L’UE sui migranti predica bene, ma razzola malissimo: non solo non è in grado di accoglierli senza fomentare degrado e razzismo, ma punta ad arginare il problema con soluzioni di contenimento sterili per non dire dannose per le popolazioni che le subiscono e per chi le finanzia, suo malgrado. Non contenta si permette pure di biascicare su presunti valori che l’Europa, a differenza degli Stati Uniti di Trump, starebbe riconoscendo. Il punto di partenza di tale accordo è stato un altro accordo, siglato a sua volta proprio dall’Italia neocolonialista con la neocolonia guidata maldestramente da al-Serraj. Certo, si tratta di una cooperazione italo-libica alquanto precaria e incerta, per non dire ridicola, dal momento che la parte libica è frantumata, ma non per questo priva di effetti. Ancora una volta si punta a delocalizzare il problema dell’umanità in eccesso, ricorrendo al finanziamento di centri di accoglienza in Libia tramite fondi UE. Una soluzione che già si è dimostrata parziale e inefficace quando venne promossa dal governo italiano ora viene implementata su scala europea e ammantata di ideali liberali e umanitari.
In questa losca vicenda il vero campione di acume si è dimostrato ancora una volta il Presidente del Consiglio Europeo D. Tusk che ha commentato: “L’Ue ha dimostrato di essere capace di chiudere le rotte di migrazione irregolari, come ha fatto con quella balcanica. Ora è tempo di chiudere la rotta dalla Libia all’Italia”. Peccato che l’efficace chiusura della rotta balcanica derivi da un accordo capestro con Erdogan. Il fantoccio imperialista al-Serraj, memore del pollo europeo spennato dal presidente turco, sulla pelle dei migranti, ha rincarato la dose ricordando come anche in questo caso “l’ammontare destinato dall’Europa è una piccola cifra”.
E in effetti il problema di reintrodurre i migranti nel contesto di origine rivela il vero buco nero creato dal capitalismo parassitario, non arginabile coi 200 milioni strappati a Malta, poiché finanziare la promozione dello sviluppo socio-economico delle comunità locali per creare una effettiva capacità di accoglienza in Libia, come vorrebbe l’accordo siglato dall’Europa a 28, è semplicemente impossibile anche per le finanze dell’Europa federata. Siamo quindi al redde rationem della vicenda libica: dopo averne sfruttato l’esercito industriale di riserva, aver smembrato il paese fino a farne una terra di nessuno per il neoschiavismo globale ora si pretende di ricostruire la colonia libica con risorse finanziarie inesistenti anche per un colosso imperialista. In realtà non si punta ad altro che a promuovere misure volte ad arginare le masse periferiche che premono sempre più ai confini dell’occidente.
In conclusione, occorre rilevare l’ennesima fatale contraddizione di una UE che fa partire alti lai quando Donald Trump firma un decreto per bloccare gli immigrati irregolari dalla stessa Libia (assieme agli altri paesi arabi distrutti dalle aggressioni imperialiste negli ultimi anni Iraq, Iran, Yemen, Siria, Somalia e Siria) e poi vi costruisce campi di concentramento in loco. Infatti, si calcola che l’86% dei rifugiati rimanga comunque in prossimità delle regioni di origine vivendo in condizioni di estrema povertà e degrado. In particolare le responsabilità dell’Italia risultano sempre più grandi. In primo luogo essendo coinvolta in queste operazioni direttamente con una presenza sul territorio libico di un centinaio di militari mandati con il pretesto di un ospedale e in secondo luogo essendo il principale paese ad aver intessuto le fila dei complessi accordi politici per conto dell’UE. Insomma, l’ultimo bastione della democrazia liberale coi suoi valori cade definitivamente a Malta e certamente non per colpa di Donald Trump.