Settimana di ricca di eventi connessi alla politica internazionale. Per quanto concerne l'aggressione congiunta di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna alla Siria il premier Abe, parlando con i giornalisti al termine di una riunione del Consiglio di Sicurezza Nazionale, ha confermato la scorsa domenica che il Giappone “approva la mossa di quei Paesi che non consentono l'uso e la proliferazione di armi chimiche”.
Quindici anni di guerra in Iraq. Il paiolo rotto
1988, Kurdistan Iracheno. Durante le battute finali della guerra con l'Iran, le forze armate di Saddam Hussein scatenano una campagna genocida contro curdi e assiri nel nord del Paese. La cittadina di Halabja viene attaccata con un gas tossico, forse gas mostarda o un gas al cianuro; l'attacco costa la vita a circa cinquemila persone, che si vanno a sommare ai più di centomila (il numero non verrà mai stabilito con precisione) morti dell'intero parossismo genocida. Nonostante l'evidente responsabilità del governo iracheno la CIA statunitense addossa – in una girandola di versioni – la colpa all'Iran.
2002, l'amministrazione Bush inizia l'escalation diplomatica che di lì a pochi mesi porterà all'invasione dell'Iraq.
La popolazione nipponica diminuirà in tutte le aree del Paese, ma a Tokyo ciò accadrà soltanto a partire dal 2045. È quanto emerge da una ricerca dell'Istituto Nazionale di Ricerca su Popolazione e Sicurezza Sociale resa nota la scorsa settimana. Stando alle stime dell'ente la popolazione residente in Giappone nel 2045 sarà pari a 106.420.000 persone (-20 milioni rispetto al 2015) per scendere a 100 milioni nel 2053 ed a 88 milioni nel 2065.
Il quadro mediorientale ha preso da qualche settimana a cambiare tutta la sUa parametratura; al tempo stesso le sue prospettive continuano ad apparire indeterminate. L'evoluzione di tale quadro ha il suo evento decisivo nella vittoria di Aleppo da parte del regime siriano, della Russia, dell’Iran e dei loro alleati minori.
A essa ha corrisposto una serie di fatti politici di grande portata, su iniziativa della Russia. la capacità di iniziativa degli stati Uniti, di converso, dato anche il risultato delle lezioni presidenziali, che già era debolissima e incoerente è precipitata a zero, essi sono stati addirittura esclusi da parte russa, finché sarà presidente Obama, dalla discussione in avvio sulle sorti politiche e istituzionali della Siria.
È molto difficile provare a raccontare qualcosa, quando una grossa fetta della propria testa, del proprio pensiero e di quello che comunemente viene chiamato cuore, è ancora immersa, quasi “impastata” in quella realtà, impregnata ancora da quell’esperienza che si vuole andare a raccontare.
L'Isis ha proclamato la nascita del Califfato un paio di mesi fa e prontamente i curdi hanno organizzato una resistenza degna di questo nome. Solo da una settimana a questa parte, invece, gli effetti di una delle discussioni più surreali che il paese abbia visto ultimamente si fanno sentire in Italia.
Quando ieri mattina sono entrata in edicola ed ho visto il titolo de il manifesto ho subito pensato che commento più azzeccato su quello che sta accadendo in Iraq non potrebbe esserci: Obamarcord.
E la sensazione è quella, anche per chi come me, con la modesta esperienza di chi ha vissuto solo l'ultimo quarto di secolo, di rivivere un qualcosa che in realtà è già accaduto.
Se l'annuncio della proclamazione del califfato di Iraq e Levante da parte dell'ISIS ha puntato i riflettori sulla zona, in pochi paiono essersi accordi che effettivamente c'è una parte del paese che resiste.
Parliamo del Kurdistan iracheno. La zona situata nell'Iraq settentrionale non è stata ancora attaccata seriamente dai militari dell'ISIS (anche se va ricordato che a fine maggio la popolazione curda ha subito il lutto del rapimento di 145 ragazzi tra i 14 e i 16 anni da parte di militari della forza fondamentalista in cerca di “reclute” da addestrare alla jihad) ma niente lascia escludere che i confini verranno rispettati.
L'uomo vestito di nero che vedete nella foto dell'articolo è il militante dell'ISIS a cui è stato dato il compito di acclamare la nascita del nuovo Califfato in Iraq. Bandiera nera al vento, AK 47 in pugno e tanto fiato nei polmoni per gridare a tutta l'Ummah (la comunità islamica) che quelli degli accordi di Sykes Picot, firmati all'indomani della prima guerra mondiale e che sancirono la fine dell'Impero Ottomano e la nascita degli stati del Medio Oriente come li conosciamo noi (più o meno), saranno solo i primi confini che loro, guerriglieri impegnati nella diffusione della parola di Allah, infrangeranno.
Marzo è davvero il mese di Marte, momento privilegiato per iniziare nuove guerre. Era così nei tempi antichi dei Romani, figli di divinità bellicose. E sembra così adesso, nei tempi moderni dei paesi Nato e dintorni, figli di divinità bellicose.
Il Becco è una testata registrata come quotidiano online, iscritto al Registro della Stampa presso il Tribunale di Firenze in data 21/05/2013 (numero di registro 5921).