti. I russi si sono limitati a sostenere, dall'esterno, un governo che comunque era ritenuto legittimo a livello internazionale mentre lo schieramento atlantico ha fomentato posizioni e azioni di estremisti dell'Ucraina occidentale. Possiamo dire anche che sperare in un intervento diretto in Ucraina in difesa del popolo martoriato dallo scontro tra due giganti è semplicistico: il popolo ucraino è nei fatti diviso. Le milizie volontarie di quello che adesso è chiamato esercito di Kiev e i gruppi di filo russi sono composti da ucraini. Ucraini che sono arrivati a farsi una guerra.

Una situazione del genere non può essere risolta, tentando di fare un ragionamento realistico, se non tenendo di conto tutti gli interessi in campo. È poco credibile che Putin violi il diritto internazionale sferrando un attacco diretto a Kiev, è bene metterselo in testa. A questo punto la soluzione diplomatica è l'unica auspicabile. Ma dobbiamo parlare di diplomazia vera, di un intervento diplomatico come quello che sventò l'attacco contro la Siria. Un intervento diplomatico che prenda atto dei nuovi assetti geopolitici che si stanno delineando a livello internazionale e della declinazione dei vari interessi in campo. Una soluzione diplomatica che interpelli dalle forze atlantiche a quelle russe, dall'Unione Europea ai nuovi paesi emergenti come Cina e quelli latinoamericani.

Alla complessità non si risponde con la semplificazione, alla diverse situazioni non si può rispondere applicando i nostri soliti schemi mentali, con l'arroganza di aver ragione che da decenni ci caratterizza.

Ultima modifica il Martedì, 06 Maggio 2014 00:05
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

Cit.

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