Il progetto ha iniziato ad avere sponsorizzazioni sul mainstream, basta pensare alle poco edificanti pubblicità Rai.
Negli istant televisivi la mente da chi osserva è annebbiata dai numeri: si parla di un mercato di 1 miliardo di persone!
Una bugia sponsorizzata dai governi dell’ancien regime europeo, quelli della Troika, quelli che da anni con le loro politiche privatistiche hanno dissanguato le casse dei loro stati.
Il TTIP, nei progetti di chi l’ha ideato, non devo essere un mercato aperto a tutti, come voglion far amaramente passare.
Esso è assolutamente invece un sistema chiuso ermeticamente, il quale vede i soliti noti e aggiungerei pochi a spartire la solita, anche in questo caso, torta.
L’aggressività di questo trattato segreto (poco, anzi pochissimo e trapelato e la stessa discussione è assolutamente off limits), abbraccia diversi ambiti, dal sociale, ai territori alla salute all’alimentazione.
La concezione di quest’accordo nasce dal bisogno delle multinazionali di invadere i mercati in maniera sempre più semplice e “indolore”. Il risultato finale potrebbe essere devastante: la piccola e media impresa completamente soffocata, peggio sicuramente di quello che già accade oggi.
Le conseguenze sarebbero avvertite anche dai cittadine e le cittadine; ad esempio a livello alimentare un accordo del genere comporterebbe in Europa l’ingresso indiscriminato di OGM e la cosiddetta “carne agli ormoni”, già utilizzate dai mercati americani; inutile poi ribadire le conseguenze sulla salute dei consumatori, senza considerare l’abbassamento clamoroso della qualità.
Le ragioni che hanno portato e stanno portando in Europa e in giro per l’Italia alla costituzione di comitati NO TTIP è quindi giustificata dalla pericolosità effettiva del trattato.
L’agibilità politica, per scongiurare il pericolo come già hanno fatto i paesi sudamericani respingendo l’accordo con gli USA (ALCA), ci sarebbe. Le dinamiche burocratiche vedrebbero ancora circa 2 anni per un’effettiva ratifica dell’accordo, il quale dovrebbe passare dall’approvazione di singoli stati (alcuni dei quali prevedono un referendum per questo genere di cose). È necessario quindi partire con un’incisiva campagna di controinformazione per smascherare ancora, per l’ennesima volta, l’affarismo e le politiche lobbistiche delle solite “etichette”.
Il figlio maggiore del processo di globalizzazione, presentatosi in maniera cruenta nel triste e afoso Luglio genovese del 2001, è cresciuto ha imparato a parlare e camminare, facendoci credere che la risposta alla crisi sia l’espansione dei mercati, una sorta di immensa agorà transatlantica.
Il modello va respinto, va rigettato; proveranno ancora una volta a rubare il futuro. Lo stanno facendo di nascosto, raccontando che lo fanno per noi e per i nostri figli.
La risposta questa volta non può prescindere da un ragionamento collettivo e dall’elaborazione di un modello di sviluppo diverso.
Uno degli slogan della piazza genovese, quel Luglio di tredici anni fa era: “Un mondo diverso è possibile” .
Facciamo nostro quel concetto; pensiamolo, elaboriamolo. Insieme!
Immagine liberamente tratta da www.bonovo.eu