Giovedì, 26 Gennaio 2017 00:00

Il dilemma europeo: intervista a Paolo Ciofi

Intervista tratta dal numero cartaceo Sinistra ed Europa: un rapporto complesso (vedi qui)

Il dilemma europeo: intervista a Paolo Ciofi


Nel marzo del 2015 Futura Umanità, l’associazione per la memoria storica del Pci da lei presieduta, ha promosso un importante convegno sulla figura di Enrico Berlinguer. Le relazioni esposte in occasione di tale iniziativa sono state recentemente raccolte in un volume da lei curato in collaborazione con Gennaro Lopez (Berlinguer e l'Europa. I fondamenti di un nuovo socialismo, Editori Riuniti, 2016). A suo avviso, chi oggi ha raccolto, nell'Europarlamento, il pensiero di Berlinguer circa l'Europa?

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L’impero degli Asburgo: il progetto di Carlo V

L’Europa nel 1519 era un continente in trasformazione. Nonostante la storiografia classica abbia indicato come il 1492 la data di passaggio tra Medioevo e età Moderna, per quanto il viaggio di Cristoforo Colombo abbia spostato gli orizzonti geografici, la vera transizione avviene proprio in questi anni. In ambito culturale, con la corrente di pensiero umanista oramai consolidata che ha influenzato la letteratura, l’arte, la filosofia e i principali campi del sapere. Anche i dibattiti religiosi all’interno della Chiesa cattolica e di tutto il mondo cristiano hanno prodotto un terremoto dogmatico e teologico destinato a stravolgere l’intero continente. La dottrina di Martin Lutero nel 1517 con le sue 95 tesi non ha scalfito solo la porta della cattedrale di Wittenberg, ma la spina dorsale della Chiesa cattolica romana con tutte le conseguenze successive alla diffusione della sua dottrina. A sua volta conseguente, come accennato in precedenza, a una profonda riflessione di teologi, studiosi e uomini di chiesa sul significato del cristianesimo e dei dogmi della cattolicità.

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Articolo di Alex Marsaglia tratto dal numero cartaceo Sinistra e Europa: un rapporto complesso, consultabile qui

Costituzione italiana contro trattati europei: Il conflitto inevitabile

Il merito principale identificabile nell'ultimo pamphlet di V. Giacché Costituzione italiana contro trattati europei: Il conflitto inevitabile (Imprimatur edizioni, 2015) sta nel rigore con cui viene affrontata la comparazione dei Trattati europei e della struttura politica, giuridica, amministrativa dell'Unione Europea con la nostra Costituzione repubblicana, ridotta sempre più a santino del democraticismo che ne sbandiera la forma svuotandone la sostanza.

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Articolo di Matteo Bortolon tratto dal numero cartaceo consultabile qui

L'ultima truffa che non sembra essere niente di più che una cessione di sovranità nazionale alle società multinazionali

La sferzante definizione della parlamentare statunitense Elisabeth Warren nel suo editoriale del Washington Post1 è adeguata non solo all'oggetto dell'articolo, il Partenariato Trans-Pacifico (TPP) ma a tutti gli accordi simili. Non ha riscosso particolare attenzione nei media la firma il 30 ottobre scorso del CETA, un accordo che lega l'Unione europea al Canada. È solo l'ultimo esempio di come simili trattati vengono negoziati al riparo dagli indiscreti sguardi dei cittadini. Come sicari che strisciano nell'ombra senza rivelarsi nel momento in cui la vittima deve subire il colpo, si potremme dire. Ma cos'è successo esattamente ad ottobre?

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Dopo un travaglio durato quasi sei mesi l'Austria ha un nuovo presidente, l'indipendente “verde” Van der Bellen. Ultrasettantenne, professore universitario di economia, rifugiato e “figlio di rifugiati”, come ha rivendicato durante la campagna elettorale – discende infatti da esponenti della media nobiltà dell'Impero russo, trasferitisi in Estonia e poi fuggiti in Austria dopo l'invasione sovietica del Paese baltico – Van der Bellen, il vincitore del ballottaggio dello scorso 4 dicembre, di per sé è quanto di più lontano dal profilo dei candidati populisti alla ribalta in tutta Europa, compreso il suo avversario di estrema destra Hofer.

