Il Califfato, comprendente un territorio che comprende la parte settentrionale della Siria e una porzione di Iraq, è stato istituito ieri, lunedì 30 giugno, dai militanti dell'ISIS (Stato Islamico di Iraq e Siria) che da giorni oramai hanno rigettato lo stato iracheno nel caos più totale. L'ISIS, costola della ben più nota Al Qaeda, si distingue per la maggiore intransigenza nei confronti dei musulmani sciiti (considerati alla stregua di veri e propri eretici) e per la veemenza con la quale, almeno in questi primi momenti, ha indicato i prossimi obiettivi: loro sono coloro che “diffonderanno nel mondo la parola di Allah l'altissimo”, “liberando così anche la Palestina”, “poiché non c'è alcuna arma al mondo che può fronteggiare il soldato islamico”. Questo è il motivo per il quale “la legittimità di tutti gli emirati, i gruppi, gli stati e le organizzazioni diventano nulla di fronte all'espansione dell'autorità del califfo e all'arrivo delle sue truppe nell'area”. (per saperne di più consigliamo la lettura di un articolo pubblicato su The guardian)
I pareri degli esperti riguardo all'effettiva veridicità di questa nuova minaccia sono effettivamente discordanti: da una parte chi ritiene che il califfato che vede alla sua guida Abu Bakt al-Baghdadi costituisca una vera minaccia, probabilmente anche per la sfida lanciata all'operato di Al Qaeda, per il già precario equilibrio in Medio Oriente mentre dall'altra alcuni sostengono che il fenomeno del Califfato vada ridimensionato, alla luce soprattutto del massiccio utilizzo dei mezzi di comunicazione di massa che è stato fatto.
Ora, quali delle due opzioni sia quella più fondata o se ce ne siano una terza o una quarta è difficile da stabilire. Quello che possiamo fare è osservare la situazione. E i notiziari e i report che girano in questi giorni parlano di uno stato iracheno caduto nuovamente nel caos, di guerriglieri che crocifiggono quelli che sono ritenuti essere ribelli rivali nella provincia di Aleppo e seviziano membri degli eserciti regolari al confine tra Iraq e Siria.
Che la storia e che la politica non si facciano con i “se” è cosa risaputa. Ma di certo, nel momento che di fronte agli occhi di tutti noi, si presenta una situazione del genere qualche domanda su quelle che sono state le conseguenze in termini di destabilizzazione di decenni di guerre imperialiste nella zona e di supporto ai vari gruppi islamici che si opponevano ai vari governi di turno viene da farsela. È evidente l'occupazione prolungata per anni dello stato iracheno ha lasciato il segno: uno stato fantoccio, nel quale le rivendicazioni etniche si sono cominciate a far sentire sempre più forti e dove non fosse presente una classe politica capace di individuare gli interessi del paese non hanno fatto che preparare il terreno ad una delle peggiori ipotesi possibili.
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