Lunedì, 11 Marzo 2013 00:00

Chávez e un commento italiano

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Lucio Caracciolo, direttore della rivista di “geopolitica” Limes, ha rilasciato immediatamente dopo l'annuncio della morte di Hugo Chávez una dotta intervista alla RAI sul bilancio di quasi quindici anni di rivoluzione socialista “bolivariana” in Venezuela e sulle intenzioni di questa rivoluzione in America latina. Essa, al tempo stesso, ha dichiarato Caracciolo, è riuscita ed è fallita. Sul piano delle realizzazioni sociali, cioè dell'uscita della stragrande maggioranza del popolo venezuelano dall'emarginazione, dalla miseria e dalla dominazione di una delle più fetenti cleptocrazie borghesi del pianeta, ha realizzato obiettivi importanti. Tuttavia (come evitare di sottolinearlo?) è fallita nel suo tentativo di fare del Venezuela il paese egemonico in America latina. In questa parte del mondo “c'è solo il Brasile”. Questo paese, guidato da una sinistra non “populista”, democratico anziché essere guidato da un “caudillo”, ha efficacemente contrastato le velleità chaviste, ecc. ecc.

La geopolitica è uno dei lati della “politologia”, cioè della politica posta come scienza “positiva” (ovvero della politica esaminata nei suoi fatti e nelle sue leggi, senza giudizi di valore e senza prendervi parte attiva). Dunque Caracciolo, in sostanza, sarebbe uno scienziato neutrale, un po' come quegli entomologi che studiano le formiche. Un “tecnico” spassionato della politica. Cosa vorremmo di più attendibile? Abbiamo così scoperto, grazie a lui, che Chávez aveva un progetto egemonico (in quanto caudillo, tutto suo personale) nientepopodimeno che sull'America latina, e che questo progetto è fallito perché (insensatamente, da caudillo populista) non ha fatto i conti con la potenza economica, demografica e territoriale del Brasile e con l'intelligenza concreta, piedi per terra, della sinistra brasiliana.

Scrivo quest'articolo perché queste buffonate hanno a parer mio un certo particolare interesse, ci indicano molte cose. Intanto, come il “tecnico” in politica sia sempre, in realtà, un funzionario politico travestito. In secondo luogo, come alla borghesia capitalistica il politico travestito da tecnico oggi serva più che mai proprio perché può essere proposto pubblicamente come super partes, come scienziato “oggettivo”, ecc.: e questo in quanto non c'è più solo da tutelare le porcherie “correnti” del capitalismo, ma da negare il fallimento economico del liberismo, il suo estremismo antisociale, il fatto che l'“austerità” serve prima di tutto a spostare ricchezza dal basso verso l'alto della gerarchia sociale. In terzo luogo, come ciò richieda anche la sistematica ridicolizzazione dei tentativi delle classi e delle popolazioni sfruttate di liberarsi dal capitalismo. Non solo. Le buffonate di Caracciolo sono rivelatrici di una mentalità. Caracciolo, probabilmente, inganna solo in parte intenzionalmente: un po' a quello che dichiara ci crede. Ogni individuo secondo Caracciolo è un borghese; in altre parole, essere individualisti, carrieristi, cinici e, se si fa politica, predoni (si badi: non necessariamente in forme illegali) fa parte del dna degli esseri umani. La solidarietà tra le vittime e con le vittime del capitalismo per quelli come Caracciolo va bene, benché si tratti di una perversione anti-umana, se si limita alle opere di carità: se diventa un fatto politico, è come la pazzia furiosa, va stigmatizzata, combattuta, resa insignificante, se possibile annullata. Tra i mezzi di ciò, appunto la ridicolizzazione: in modo che nessun operaio, nessun ragazzo precario o disoccupato, nessuna casalinga che debba sgobbare il doppio alla ricerca della roba da mangiare che costa meno e arrivare così alla fine del mese, nessun pensionato, nessun immigrato possa cascare nella trappola demenziale della lotta per cambiare il mondo. Un correlato di questa posizione è la seguente: se ti trovi in questa condizione sociale, se sei uno “sfigato”, è perché te la sei cercata, perché sei scemo, o perché erano scemi i tuoi genitori, cavoli tuoi.

Non solo, purtroppo. Osservate le manifestazioni chaviste e quelle antichaviste: vedrete nelle prime volti e coloriti che indicano ascendenze nere, asiatiche, native; nelle altre, a stragrande maggioranza, volti e coloriti europei. Anche se non saranno mai e poi mai disposti ad ammetterlo, quelli come Caracciolo, così come quegli opinionisti che continuano a chiamare Chávez caudillo, cioè “duce”, non riescono a sopportare che il potere in Venezuela (come in Bolivia, come in Ecuador, come in Nicaragua, come in Perù) sia nelle mani di popolazioni “di colore”, non “bianche”, e che al vertice degli stati ci siano facce identiche a quelle della stragrande maggioranza delle popolazioni, spesso sterminate, spesso schiavizzate, una parte dei cui antenati sono stati rapiti in Africa, trattate per secoli come bestie, massacrate tutte le volte che si ribellavano, considerate incapaci (i neri, i nativi) anche intellettualmente di costruire formazioni sociali “civili”. Bastone e carota: ecco i due strumenti obbligati di governo (“bianco”, quanto meno a larga maggioranza) in America latina. E se poi la ricchezza finisce nelle tasche dei “bianchi”, locali o USA (strettamente associati), è per via delle differenze tra i vari dna “razziali” e non ci si può fare niente.

Per quelli come Caracciolo, dunque, la costruzione dell'unità politica latino-americana su basi socialiste, attivata da Chávez, ma con lui e anzi prima di lui dal brasiliano Lula, oggi portata avanti dalla presidente brasiliana Dilma Rousseff e da tanti altri capi di governo, è solo un trucco che cela furibonde battaglie di potere per chi domani sarà il caudillo continentale. Fa parte di questo trucco il tentativo di impedire definitivamente agli Stati Uniti di decidere le sorti dell'America latina, cioè di continuare a rapinarla. Ha appena fatto parte di questo trucco che quasi tutti i capi di governo dell'America latina e del Caribe fossero ai funerali di Chávez: la lotta di potere tra loro comporta  di propiziarsi l'appoggio delle masse continentali, cascate stolidamente nella trappola “populista” invece di prendersi a botte tra i loro individui, onde selezionare anche al loro interno qualcuno tra i loro sfruttatori e i loro governanti – meglio se tecnici, sull'esempio eccellente dell'Europa.

Immagine tratta da www.cipamericas.org

Ultima modifica il Lunedì, 11 Marzo 2013 00:03
Luigi Vinci

Protagonista della sinistra italiana, vivendo attivamente le esperienze della Federazione Giovanile Comunista, del PCI e poi di Avanguardia Operaia, Democrazia Proletaria, Rifondazione Comunista. Eletto deputato in parlamento e nel parlamento europeo, in passato presidente e membro di varie commissioni legate a questioni economiche e di politica internazionale.

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