La base economica, a cominciare dalla scelta di impostare il valore della moneta unica sulla moneta europea più forte ovvero il marco tedesco, e le conseguenze della crisi economica che ancora stiamo attraversando hanno finito per favorire definitivamente la Germania, che adesso praticamente detta legge in seno all'Unione. Il persistere del sistema economico dei debiti statali, il ruolo minore della Commissione Europea rispetto al consiglio degli stati membri e il predominio del Fondo Monetario Internazionale sulla Banca Centrale Europa sono segnali di come ancora a prevalere siano gli interessi dei singoli stati sull'interesse europeo comunitario. E ovviamente in un contesto simile tra gli interessi dei vari stati membri non può che prevalere alla fine l'interesse dello stato politicamente e economicamente più forte, attualmente ruolo detenuto dalla Germania. La politica dell'austerità economica frutto del pensiero liberista, rullo compressore del welfare europeo che stanno tentando di smantellare, di tutti i diritti dei lavoratori e non solo, è ripresa dal modello che si è imposto in questo ultimo decennio in Germania.
La "grande coalizione" tra i cristiani-democratici della cancelliera Angela Merkel e i socialdemocratici tedeschi dell'SPD si è riproposta anche in Europa, con l'alleanza tra il Partito Popolare Europeo e il Partito Socialista Europeo. Proprio quest'ultimo partito è quello che in questi anni avrebbe dovuto rappresentare quella spinta al cambiamento in seno alle istituzioni europee che invece è mancata, insieme alla volontà di cambiare definitivamente le regole economiche dell'Unione. Il suo ruolo nella recente crisi greca invece è stato irrilevante se non avvilente, confermato dalle parole di Martin Schulz, presidente del parlamento europeo e candidato del Partito Socialista Europeo alle ultime elezioni continentali: “I Greci come Varoufakis mi danno sui nervi!” è sbottato ormai un mese fa, abbandonando l’imparzialità e l’aplomb che gli imporrebbe il ruolo istituzionale da lui ricoperto. Il PSE, che “governa” la Commissione Europea assieme al Partito Popolare non ha, chiaramente, più alcun programma alternativo all’austerità e al neoliberismo da proporre agli elettori continentali. Confrontato al dramma del debito ellenico, ma anche alla riduzione sempre più violenta dello stato sociale, alla disastrosa politica estera occidentale in Ucraina e nel Medio Oriente e all’immigrazione, non prova nemmeno più a distinguersi, a elaborare e difendere una posizione differente e insegue un improbabile consenso tra i moderati che preferiscono giustamente affidarsi all’originale piuttosto che a una copia tanto sbiadita.
Prima vi è stato il fallimento di Hollande, che dopo una campagna elettorale prima della vittoria alle presidenziali francesi in cui ribadiva un cambiamento da portare avanti all'Unione Europea, non è stato capace di superare lo choc della mancata vittoria del Partito Democratico dell'allora segretario Pierluigi Bersani e non ha saputo quindi impostare una strategia vincente per ostacolare la politica tedesca, riducendosi a proteggere i soli interessi francesi come dimostra la disperata convocazione di Angela Merkel all'Eliseo immediatamente successiva al voto in Grecia sul referendum per accettare o meno le condizioni della BCE per rimanere nell'unione monetaria. L'altro grande fallimento del Partito Socialista Europeo è stato Matteo Renzi. Non ha saputo sfruttare degnamente il semestre europeo italiano, si è accontentato di ricevere un ruolo di facciata per Federica Mogherini come responsabile della politica estera dell'Unione (non esiste una politica estera comune, quindi conta come il due di picche) e pur sbandierando il 40 % conquistato dal Partito Democratico alle ultime elezioni europee non è riuscito a ottenere un ruolo di predominio nel PSE, senza avere il coraggio di costruire una politica europea alternativa a quella dell'austerity e senza portare avanti le vere riforme politiche necessarie all'Unione per cambiare marcia.
Questo perchè come succede in Italia oramai da troppo tempo, le tematiche delle elezioni europee sono state nazionali e non si è parlato veramente di Europa, portando avanti solamente i soliti slogan patriottici contro la Germania privi di qualsiasi contenuto. Questi due grandi fallimenti hanno praticamente reso sottile il confine politico e ideologico che divide i popolari dai socialisti nel parlamento di Stasburgo, riuniti in un'unica grande coalizione che sta affossando il sogno di una Unione Europa unita e funzionante. I socialisti, spinti dall'SPD, non hanno voluto dialogare con quelle forze politiche bollate come euroscettiche di sinistra quali Syriza o Podemos su tutte, per proteggere questa politica conservatrice d'interesse costruita in questi anni, quando queste forze di sinistra proponevano semplicemente quelle misure necessarie per costruire finalmente una base politica seria e funzionante a questa unione. E come aveva predetto a suo tempo Spinelli nel suo Manifesto di Ventotene, il riaffacciarsi nella politica europea di propaganda di tipo patriottica e il mantenimento degli interessi nazionali su quelli europei ha portato alla ribalta movimenti populisti e nazionalisti, per non dire di stampo chiaramente autoritario, come il Fronte Nazionale di Marine Le Pen, l'UKIP di Farage, la Lega di Salvini e la dimenticata Alba Dorata che stanno approfittando dei problemi irrisolti dell'Unione per mobilitare le masse.
Per ostacolare questo processo, occorre che le forze di sinistra come Podemos di Iglesias in Spagna, la zoppiccante e mutilata Syriza se sopravviverà alla punizione ricevuta e altre formazioni politiche di sinistra europee si coalizzino e solidarizzino tra loro in maniera ancora più forte, per costruire una seria e chiara alternativa a sinistra contro questo Partito Socialista che oramai non rappresenta più i diritti dei lavoratori e i diritti civili degli europei. Il primo appuntamento per questo processo sono le elezioni in Spagna, dove una vittoria a Podemos potrebbe rappresentare un altro forte segnale per la politica europea. È necessario trovare anche in paesi come la Francia e l'Italia, dove il partito socialista francese nella prima sta per prendere una batosta elettorale alle prossime presidenziali e dove il Partito Democratico si sta spostando sempre più lontano dagli ideali che dovrebbe rappresentare, alternative serie e reali per influenzare anche l'area di sinistra europea. Per raccogliere quei progetti politici e quegli ideali che i socialisti europei hanno trasformato in mera propaganda elettorale e provarla a costruirla davvero questa Europa.