Sabato, 23 Agosto 2014 00:00

Di becera politica estera

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L'Isis ha proclamato la nascita del Califfato un paio di mesi fa e prontamente i curdi hanno organizzato una resistenza degna di questo nome. Solo da una settimana a questa parte, invece, gli effetti di una delle discussioni più surreali che il paese abbia visto ultimamente si fanno sentire in Italia.

Ci siamo ricordati dell'esistenza della lotta dei curdi. Peccato che nessuno pare ricordarsi della battaglia politica che i curdi stanno portando avanti in ben tre paesi del Medio Oriente (Turchia, Iraq e Siria). Ed è così che, in preda al suo becero protagonismo, il presidente del Consiglio Matteo Renzi questa settimana è salito su un aereo ed è andato a farsi un giretto tra Baghdad ed Erbil (perché, dato che parliamo di una visita di poche ore, di giretto si è trattato). È partito senza che nessuno gli avesse richiesto niente, come se andasse a rappresentare una nazione che può fare la differenza nello scacchiere internazionale che si è configurato. Ma soprattutto, dettaglio a mio parere inaccettabile, si è presentato come il migliore amico dei curdi quando tutti dovremmo ricordare il colpo che il nostro paese nel 1998 ha inflitto alla causa.

Già, perché qui parliamo di curdi iracheni che di certo hanno le loro differenze di veduta politica con il PKK turco, ma al momento le due organizzazioni hanno fatto fronte comune contro la minaccia fondamentalista. Ed è veramente ridicolo che Matteo Renzi si sia recato nella capitale del Kurdistan iracheno per mostrare solidarietà quando se il maggior leader curdo, Abdullah Öcalan, è oggi detenuto in una prigione di isolamento in Turchia proprio per colpa nostra. Colpa nostra che nel non poi così lontano 1998 ci siamo rifiutati (con D'Alema al governo) di concedere l'asilo politico al leader del PKK. E l'Italia non si è nemmeno curata di scostarsi dalla campagna di diffamazione costruita attorno al movimento, campagna che assimila i guerriglieri e gli attivisti del PKK a terroristi.

Che gli italiani e le visioni strategiche geopolitiche non abbiano un gran feeling è risaputo. Sappiamo anche che onestà intellettuale ed atteggiamenti imperialisti non costituiscono un bel binomio. Ma in momenti come questi non ci si smette di meravigliare di quanto si possa essere caduti in basso e tornare a rimpiangere i momenti dell'anno in cui di politica internazionale non parla nessuno (tolte le vacanze della Merkel). Invece di provare a fare ragionamenti approfonditi su come siamo potuti giungere ad una situazione così drammatica (cosa che tenta di fare Alberto Negri in questo suo articolo sul Sole 24 Ore) affidiamo la discussione a Mogherini e Di Battista. Anche le argomentazioni storiche del movimento pacifista vengono lasciate in mano esclusivamente a chi pasticcia senza saper fare differenza tra terrorismo e lotta di liberazione.

Possibile che una riflessione sul collegamento tra le politiche imperialiste degli Stati Uniti e delle potenze europee nella zona e lo sviluppo dei regimi fondamentalisti sia lasciato a chi, pur di dare contro al governo, arriva a dire che con l'Isis si deve trattare? Possibile che ancora nessuno abbia ritirato fuori la questione siriana, nonostante sia oramai evidente che l'Isis derivata proprio dai gruppi che a noi piaceva tanto definire “ribelli”? Possibile che non ci si ponga il problema di cosa accadrà alla minoranza curda dopo che questa guerra sarà finita?

Vabbé, l'Italia è il Paese della domande senza risposte. Questo lo sapevamo.

Immagine tratta da: www.middleeastmonitor.com

Ultima modifica il Sabato, 23 Agosto 2014 09:40
Diletta Gasparo

"E ci spezziamo ancora le ossa per amore
un amore disperato per tutta questa farsa
insieme nel paese che sembra una scarpa"

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