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Perché Trump.

Anche negli Stati Uniti, non solo in Europa, si allarga la reazione di popolo guidata da destra contro la mondializzazione economica neoliberista

Antefatti

La scossa tellurica in atto non è solo statunitense ma mondiale. I suoi effetti risulteranno enormi e altamente contraddittori. Nel mirino delle popolazioni occidentali sono sempre più le politiche di libero scambio, di storica matrice liberale, che hanno portato al dominio incontrollato (una sostanziale dittatura) del mercato sulle economie e al dominio incontrollato e rapace della grande finanza speculativa e di un pugno di multinazionali sul mercato, unificando organicamente in un unico processo mondiale neoliberista l’accumulazione capitalistica.

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Giovedì, 01 Dicembre 2016 00:00

Crisi di stato come crisi di egemonia

Viviamo all’interno di un gigantesco vuoto di potere in Occidente ed è sempre più difficile girarci attorno, anzi direi che è divenuto ormai impossibile. In Europa si è passati per il declino del socialismo reale e delle socialdemocrazie, mentre negli Stati Uniti si assiste chiaramente all’estremizzazione dello spettro politico.

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La Germania, come potenza imperialista egemone in Europa, unisce alla vocazione al mercantilismo una spiccata propensione al colonialismo come principale metodo per assicurarsi ulteriori materie prime da espropriare e mercati di sbocco per le proprie merci. Così, dopo Renzi e Hollande, anche la cancelliera Merkel non si è astenuta dal tour africano. Il suo tour di tre giorni si è svolto tra il Mali, il Niger e l’Etiopia. Stati scelti non a caso anche da Renzi e che vedono sul proprio territorio una forte presenza militare straniera in continuo incremento. Le ragioni di questa militarizzazione dell’Africa stanno proprio nel crescente dominio da parte dell’imperialismo su quella che resta una periferia scomoda, da sottomettere e difficile da gestire per la propensione crescente all’emigrazione in Europa dei propri abitanti. Infatti, L’UE come principale politica di contenimento dei flussi migratori sta puntando proprio sul ritorno del colonialismo come metodo per “aiutarli a casa loro”, come dice la destra e tenta di fare la sinistra di governo.

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Mercoledì, 12 Ottobre 2016 00:00

Bavagli post-democratici

Bavagli post-democratici
Da Orbán a Renzi, la democrazia in pericolo


Il vento che imperversa sull’Europa da tre/quattro anni non è assolutamente paragonabile ad una bonaccia tardo-primaverile, annunciante l’arrivo dell’estate. Le perturbazioni sono minacciose e tuonano di derive autoritarie e democrazie a rischio. Il passaggio dallo stato di diritto allo stato autoritario sembra (quasi) del tutto completato; e tra imposizioni della Troika (vedi Grecia), stati d’emergenza volti a reprimere (il caso della Francia del post 14 Novembre) e nuovi muri, sembra quasi di essere ripiombati alla prima metà del secolo scorso.

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La Brexit e la crisi della narrazione politica della sinistra

L'egemonia che la destra ha avuto sul dibattito attorno alla Brexit obbliga ancora una volta a chiedersi quale possa essere il ruolo storico della sinistra nel Vecchio Continente. Le difficoltà elettorali e identitarie del Labour Britannico non bastano infatti a spiegare la quasi totale estraneità di una narrazione di sinistra rispetto ai pro e i contro di rimanere in Europa. Se forse è esagerato affermare che il referendum sia stato semplicemente il prodotto di una bega interna al partito conservatore, appare evidente come le destre abbiano completamente monopolizzato la discussione politica riducendola a due posizioni alternative chiare e semplici(stiche): da una parte chi, come Cameron, vuole una Gran Bretagna in Europa per i vantaggi che ne derivano dalla libertà di movimento di merci e capitali e dall'integrazione dei mercati finanziari, e dall'altra chi, come Boris Johnson e Farage, rivendica un Regno Unito indipendente da scelte eterodirette e in grado di esercitare in pieno la propria sovranità.

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