Dopo otto anni crolla quindi l’esperienza di governo di Piattaforma Civica (Po), il partito liberale che ha traghettato la Polonia verso la modernità europea e il cui leader Donald Tusk è stato non a caso “premiato” con la nomina a Presidente del Consiglio europeo. Due sono i motivi che hanno prodotto questo rivolgimento: l’iniquità dello sviluppo nazionale, che ha premiato le sacche già avvantaggiate a discapito del resto del Paese, e gli “scandali” che, pur minimi, hanno piagato l’immagine di Po in una società incline a ritenere la politica un nido di corruzione. PiS è riuscita a far presa sulla società in due modi: anzitutto proponendo una politica di marcato stampo sociale. I due punti programmatici che tutti ricordano sono il ripristino dell’età pensionabile a 65 anni (alzata a 67 dal governo liberale) e il bonus di 500 złoty per ogni figlio minorenne (escluso il primogenito). Inoltre PiS non è stata ad oggi toccata da scandali, potendo confermare l’immagine giustizialista che il partito cerca di costruirsi fin dal suo stesso nome.
Si confermano nelle urne, oltre a PiS, anche i vincitori del dibattito televisivo di martedì 20: cioè Paweł Kukiz, Janusz Korwin e il partito Razem (“Insieme”) rappresentato da Adrian Zandberg. Il primo è un noto cantante rock (non ha chiuso la campagna elettorale poiché atteso a Londra per un concerto) che ha formato un movimento di ispirazione grillina e sostenuto dagli ambienti del neofascismo e dell’anticomunismo radicale. Il secondo è un eccentrico politico di estrema destra (la sigla del suo partito personale riprende il suo cognome, KORWiN) che combina pensiero reazionario e friedmanismo economico. Razem, infine, vuol essere il Podemos polacco e, accreditato dell’1% dai sondaggi, è riuscito a sfiorare il 4. Soprattutto i primi due hanno avuto un successo formidabile tra i giovani.
Un risultato superiore alle attese infine è stato registrato da Nowoczesna (“Moderna”, riferito alla Polonia), una nuova formazione liberale che ha sottratto numerosi voti a Po tra i professionisti delle grandi città, presentandosi come la variante “pulita” dello sviluppo capitalista.
La Sinistra Unita, che correndo come coalizione fronteggiava uno sbarramento dell’8% (e non del 5% come i singoli partiti), raccoglie il 7,6% e resta fuori dal Parlamento, principalmente a causa del buon successo di Zandberg nel dibattito, che ha rosicchiato circa tre punti. La somma dei voti delle due formazioni di sinistra, 12%, è infatti identica a quella da tempo prevista dai sondaggi – soltanto, divisa in un modo che impedisce ad entrambe le formazioni l’accesso al Sejm, la Camera bassa. (Anche Korwin, fermo al 4,8%, ha mancato per poco la soglia di sbarramento.)
Tuttavia, per quanto forte la svolta a destra possa essere, il futuro potrebbe portare ulteriore instabilità. Tutto il quarto di secolo percorso dalla Polonia dopo il 1989 è stato all’insegna di una discontinuità in cui si sono succedute le egemonie di varie proposte politiche – gli eredi di Solidarność prima, gli ex-comunisti di SLD poi, i liberali di Po da ultimo – senza che alcuna sia riuscita a fondare durevolmente il proprio governo sul Paese.
La disamina del voto giovanile, in realtà, fa capire che anche PiS rischia di costruire, come già Po, sulle sabbie mobili. Tra gli under 30 i due principali partiti ottengono, sommati, il 40% contro il 42% delle formazioni “antisistema” (Kukiz, Korwin e Razem – divisi tra 37% a Kukiz e Korwin e 5 a Razem). Tra gli studenti, in particolare, il vantaggio degli antisistema è ancora più netto e in realtà i suffragi a Razem potrebbero anche non essere considerati: nonostante il partito ottenga la maggior parte dei suoi consensi tra i giovani, l’orientamento di questi sembra essere spiccatamente a destra.
Anche per quanto riguarda la sinistra il grave insuccesso appare figlio di una spaccatura generazionale. La motivazione addotta da Razem per non partecipare alla coalizione unitaria è stata il ruolo egemone degli ex-comunisti, e in particolare di Leszek Miller (che tra l’altro, come Primo ministro, operò all’inizio degli anni 2000 una politica filo-statunitense e liberista). Al di là delle dispute personali, il mancato accordo non sembra dovuto alla reciproca sordità tra sinistra industriale e sinistra post-industriale (le proporzioni del voto tra le due forze sono simili in tutte le categorie lavorative) quanto al discrimine tra prima e dopo il socialismo reale. Tra gli anziani, infatti, le due liste raccolgono il 12% (10 la Sinistra e 2 Razem), mentre tra i giovani si scende al 9 (5 Razem e 4 la Sinistra). Il maggiore interesse dimostrato da Sinistra Unita per la Polonia tradizionale (ad esempio la vicinanza ai minatori della Slesia o la preoccupazione per le conseguenze delle sanzioni alla Russia sull’agricoltura) non sembra aver affatto portato a bonus elettorali tra gli operai e i contadini, che hanno continuato a votare a destra.
Da un lato, quindi, il fardello del comunismo sembra confinare la sinistra alla rappresentanza solo di chi era comunista tra quanti erano adulti prima dell’89: una quota di elettori che necessariamente diminuisce anno dopo anno. Dall’altro lato, la gioventù polacca si orienta su posizioni di contestazione fondate però sul nazionalismo esasperato e sul rifiuto dell’azione politica: non solo Kukiz, che non è un politico di professione, ma anche Korwin che è sì in politica da cinquant’anni (addirittura, come Kaczyński, militava nel partito liberale “frontista” durante il periodo socialista!) ma è anche un dichiarato oppositore della forma democratica di governo.
Sembra perciò che fra i giovani, invece dell’opposizione comunisti/anticomunisti, si manifesti la volontà di essere “più capitalisti dei capitalisti” e di volerlo essere subito. Perciò ad esempio fanno moltissima presa le sparate xenofobe di Korwin contro i rifugiati e contro l’Europa: nonostante si parli di duemila rifugiati su una popolazione di quaranta milioni di persone, le organizzazioni comunitarie e in generale gli stranieri sono identificati come il problema che impedisce alla Polonia a) di crescere del 5% l’anno invece del 2%, b) di avere un salario medio sui livelli di quello tedesco.
L’intenzione di SLD è quella di far proseguire, anche se fuori dal Parlamento, l’esperienza di Sinistra Unita. Il 5 dicembre è previsto il congresso di SLD che dovrebbe congedare l’ingombrante figura di Miller e fare spazio a una giovane generazione. Sotto l’aspetto della leadership si è infatti ripetuto (sebbene non così catastroficamente) il fiasco delle presidenziali di maggio: all’epoca la candidatura di un’indipendente, oggi la leadership assegnata a un’esponente laico-liberale. In entrambi i casi il restyling, affidato a due giovani donne, non ha funzionato in quanto gli elettori le hanno ritenute semplici prestanome per Miller e la sua mai celata nostalgia per la Repubblica popolare.